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LEZIONE 24. LE CORRENTI PITTORICHE DELL'ANACRONISMO E CITAZIONISMO
LEZIONE 25. 4. La Nuova Scuola Romana di via degli Ausoni
Dalla convivenza derivò anche una iniziale connivenza ideale: li accomunava l’esigenza di superare l’arte
concettuale, minimalista, povera, non per un banale “ritorno alla pittura”, ma per cercare innovativi modi di
espressione pur con le pratiche tradizionali della manualità. Insieme ottennero visibilità, ebbero successo, e
presto i percorsi si separarono. Quella avvincente avventura è rievocata, con una narrazione agile, da
Roberto Gramiccia: seppure breve, essa è – sostiene l’autore – accanto all’Arte Povera e alla
Transavanguardia, “la terza protagonista dell’arte contemporanea italiana”. La fine degli anni ' 70», scrive
Roberto Gramiccia nel suo «La Nuova Scuola Romana. I sei artisti di via degli Ausoni» (Editori Riuniti), «vide
delinearsi due categorie estetiche diversamente connotate, in parte destinate a mescolarsi: la
Neoavanguardia nella sua fase ultima e la Postavanguardia». La fine di questo decennio, scrive ancora
Gramiccia, «fu, anzitutto, percorsa da una generale tendenza al "ritorno alla pittura". Pittura intesa come
fine e insieme come mezzo». Grazie alla forza della tradizione «astratto» e «figurativo» si manifestavano
come «componenti scambievoli di un unico linguaggio pittorico, all' interno di un nuovo orizzonte estetico in
divenire». Nel 1978 la galleria Ferranti propose Ceccobelli, Dessí, Gallo, Francesca Woodman e Angelo
Segneri. Si trattò di un antefatto. Poco dopo, sempre da Ferranti, venne proposta una nuova collettiva e al
gruppo dei tre si aggiunse Domenico Bianchi. Già dall'anno prima Giuseppe Gallo divideva con Nunzio il
proprio studio nei vasti spazi dell'ex pastificio Cerere, nel quale il secondo era approdato fin dal 1973. Nel
giro di pochi anni pressoché tutti gli artisti situarono il proprio studio nell'edificio di Via degli Ausoni. Il
1977-1978 fu anche l'anno de "La Stanza", spazio romano autogestito direttamente da artisti come Di
Stasio, Marrone, Gallo, Pizzi Cannella e Bruno Ceccobelli. Nel '79, per l'influenza esercitata da Ferranti,
Gallo, Ceccobelli e Bianchi esposero a Stoccarda in una grande mostra dal titolo "Europa '79". La prima
mostra in un museo internazionale fu in Olanda presso il Groninger Museum, nel 1981 dove partecipano
Ceccobelli, Gallo, Dessí e Bianchi. Iniziava lentamente ma progressivamente a delinearsi un'intelaiatura di
rapporti fondata su un intenso scambio artistico e umano che vedeva coinvolti i protagonisti di queste
vicende. In occasione di una rassegna bolognese, nel 1983/84, mentre Bianchi, Ceccobelli, Dessí e Gallo
vennero riuniti in una sezione intitolata Presenze singolari a Roma, Nunzio, Pizzi Cannella e Tirelli vennero
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inclusi insieme a Enrico Luzzi, Sergio Ragalzi e Giancarlo Limoni in quella che provvisoriamente venne
definita Nuova Scuola Romana
LEZIONE 26 Il contesto degli Anni Novanta: neoconcettuale e Aperto
Negli anni Novanta varie linee stilistiche trovarono sviluppo coniugando l'esigenza storica della citazione con
l'uso di materiali inediti, in genere i nuovi ritrovati plastici, come nel caso di alcuni dei "Nuovi Futuristi", si
espanse un'area impegnata nel confronto con le nuove tecnologie, negli esempi migliori viste come
elemento integratore e non fagocitante l'opera. Senza dimenticare uno sforzo di rinnovamento dei linguaggi
della scultura e dell'installazione sia in direzione di un dialogo con la tecnologia che in una dimensione
analitica e simbolica. Preludio di quella ondata, propagatasi tra il finire degli '80 e l'inizio del decesso
successivo, generalmente definita "neoconcettuale" dal critico torinese Edoardo Di Mauro. In realtà di
spirito concettuale è intrisa un po' tutta l'arte degli ultimi anni, pittura compresa. Sin dal periodo prima
citato, però, prende corpo una tipologia espressiva di ripresa dei temi dedicati all'analisi del linguaggio e del
comportamento. All'interno dell'area "neoconcettuale" hanno trovato ampio spazio, soprattutto nei primi
anni '90, tutta una serie di operazioni che, al di là della scaltrezza nel confezionare prodotti esteticamente
corretti, sono state, e sono, rivisitazioni "indifferenti" delle istanze più radicali del concettuale storico,
pienamente giustificabili all'epoca, come parentesi di violenta eversione linguistica. La figura dell'artista
viene interpretata, da questi autori, in una accezione quasi neoromantica, dove si estremizza la
rappresentazione del proprio io, con una esaltazione della propria dimensione intima, e un appiattimento
completo sul reale e riproponendo, svuotato da qualsiasi senso utopico, il celebre binomio tra arte e vita. Il
cosiddetto "neoconcettuale" è esigenza compatibile con il clima di citazione di questi anni, nei processi di
sedimentazione della memoria, un fenomeno artistico che ha sancito l'apice dello sviluppo dell'avanguardia
novecentesca. L'alternativa all'arrendersi senza condizioni fondendosi all'interno del reale, è quello di
prendere le distanze con l'unico atteggiamento possibile, caratterizzato da un'ironia dissacrante e creativa.
Atteggiamento che ha contraddistinto una serie di artisti per cui, grazie alle intuizioni del gallerista Angelo
Falzone, si è coniato, in Germania, il termine di "Concettualismo ironico italiano". Il tutto verrebbe a
confermare l'abbinamento vincente tra il senso di ironia prima citato e il suo corrispondente formale
dell'eclettismo, eclettismo sottendente un atteggiamento in cui varie opzioni stilistiche convergono verso un
unico punto, individuabile nell'analisi oggettuale, che si cimenta sia con lo stile pittorico, evocativo e
simbolico, che coll'estroversione tridimensionale. Negli anni Novanta le scene artistiche nazionali si possono
imporre solo con una iniziale logica di gruppo. Aperto. L'Esposizione internazionale d'arte Biennale di
Venezia del 1990, diretta da Giovanni Carandente fu intitolata Dimensione futuro. La mostra centrale,
Ambiente Berlin, vasta rassegna di artisti di vari paesi che avevano operato nella metropoli tedesca nei
decenni precedenti, venne allestita al Padiglione Italia. Spiccavano, all'inizio del percorso, i plurimi del ciclo
Absurder Tagebuch del 1964 di Emilio Vedova. Invece Omaggio a Eduardo Chillida, grande scultore spagnolo
Gran premio per la scultura nel 1958, fu allestita a Cà Pesaro. Achille Bonito Oliva allestì una mostra speciale
alla Giudecca, Ubi Fluxus ibi Motus. Molto interesse destò la partecipazione di Robert Rauschenberg,
ambasciatore della Pop Art nel '64, che espose un proprio lavoro nel padiglione sovietico. Ma a suscitare
particolare attenzione e polemiche furono le opere della sezione Aperto alle Corderie. Esponenti
ecclesiastici protestarono per un lavoro del gruppo americano Grand Fury sul tema dell'Aids, mentre gli
ambientalisti contestarono un'opera che esponeva formiche vive. La mostra fu chiusa per gli accertamenti
sanitari sul sezionamento di una carcassa di mucca da parte dell'inglese Damien Hirst (dal contenitore di
plexiglass in cui era contenuto l'animale, fuoriusciva la formalina usata per la conservazione). Con una
scultura policroma a grandezza naturale, l'american. o Jeff Koons si ritraeva insieme alla moglie Ilona Staller.
Il Leone d'oro per la scultura andò alle grandi fotografie di archeologia industriale dei tedeschi Bernd e Hilla
Becher, mentre i marmi di Giovanni Anselmo furono premiati per la pittura. Suggestivo risultò il padiglione
statunitense con le scritte elettroniche e le sentenze pubblicitarie, costate un anno di lavoro, di Jenny Holzer
(Premio dei Paesi). Vincitore del Premio Duemila per i giovani fu lo scultore inglese di origine indiana Anish
Kapoor. L'Esposizione del 1993, curata da Achille Bonito Oliva, si presentò come grande panoramica
internazionale e interdisciplinare. Venne affiancata da 45 partecipazioni nazionali, con omaggi a Francis
Bacon, John Cage e Peter Greenaway. La 45. Esposizione slittò al 1993 per far coincidere la successiva
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edizione con il centenario della Biennale. Il titolo fu Punti cardinali dell'arte e si articolò in una quindicina di
mostre. Di particolare rilevanza la mostra allestita da David Sylvester al Museo Correr con le opere di Bacon,
scomparso l'anno precedente. Interessò anche il padiglione della Germania che vinse il Premio dei Paesi, il
cui pavimento era stato completamente divelto da Hans Haacke allo scopo di far camminare i visitatori sulle
"macerie del paese". Sulla stessa linea il Padiglione russo, trasformato da Ilja Kabakov in un luogo
abbandonato, pieno di rottami. Aperto ’93 è la mostra ideata da Helena Kontova e Giancarlo Politi e
coordinata da Helena Kontova per la XLV Edizione della Biennale d'arte di Venezia diretta da Achille Bonito
Oliva nel 1993. Aperto ’93, intitolata "Emergency/Emergenza", ha significato una svolta nella storia delle
grandi rassegne. Invece di proporre la visione di un curatore unico – o di un team curatoriale – Aperto ’93 ha
proposto un modello rizomatico o cellulare, nel quale diversi punti di vista della scena emergente di quel
periodo, fortemente influenzata dal processo di globalizzazione, hanno evidenziato la necessità di una
situazione di coesistenza e convivenza e una frammentazione del pensiKontova, direttrice insieme a Politi,
delle rivisteero e della critica rispetto all’arte visiva. Flash Art Italia e Flash Art International
(www.flashartonline.com), ha raccolto la tradizione di “Aperto” (sezione della Biennale di Venezia dedicata
ad artisti emergenti creata nel 1980 con una mostra curata da Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann e poi
abolita nel 1997 da Germano Celant) e l’ha trasformata da una semplice sezione a una vera e propria
“mostra dentro alla mostra”, includendo più di 120 artisti tra cui Anticipando l’ "era dei curatori", Aperto ’93
si componeva di 13 sezioni, ognuna delle quali affidata a curatori allora emergenti molti dei quali oggi
conosciuti in tutto il mondo come Francesco Bonami (primo italiano a curare la Whitney Biennial), Nicol