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Per far questo si parte da un dato empirico (ad esempio per il totalitarismo si è partiti dall’esperienza nazista o al limite
comunista), si costruisce un concetto ideal tipico enfatizzando alcuni aspetti costruendo un tipo ideale e rispetto a questo si
va a vedere nella realtà se e in che misura gli aspetti della realtà si adeguino al concetto ideal tipico. Quindi è uno strumento
per fare confronti. È uno strumento di ricerca con cui studiamo un quadro ideale.
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Dopo aver definito il rapporto tra concetto e indicatore, si chiarisca in quale modo è
possibile determinarne la qualità.
Partiamo da un presupposto: i concetti non possono essere direttamente osservati, ragion per cui è necessario costruire dai
dati grezzi, gli indicatori, che consentono, di realizzare un quadro in grado di fornire informazioni degli ambiti analizzati.
Gli indicatori costituiscono un supporto operativo per stimare, valutare e rappresentare la dimensione di un concetto,
identificare le cause e quantificare gli effetti. Possiamo notare che molti concetti sono così generali che il ricercatore non
trova spunti sufficienti per fissare una definizione operativa, ossia il complesso di regole che guidano un’operazione che
permette di cogliere la proprietà che si intende studiare. Per questa ragione, attraverso la costruzione degli indicatori si
scende a livelli di astrazione i cui attributi suggeriscono una serie di operazioni da svolgere.
→ Concetti e indicatori non sono né veri né falsi.
L’importante è che il percorso di scelta sia ripercorribile e sottoponibile al giudizio della comunità scientifica. Il criterio di
valutazione è dato dall’utilità di comprendere le situazioni e i comportamenti che si studiano. Di fatto, man mano che si
sviluppano, le scienze tendono a raggiungere un certo grado di accordo sulle definizioni operative dei concetti che usano più
frequentemente. Nel qual caso si dicono convenzionali, nel duplice significato del termine come frutto di un accordo
intersoggettivo, ma non per questo oggettivamente veri.
Possiamo elencare diversi fattori in grado di indicare la qualità degli indicatori:
▪ attendibilità,
▪ validità,
▪ coerenza,
▪ portata sistemica.
Vediamole nel dettaglio.
La validità è la capacità di un indicatore di rappresentare empiricamente un concetto; una misura è valida se misura ciò che si
intende misurare. La validità è una proprietà del rapporto fra un concetto generale e il suo indicatore, perché il termine
ultimo del rapporto semantico con il concetto generale sono i dati che vengono registrati grazie alla definizione operativa.
La validità dell’indicatore è una proprietà del rapporto tra concetto e indicatore stesso, mentre l’attendibilità degli indicatori
sono gli esiti effettivi dell’operazione, è tanto più alta l’attendibilità, quanto più fedelmente si riescono a registrare gli stati
effettivi degli oggetti che si studiano.
L’attendibilità o affidabilità (reliability), una proprietà del rapporto fra il concetto che ha suggerito la definizione operativa e
gli esiti effettivi delle operazioni che tale definizione prevede.
Il più noto criterio per misurare l’attendibilità di un indicatore è il test re-test che consiste nel somministrare due volte lo
stesso stimolo misurando la correlazione fra le risposte date nelle due occasioni; per scegliere gli indicatori più validi di altri è
opportuno ricorrere alla formazione degli indici.
Tecnicamente, basterà creare una tabella a doppia entrata in cui le righe sono le categorie di un indicatore e le colonne
quelle dell’altro, si può così stabilire se aggregando certe combinazioni (cioè sommando le frequenze delle corrispondenti
celle) si costituiscono delle categorie che includono una percentuale valida. Il criterio base che ci guida nello stabilire gli indici
è l’omogeneità fra gli stati inclusi nella stessa categoria.
La coerenza è una consequenzialità logica, come attributo di un’argomentazione valutata expost. È anche una congruenza
logico-operazionale, come principio regolativo in itinere delle procedure di ricerca nelle loro fasi affinché i passi operativi
adottati seguano costantemente gli sviluppi strumentali necessari dei passi operativi precedenti, ad essi quindi vincolati e non
contradditori.
La portata sistemica consiste nel legittimare uno strumento o una sua parte in relazione alla teoria. Lo strumento è
legittimato perché porta a risultati che irrobustiscono l’apparato teorico concettuale in cui sia lo strumento sia i risultati si
inseriscono. 11
Dopo aver definito cosa si intende per scaling, si illustrino i diversi gradi di autonomia
semantica delle categorie di risposta da parte dei soggetti.
La tecnica delle scale (scaling) è un insieme di procedure per la misurazione di concetti complessi e non direttamente
osservabili, come atteggiamenti, opinioni, motivazioni, valori, mediante la rilevazione dei concetti specifici (indicatori): le
opinioni dell'intervistati rispetto ad un oggetto specifico.
I concetti specifici (indicatori) sono rilevati mediante una serie di frasi-stimolo, chiamati items, e ogni singolo item rileva
l’opinione degli intervistati rispetto all’oggetto di indagine (ex: musulmani, fatti di cronaca, ruoli di genere...).
Ad ogni item è associata una scala su cui l’intervistato è chiamato a dare una valutazione, dichiarando il grado di accordo
disaccordo con l’affermazione-item. Gli items sono raggruppati, come insieme coerente di elementi, in quelle che noi
chiamiamo batterie di domande. Per ogni intervistato, una batteria genera un punteggio che è determinato dal ricercatore in
base alle risposte date dal rispondente su ogni item. La batteria di domande consiste appunto in una serie di domande
(formulate allo stesso modo stessa domanda e stesse alternative di risposta, varia solo l’oggetto di riferimento) e presentate
in un unico blocco. I vantaggi di questa struttura sono il risparmio di spazio e di tempo, il facilitare la comprensione del
meccanismo di risposta e quindi il migliorare la validità delle singole risposte, il permettere la costruzione di indici. Gli
svantaggi di questa costruzione sono che non si avranno così delle vere opinioni ma solo delle pseudo-opinioni e che si rischia
di ottenere solo response set, ovvero la stessa risposta a prescindere dalla domanda
Il punteggio totalizzato da un soggetto, rappresenta lo stato sulla proprietà che si intende rilevare (es: razzismo, omofobia,
tradizionalismo, autoritarismo...).
Gli atteggiamenti sono considerati come proprietà continue e misurabili, sebbene in realtà non esista una unità di misura. Per
ovviare a questo problema sono state ideate differenti tecniche di scaling, le quali producono dati a cui possono essere
associate (non sempre legittimamente) le proprietà cardinali dei numeri.
Lo scaling è una delle tecniche (assieme a classificazione, misurazione e conteggio) attraverso cui la definizione operativa
attribuisce valori agli stati dei soggetti su determinate proprietà che percepiamo come continue (Marradi, 1993). Nella
definizione degli indicatori si tiene conto di due aspetti:
dell’estensione semantica dei concetti, che è mutevole e dipende dai contesti, cioè è localmente situata, e questo
• pone il problema della validità, cioè della capacità di un indicatore di coprire parti dell’estensione semantica del
relativo concetto generale;
dell’autonomia semantica delle categorie di risposta → grado in cui il termine o espressione che etichetta una
• modalità assume significato senza dover ricorrere alle etichette delle altre modalità o dell’intera variabile.
L'autonomia semantica è uno degli aspetti fondamentali per la costruzione delle nostre variabili graduate, è una proprietà di
una categoria e consiste nella maggiore o minore possibilità di interpretarla senza far ricorso al significato dell'etichetta della
variabile o delle altre categorie della variabile.
Le scale si possono ordinare per grado decrescente di autonomia semantica delle categorie di risposta, che va a rispecchiare
un grado decrescente di variabilità prevedibile nell’interpretazione delle modalità di risposta da parte dei soggetti intervistati,
quindi del loro intervento nella determinazione dei punteggi finali.
Il modo in cui noi costruiamo le modalità di risposta, ci porterà a diverse possibilità rispetto alla possibilità di determinare un
punteggio rispetto all'atteggiamento. Quindi abbiamo:
domande con risposte semanticamente autonome → ogni risposta ha un suo significato compiuto e autonomo, non è
necessario conoscere il significato di tutte le alternative, e vengono generate variabili categoriali ordinate; è garantito
solo l’ordine delle modalità, non è nota la distanza tra loro l’intervistato sceglie una categoria per il suo contenuto,
indipendentemente dalla posizione nei confronti delle altra
domande con risposte con parziale autonomia semantica → il significato di ogni categoria è solo parzialmente
autonomo dalle altre, non si può affermare che le diverse modalità di risposta sono fra loro equidistanti, e vengono
generate variabili categoriali ordinate;
domande senza autonomia semantica (autoancoranti) → l’unità di misura della scala è soggettiva, le risposte sono
costruite entro un continuum di posizioni ancorate a un valore minimo e a un valore massimo, e all’interno di questo
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continuum, l’intervistato colloca la sua posizione; si presuppone che lo spazio tra una posizione e l’altra sia percepita
a intervalli uguali, e vengono generate variabili quasi cardinali.
Si illustri cosa intende Bauman con feticismo della soggettività nel suo libro Consumo
dunque sono.
Partiamo da una premessa, ricordando che Marx, tenace oppositore del capitalismo, sostiene che l’economia capitalista tolga
l’anima ai lavoratori-produttori di beni, riducendoli a semplici merci, delle quali i rapporti umani sono schiavi. Questo perché
la forza-lavoro viene comprata e venduta come se fosse un semplice oggetto, in un mondo dove sempre più il prodotto
domina l’uomo.
Il produttore viene quindi classificato come una merce disponibile sul mercato, alla quale i capitalisti possono attingere in
qualsiasi momento. In questo contesto ci si dimentica, però, che le merci sono solo il frutto del lavoro umano e ne sono,
quindi, da esso indipendenti.
Feticismo, in questo caso, sta a significare una circostanza dalla quale l’uomo, facente parte della società dei produttori, non