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QUALI SONO I COMPONENTI PRINCIPALI DI UN GAS CROMATOGRAFO E QUALI

SONO I SUOI RIVELATORI PIÙ COMUNI?

Un gas cromatografo è uno strumento analitico che separa i componenti di una miscela in

base alle loro interazioni con una fase stazionaria contenuta in una colonna, facendo uso di

una fase mobile (gas carrier) che li trasporta lungo il percorso. Ecco una panoramica dei suoi

componenti principali e dei rivelatori più comuni:

COMPONENTI PRINCIPALI DEL GAS CROMATOGRAFO

1. Sistema di Iniezione

• Funzione: È il punto in cui il campione (spesso in forma liquida) viene introdotto

nello strumento.

• Dettagli:

• Può operare in modalità split (dove solo una frazione del campione viene

introdotta) o splitless (per analiti presenti in tracce).

2. Colonna Cromatografica

• Funzione: È il cuore della separazione.

• Tipologie:

• Colonna capillare: Realizzata in capillari sottili rivestiti internamente con

la fase stazionaria, offre elevate efficienze e risoluzione.

• Colonna impaccata: Tradizionalmente riempita con un materiale solido

rivestito di fasi liquide, meno usata oggi in favore delle colonne capillari.

3. Forno Cromatografico (Oven)

• Funzione: Riscalda la colonna a temperature controllate, garantendo che la

volatilità degli analiti e la loro interazione con la fase stazionaria producano

separazioni efficaci.

• Dettagli:

• Spesso programmabile per seguire un “gradiente termico” che ottimizza

l’eluizione dei diversi componenti.

4. Sistema del Gas Carrier

• Funzione: Fornisce il flusso continuo di un gas inerte (tipicamente elio, idrogeno

o azoto) che trasporta il campione lungo la colonna.

• Dettagli:

• Il controllo del flusso è cruciale per mantenere la riproducibilità e la

risoluzione delle separazioni.

5. Rivelatore

• Funzione: Rileva i composti separati che escono dalla colonna e li trasforma in

un segnale elettrico.

• Dettagli:

• Il segnale viene elaborato e visualizzato come un gascromatogramma,

in cui l’asse orizzontale rappresenta il tempo (o il volume d’eluzione) e

quello verticale l’intensità del segnale.

6. Sistemi di Acquisizione e Elaborazione Dati

• Funzione: Un computer o sistema dedicato acquisisce il segnale dal rivelatore,

lo elabora e consente l’interpretazione dei dati ottenuti (identificazione e

quantificazione degli analiti).

RIVELATORI PIÙ COMUNI IN GAS CROMATOGRAFIA

1. Flame Ionization Detector (FID)

• Principio: I composti organici vengono bruciati in una fiamma (tipicamente a

idrogeno-aria), generando ioni che producono corrente elettrica.

• Vantaggi:

• Elevata sensibilità per composti organici.

• Buona linearità e ampia gamma dinamica.

• Applicazioni tipiche: Analisi di sostanze organiche nei campioni ambientali,

alimentari, e industriali.

2. Thermal Conductivity Detector (TCD)

• Principio: Misura la variazione della conducibilità termica del gas carrier in

presenza degli analiti, rispetto a un gas di riferimento.

• Vantaggi:

• Può rilevare praticamente qualsiasi sostanza, inclusi gas inerti e

composti non combustibili.

• Utilizzato per determinare la composizione di miscele gassose.

• Limitazioni:

• In genere meno sensibile rispetto al FID.

3. Electron Capture Detector (ECD)

• Principio: Rileva analiti capaci di catturare elettroni (come molti composti

alogenati), misurando la diminuzione di elettroni disponibili nel flusso dopo

l’interazione con gli analiti.

• Vantaggi:

• Estremamente sensibile ai composti contenenti atomi come cloro,

bromo e fluoro.

• Applicazioni tipiche: Analisi ambientali di pesticidi, composti organici

persistenti e altri inquinanti.

4. Altri Rivelatori

• Rivelatore a Fotoionizzazione (PID): Usa una sorgente UV per ionizzare gli

analiti; molto utile per monitorare composti organici volatili.

• Gas Cromatografia accoppiata alla Spettrometria di Massa (GC-MS):

Combina la separazione cromatografica con la capacità massica di

identificazione strutturale, offrendo informazioni qualitative e quantitative

approfondite.

QUALI SONO I COMPONENTI PRINCIPALI DI UN SISTEMA IN CROMATOGRAFIA

LIQUIDA E QUALI SONO I SUOI RIVELATORI PIÙ COMUNI?

Un sistema di Cromatografia Liquida, in particolare in modalità HPLC (High Performance

Liquid Chromatography), è composto da vari elementi che collaborano per ottenere la

separazione, l’identificazione e la quantificazione dei componenti presenti in un campione. Di

seguito è riportata una descrizione dei componenti principali e dei rivelatori più comuni.

COMPONENTI PRINCIPALI DI UN HPLC

1. Serbatoi dei Solventi

• Funzione: Contengono la fase mobile (solvente o miscela di solventi)

necessaria per trasportare il campione.

• Dettagli: Spesso integrano dispositivi di degassificazione per eliminare i gas

disciolti, il che è fondamentale per evitare la formazione di bolle che potrebbero

alterare il flusso e la riproducibilità dell’analisi.

2. Pompa

• Funzione: Fornisce un flusso costante e controllato della fase mobile, agendo a

pressioni elevate (tipicamente fino a qualche migliaio di psi nel caso

dell’HPLC).

• Dettagli: La precisione della pompa è essenziale per ottenere tempi di eluizione

ripetibili e una separazione efficiente dei componenti.

3. Iniettore (Autosampler)

• Funzione: Introduce una quantità fissata del campione nel flusso della fase

mobile.

• Dettagli: L’iniezione può essere manuale o automatizzata e garantisce la

precisione e la riproducibilità necessaria, soprattutto nelle analisi ad alta attività

di campioni.

4. Colonna Cromatografica

• Funzione: È il “cuore” del sistema, dove avviene la separazione dei composti.

• Dettagli: La colonna contiene la fase stazionaria, scelta in base alla natura degli

analiti e alla tipologia di separazione richiesta. Le colonne possono essere

capillari, con dimensioni ridotte per aumentare l’efficienza, o impaccate con

particelle di diametro variabile.

5. Termostato (Camera della Colonna)

• Funzione: Mantiene una temperatura costante all’interno della colonna.

• Dettagli: Una temperatura stabile riduce le variazioni di viscosità della fase

mobile e assicura che i tempi di retentività rimangano invariati da un’analisi

all’altra, migliorando la riproducibilità.

6. Sistema di Rivelazione

• Funzione: Rileva e converte la separazione in un segnale elettrico che viene

registrato come cromatogramma.

• Dettagli: Il segnale varia in base all’intensità del componente in uscita dalla

colonna e viene elaborato per la successiva analisi quantitativa e qualitativa.

7. Sistema di Acquisizione e Elaborazione Dati

• Funzione: Un software e hardware dedicato raccolgono ed elaborano il segnale

dal rivelatore, producendo cromatogrammi e fornendo informazioni sui picchi

(tempo di eluizione, area, ecc.).

RIVELATORI PIÙ COMUNI IN HPLC

Il tipo di rivelatore scelto dipende dalla natura degli analiti e dalle informazioni richieste. Tra i

più usati troviamo:

1. Rivelatore UV/Vis

• Caratteristiche:

• Molti composti hanno gruppi cromofori che assorbono la luce nell’UV o

nel visibile, rendendo questo rivelatore estremamente comune in HPLC.

• Spesso disponibile anche in forma di Diode Array Detector (DAD), che

consente di acquisire spettri completi e monitorare più lunghezze d’onda

contemporaneamente.

2. Rivelatore a Indice di Rifrazione (RID)

• Caratteristiche:

• È utilizzato per analiti che non possiedono gruppi cromofori e, per questo,

non mostrano assorbanza UV.

• Sebbene la sensibilità sia generalmente inferiore rispetto a quella dei

rivelatori UV, è utile per analisi di routine, come il controllo qualitativo in

processi industriali o alimentari.

3. Rivelatore a Fluorescenza

• Caratteristiche:

• Offre elevata sensibilità per analiti che possiedono proprietà intrinseche

di fluorescenza o che possono essere opportunamente etichettati con

derivati fluorescenti.

4. Rivelatore ELSD (Evaporative Light Scattering Detector)

• Caratteristiche:

• Utilizzato per analiti privi di attività UV o di gruppi fluorescenti.

• Funziona evaporando la fase mobile e analizzando la luce dispersa dalle

particelle residue, risultando particolarmente utile in ambito alimentare

e nei prodotti farmaceutici.

5. Cromatografia Liquida accoppiata alla Spettrometria di Massa (LC-MS)

• Caratteristiche:

• Quando il sistema HPLC è accoppiato a uno spettrometro di massa, il

rivelatore offre informazioni sia quantitative che strutturali, rendendo

possibile l’identificazione accurata degli analiti in campioni complessi.

COSA SI INTENDE PER “RISOLUZIONE CROMATOGRAFICA”?

La risoluzione cromatografica indica la capacità di un sistema cromatografico di separare

efficacemente due composti che si eluiscono in successione (cioè due picchi adiacenti) nel

cromatogramma. In altre parole, una buona risoluzione significa che i picchi dei due analiti

risultano ben distinti, con minima sovrapposizione, permettendo così sia l’identificazione che

la quantificazione accurata delle sostanze in un campione.

Aspetti Concettuali

Separazione dei Picchi: La risoluzione misura quanto i picchi sono distanziati l’uno

• dall’altro rispetto alle loro larghezze. Se i picchi sono troppo larghi o troppo vicini, si

sovrappongono, rendendo difficile distinguere i due analiti.

Importanza Analitica: Una risoluzione adeguata è fondamentale per ottenere dati

• affidabili. In analisi quantitative, per esempio, una buona separazione (tipicamente un

valore di risoluzione Rs ≥ 1.5) consente di minimizzare errori dovuti a interferenze fra

analiti.

Definizione Matematica

Una formula comunemente usata per esprimere la risoluzione cromatografica tra due picchi

è: −

2 1

= +

1 2

Dove: e sono i tempi di ritenzione dei due analiti, con ;

• <

1 2 1 2

e sono le larghezze dei picchi alla base (baseline) dei due analiti.

1 2

In altre parole, la differenza tra i tempi di eluizione viene confrontata con la media delle

larghezze dei picchi. Se la differenza di tempo è ampiamente superiore alla larghezza dei

picchi, i due componenti sono ben separati.

Altra Formulazione (Fattori di Prestazione della Colonna)

Un’altra espressione utile

Dettagli
A.A. 2024-2025
22 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/01 Chimica analitica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rachele.monnetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodi strumentali in chimica analitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Botrè Francesco.