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RISPOSTE APERTE
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Quali sono i diritti reali sui beni immobili?
I diritti reali immobiliari sono quelli assoggettati alla disciplina dei beni immobili e
cioè, da un lato, il diritto di proprietà, di superficie, di enfiteusi, di servitù, di
usufrutto, uso e abitazione e dall’altro, i diritti derivabili da concessioni
amministrative (diritti di occupazione e costruzioni su aree del demanio marittimo,
diritti di pesca, ecc.) o da altre previsioni dell’ordinamento giuridico (Rizzi, Diritti,
limitazioni servitù prediali, vol. I, sub art. 813)
Cosa si intende per pertinenze immobiliari?
A norma dell’art. 817 c.c. «sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a
servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal
proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima». La
pertinenza non deve essere intesa come una parte della cosa principale, posto che la
parte è un elemento essenziale per l’esistenza della cosa o del bene, mentre la
pertinenza riguarda solo la gestione economica della cosa principale, con la
conseguenza che la pertinenza deve avere una sua autonomia fisica che valga ad
accrescere l’utilità della cosa principale nell’ambito della sua destinazione, sia questa
agricola, urbana o industriale.
Quale è la disciplina dei beni immobili demaniali e quella dei beni immobili
patrimoniali?
I beni patrimoniali indisponibili, al pari di quelli demaniali, attesa la comune
destinazione dalla soddisfazione di interessi pubblici, possono
essere
attribuiti in godimento a privati soltanto nella forma della concessione
amministrativa, la quale, anche quando si configuri come concessione-
contratto – vale a dire come combinazione di un negozio unilaterale
autoritativo (atto deliberativo) della p.a. e di una convenzione attuativa
(contratto) –, implica sempre l’attribuzione dal privato di un diritto
condizionato, che può essere unilateralmente soppresso
dall’amministrazione stessa con la revoca dell’atto di concessione, in caso di
contrasto con il prevalente interesse pubblico, con la conseguenza che,
emesso il relativo provvedimento amministrativo, con l’intimazione della
restituzione del bene, la posizione del privato stesso degrada ad interesse
legittimo ed è suscettibile di tutela davanti al giudice amministrativo e non
in sede di giurisdizione ordinaria”. lOMoARcPSD|233 849 53
Quale è il regime delle acque pubbliche e quello delle acque private?
In base al primo comma dell’art. 822 c.c., appartengono allo Stato e fanno parte del
demanio pubblico, il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i
laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia. Bisogna aggiungere
anche i beni indicati dagli artt. 28 e 29 del codice della navigazione e quindi: le
lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salata o salmastra
comunicanti con il mare, i canali per gli usi pubblici marittimi, nonché le relative
pertinenze e cioè tutte le opere e costruzioni eseguite dallo Stato nel mare
territoriale e nelle zone del demanio marittimo.
Quale è la disciplina degli atti emulativi?
A norma dell’art. 833 c.c., il proprietario non può fare atti che non abbiano altro
scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. Ad evidenza, la norma è
intesa ad evitare l’abuso del diritto di proprietà, con iniziative improprie a danno
degli altri. L’art. 833 c.c., costituisce una delle limitazioni di ordine privatistico
imposte al proprietario, consistente nel divieto di compiere atti che, sebbene
rientranti in astratto nell’esercizio del diritto di proprietà, hanno come unico scopo
quello di nuocere o arrecare molestie ad altri. L’atto emulativo diventa illegittimo nel
momento in cui il suo esercizio non porta utilità al proprietario ma ha il solo scopo di
nuocere o recare molestie. Secondo Cass. 11 aprile 2001, n° 5421, «per aversi atto
emulativo vietato ai sensi dell’art. 833 c.c., è necessario che l’atto di esercizio del
diritto sia privo di utilità per chi lo compie e sia posto in essere al solo scopo di
nuocere o di recare molestia ad altri. Per la sussistenza dell’atto emulativo, devono
ricorrere sia l’elemento oggettivo del danno e della molestia ad altri, sia l’elemento
soggettivo dell’animus nocendi e cioè, l’espressa intenzionalità di nuocere ad altri
senza un proprio reale vantaggio.
Quale è la distinzione tra possesso e detenzione?
Secondo l’art.1140 c.c., << il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in
un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può
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possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della
cosa». Secondo la disposizione richiamata, il possesso consiste in una relazione di
fatto di un soggetto con una cosa, alla quale l’ordinamento giuridico riconosce tutela. Il
legislatore non dà però una definizione di detenzione ma si ritiene comunemente che
il detentore eserciti un mero potere sulla cosa, non accompagnato dalla intenzione di
esercitare una attività corrispondente ad un diritto reale proprio, ma solo altrui. In
sostanza, mentre il possessore esercita per sé il possesso, il detentore esplica la
propria attività in nome altrui, ossia in nome del possessore che possiede suo tramite.
Quali sono i profili oggettivi e soggettivi dell’usucapione?
Dal punto di vista soggettivo, l’acquisto per usucapione può avvenire sia a favore
delle persone fisiche che a favore delle persone giuridiche, pubbliche o private,
semprechè – per le persone fisiche – sussista la capacità di intendere e di volere.
L’elemento soggettivo, consistente nell'intenzione di tenere la cosa come propria
mediante l'esercizio di un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di
altro diritto reale (cosiddetto "animus possidendi”). L’elemento oggettivo,
consistente nella disponibilità della cosa, anche solo potenziale. Con riferimento
all’oggetto dell’usucapione, possono essere usucapiti tutti i beni suscettibili di
possesso, siano essi mobili o immobili, con esclusione dei beni demaniali, a norma
degli artt. 822 e 823 c.c., ma non dei beni patrimoniali dello Stato e degli enti locali,
a norma dell’art. 826 c.c. – sempreché non a destinazione pubblica – che facciano
parte del patrimonio disponibile, a norma dell’art. 828 c.c.
Quale è il criterio giurisprudenziale per valutare la intollerabilità delle immissioni
acustiche tra proprietà limitrofe?
Come noto, il criterio comparativo, di matrice giurisprudenziale, consente di ritenere
“intollerabili“, come regola generale, i rumori disturbanti che superino di + 3 dB il
rumore di fondo caratteristico del luogo in cui vengono effettuati i rilevamenti.
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E’ ammissibile la servitù di tenere le costruzioni fronteggiantisi a distanza non
regolamentare?
La sentenza 20769/2007 fonda le proprie conclusioni sul postulato della
inderogabilità delle norme che prescrivono distanze legali tra costruzioni su fondi
finitimi. E così è stato ritenuto inammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù
avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella
fissata dalle norme inderogabili, non potendo l’ordinamento accordare tutela ad una
situazione che – attraverso l’inerzia del vicino – finisce per eludere l’interesse
pubblico dell’igiene dell’abitato, rendendo legittima la permanenza di un manufatto
edificato in contrasto con tale interesse.
Quali sono i requisiti per il maturarsi dell’usucapione decennale?
l’usucapione decennale, analogamente alla usucapione ordinaria, persegue lo scopo
di eliminare le situazioni di incertezza circa l’appartenenza dei beni immobili ed è
caratterizzata dalla specifica esigenza di tutelare la buona fede di chi acquista un
bene da chi ne appare proprietario. Nella usucapione decennale sono richiesti i
requisiti della buona fede; della sussistenza di un titolo astrattamente idoneo
all’acquisto e – ove si tratti di negozio relativo a beni mobili o a beni immobili
registrati – della trascrizione.
Che cosa si intende per SCIA unica?
il D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 126 è stata istituita la possibilità di concentrare i regimi
amministrativi in edilizia per la scia. prevedendo un particolare regime di
acquisizione di una pluralità di comunicazioni o di atti di assenso che tuttavia
ineriscano al medesimo oggetto. In particolare, nel caso in cui una segnalazione
certificata di inizio attività – grazie al richiamo operato dal Decreto SCIA 2 – o una
comunicazione di inizio lavori asseverata necessitino di comunicazioni, attestazioni,
asseverazioni e notifiche, l’interessato può presentare una CILA o SCIA (cosiddetta
unica) allo Sportello Unico per l’Edilizia. Quindi possiamo definire la SCIA unica,
come l’insieme delle comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche
necessarie per lo svolgimento di un’attività soggetta a segnalazione.
Quale è il regime giuridico della SCIA di agibilità?
L’istituto dell’abitabilità ha da sempre avuto la funzione di garantire condizioni di
vivibilità e sicurezza all’interno degli edifici: si veda il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265. Lo
sviluppo normativo dell’istituto ha comunque seguito l’evolversi delle tecniche
costruttive. In particolare, con l’entrata in vigore del DPR 425/94 si è delineata una
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iniziale procedura del rilascio del certificato di agibilità, messa a punto con
l’emanazione del T.U.E., tenuto conto che il quadro normativo precedente (L.
765/67; L. 47/1985; L. 46/90) aveva generato non poca confusione riferendosi, a due
diverse terminologie: “licenza di agibilità” (termine riferito agli immobili ad uso
diverso da quello abitativo) e “licenza di abitabilità” (termine riferito solo agli
immobili ad uso abitativo). Solo in un secondo tempo, il legislatore ha operato una
diversa classificazione, riconducendo all’agibilità la disciplina generale della stabilità
e della sicurezza dell’immobile e all’abitabilità, la disciplina speciale dei requisiti
dell’immobile, rispetto a specifiche destinazioni d’uso. Con il T.U.E. il legislatore ha
provveduto a ricondurre ad unità i termini di agibilità ed