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La comunicazione verbale può essere intesa come un processo di
trasmissione di complessi concettuali di significato tra soggetti dialoganti,
secondo un codice condiviso di linguaggio, la cui storia è interconnessa
con il complesso socioculturale relativo ai soggetti stessi. Nelle diverse
culture i messaggi verbali della comunicazione faccia-a-faccia sono
accompagnati da codici non verbali e paraverbali che forniscono uno
sfondo analogico per le parole. Il non verbale e il paraverbale (gestualità,
tono, volume e velocità della lingua) sono molto legati alle esperienze
pregresse e alla cultura di provenienza dei soggetti e possono prestarsi a
interpretazioni errate. Anche l’aspetto esteriore è inteso come una forma
di comunicazione non verbale. Mentre nel linguaggio verbale le differenze
sono palesi (non si conosce la lingua straniera o si è consapevoli di
conoscerla solo parzialmente), si presume che i linguaggi non verbale e
paraverbale siano universali. Tutte le volte in cui due persone si
incontrano si produce uno stato emotivo, laddove il singolo soggetto
rimette in scena continuamente le proprie modalità corporee nei contesti
relazionali che si trova ad abitare e le adatta, fondendole con quelle
dell’altro. I membri di un dato gruppo linguistico-culturale condividono
molte aspettative riguardanti le tipologie di rapporti. Ciò li induce a dare
per scontati aspetti quali il linguaggio del corpo, tonalità della voce, uso
della terminologia. La comunicazione verbale e non verbale sono quindi
due aspetti complementari e interdipendenti della comunicazione umana,
che richiedono una buona capacità di osservazione, interpretazione e
adattamento da parte dei comunicatori.
Quale è il concetto di competenza in pedagogia e come si applica al
contesto interculturale?
Il concetto di competenza in pedagogia si riferisce alla capacità di
padroneggiare situazioni complesse in ambito educativo, applicando le
proprie conoscenze, abilità e risorse personali in modo adeguato ai
contesti reali. La riflessione sulla comunicazione interculturale ha portato
ad identificare alcuni focus chiave:
-Pensiero e linguaggio: la struttura e il vocabolario di una lingua
influiscono in modo rilevante sulla modalità di pensiero e di percezione
della realtà.
-Linguaggio non verbale: la postura, la distanza dall’interlocutore sono
marcatamente culturali e possono essere interpretate erroneamente.
-Segnali e simboli: i simboli sociali possono non essere compresi se non
rapportati alla cultura di appartenenza.
-Modalità di espressione: l’utilizzo di segni verbali e non verbali dipende
da «regole comunicative» condivise in una cultura.
Fantini considera tali competenze come un complesso di abilità atte a
gestire l’interazione con persone culturalmente e linguisticamente
diverse. Egli individua tre aree o domini:
- l’abilità di stabilire e di mantenere le relazioni; l’abilità di comunicare con
una perdita o una distorsione minime; la capacità di collaborare al fine di
realizzare obiettivi di interesse comune;
e quattro dimensioni: conoscenze, attitudini, abilità e consapevolezza.
In pedagogia il concetto di competenza implica non solo singoli saperi e
conoscenze, ma anche la capacità della loro applicazione a fronte di nuove
situazioni. Inoltre, esso non si riferisce a concetti astratti ma a concrete
situazioni di vita. La competenza si applica al contesto interculturale
quando si tiene conto delle esigenze, dei valori e delle caratteristiche delle
persone che provengono da culture diverse, e si cerca di favorire il
dialogo, il rispetto e la collaborazione tra di loro. La competenza
interculturale richiede una sensibilità, una curiosità e una apertura verso
l’altro, oltre a una consapevolezza critica della propria identità e dei propri
pregiudizi.
Quale può essere la dimensione positiva del conflitto in ambito
interculturale?
In ambito educativo l’aggressività è da considerare come tendenza umana
ineliminabile, che non può essere né repressa né lasciata manifestare in
maniera incontrollata e distruttiva, ma occorre evidenziarne l’aspetto
dinamico. Fra gli aspetti positivi del conflitto:
-lo stimolo intellettivo (capacità di riflessione, di argomentazione e di
«eterocentrarsi»);
-la promozione di una relazione più intensa e significativa con gli altri.
Secondo alcuni autori la strategia migliore per gestire il conflitto è la
negoziazione: le parti in conflitto sono assertive delle proprie ragioni, ma
cercano di essere anche collaborative, coniugando il proprio punto di vista
con quello dell’altro. La strategia per gestire il conflitto in modo produttivo
prevede di: individuare i fatti che suscitano il conflitto ed essere disponibili
a discutere per superarlo; identificare i propri bisogni e scopi e cosa si
vuole dall’altro; confrontarsi discutendo sul problema e non sulla persona;
comprendere le ragioni dell’altro; ricercare soluzioni che diano vantaggi
ad entrambe le parti; inventare soluzioni creative; trovare un accordo il
più possibile soddisfacente per tutti.
Quale è la relazione tra comunicazione e cultura?
La relazione tra comunicazione e cultura è molto stretta e profonda. La
comunicazione dà visibilità alla cultura e contribuisce a definirla,
mantenerla e modificarla. La cultura sopravvive se è comunicata, si
trasmette mediante pratiche comunicative. La comunicazione e la cultura
sono quindi interdipendenti e si modificano reciprocamente nel tempo. La
paternità degli studi in questo ambito è attribuita agli Stati Uniti. Dopo la
Seconda guerra mondiale, il Dipartimento di Stato americano fondò il
Foreign service institute, al fine di preparare al meglio i propri diplomatici,
che raramente conoscevano la lingua e la cultura delle nazioni alle quali
erano assegnati per il loro lavoro. Nel complesso, le principali differenze
culturali sono intraviste nell’interpretazione relativa al segno, all’oggetto o
all’azione (anche quando è usata la stessa lingua). Per comunicare
efficacemente in un contesto interculturale, è necessario sviluppare la
competenza interculturale, cioè la capacità di comprendere, apprezzare e
adattarsi alle differenze culturali. La competenza interculturale si basa
sulla conoscenza, sull’empatia, sull’apertura e sul rispetto verso le altre
culture, e richiede una riflessione critica sulla propria cultura e sui propri
pregiudizi.
LEZIONE 18
Descrivi il ruolo della mediazione culturale nella didattica interculturale?
La mediazione culturale nella didattica interculturale è un’attività che
facilita la comunicazione, la comprensione e l’integrazione tra studenti,
famiglie e insegnanti appartenenti a culture diverse. Il ruolo del mediatore
interculturale è di supportare la scuola nella fase di accoglienza, nella
relazione con le famiglie, nella realizzazione di progetti interculturali e
nella prevenzione e gestione dei conflitti. Il mediatore interculturale
promuove il dialogo, il rispetto e il reciproco arricchimento tra le persone,
valorizzando le differenze e le risorse di ciascuna cultura. La mediazione
culturale è quindi uno strumento pedagogico fondamentale per costruire
una scuola inclusiva, democratica e plurale. Le varie attività proposte dal
mediatore interculturale sono le seguenti:
•Realizzazione di interventi di mediazione linguistico-culturale.
•Realizzazione di interventi di interpretariato e traduzione non
professionale.
•Accompagnamento e supporto diretto all’immigrato nell’adempimento
di procedure amministrative e burocratiche.
•Ottimizzazione delle relazioni fra l’utente straniero e le istituzioni in
contesti di emergenza e ordinari.
•Orientamento degli utenti nella rete dei servizi e delle opportunità e
offerte del territorio.
•Realizzazione di interventi di mediazione sociale.
•Agevolazione dei processi di dialogo e di reciproca comprensione
interculturale fra comunità immigrate.
•Progettazione di interventi di integrazione interculturale fra comunità
straniere.
•Supporto alle istituzioni e agli operatori di settore, alla progettazione e
riorganizzazione di servizi.
•Partecipazione e cura nelle esperienze e nei processi di apprendimento e
sviluppo professionale.
Il risultato atteso per il mediatore Interculturale è quello di facilitare la
relazione fra immigrato e società di accoglienza in situazioni sia di
ordinarietà che di emergenza, attraverso interventi di mediazione
linguistico-culturale, e di mediazione sociale.
LEZIONE 20
Prova a sintetizzare il contenuto delle linee guida per l'educazione
interculturale del Consiglio d'Europa?
Il Consiglio d’Europa ha affrontato il tema dell’educazione globale con
l’obiettivo specifico di migliorare e implementare l’Educazione
Interculturale in Europa. In quell’occasione i membri delle delegazioni
partecipanti hanno utilizzato le definizioni prodotte dal Centro Nord-Sud
del Consiglio d’Europa in merito al concetto di educazione Interculturale:
un’educazione che apre gli occhi ai cittadini sulle realtà del mondo e li
impegna a partecipare alla realizzazione di un mondo più giusto e più
equo, un mondo di diritti umani per tutti. Il documento si basa sul
principio secondo il quale i processi educativi relativi ai settori formali e
non formali dell’istruzione dovrebbero veicolare una migliore
comprensione di un mondo sempre più globalizzato. Si tratta di una guida
pratica alla comprensione dell’Educazione Interculturale (EI) e allo stesso
tempo è uno strumento di formazione pedagogica su argomenti di
importanza mondiale, tenendo sempre presenti le diverse realtà culturali,
geografiche, sociali ed economiche che emergono dall’osservazione dei
territori. In realtà il titolo del testo originario è “Global Education
Guidelines”, indicando un tipo di educazione che fa riferimento ad una
cultura pluralistica e globalizzata, specifica delle nostre società
contemporanee. Nella traduzione in italiano il gruppo di lavoro
sull'Educazione Interculturale ha optato per il mantenimento di un'unità
terminologica attraverso l'adozione dell'unica espressione “Educazione
Interculturale” in quanto essa racchiuderebbe in sé aspetti differenti tra
cui:
-l’educazione allo sviluppo sostenibile,
-l’educazione ai diritti umani,
-l’educazione alla pace e alla prevenzione dei conflitti,
-l’educazione all