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CRANIO.
Anche nei mammiferi, come nei rettili, si forma il
palato secondario per ripiegamento delle ossa che
costituiscono il palato primario, formando una
seconda lamina. Questo palato non è tanto esteso
quanto quello che abbiamo visto nei rettili.
Cranio di un cane.
Vediamo che il palato secondario finisce dove
finiscono le coane ma c’è una piega cutanea che si
estende fino a spostare le coane nel retro bocca.
Posteriormente c’è il forame magno, che mette in comunicazione l’encefalo con
il midollo spinale. C’è un’unica volta cranica e non come abbiamo visto finora,
in cui c’era una volta cranica superiore e subito sotto una regione che
circondava l’encefalo. C’è un’unica volta cranica per dar spazio all’encefalo,
molto ingrandito in questi animali.
La muscolatura che finora si inseriva al di sotto della volta cranica è stata
estromessa all’esterno e si inserisce esternamente al cranio, passa all’interno
dell’arcata zigomatica e si attacca con la mandibola.
Un cranio di cane lo si distingue principalmente dai denti: a seconda della dieta
che hanno questi animali c’è una dentazione diversa. Ciò è possibile nei
mammiferi perché sono i primi ad aver sviluppato denti diversi a seconda della
loro funzione. Finora i denti erano tutti i uguali mentre qui vediamo come sono
diversi i canini (che in questi animali sono molto lunghi perché servono per
uccidere la preda), i molari, che hanno il compito di rompere la carne della
preda che si stanno mangiando.
Cranio di pecora.
Vediamo come i denti cambiano totalmente. Sono appiattiti. È un animale
erbivoro, gli incisivi superiori, quelli inferiori con cui strappano l’erba sono
molto taglienti e i molari sono appiattiti, come se fossero delle piastre e
vengono usati per triturare i vegetali.
Cranio di maiale.
Ha una dieta mista, è un onnivoro. I denti sono un mix tra quelli di pecora e
quelli di cane.
Cranio di gatto.
Dai denti si capisce che è un carnivoro: canini sviluppati e la punita dei molari
anche.
Cranio di cavallo.
Denti da erbivoro. Un grande spazio è occupato dalle narici. Sul fondo ci sono i
turbinati, delle strutture che si sviluppano nei mammiferi ed hanno una duplice
funzione: riscaldare l’aria quando entra e aumentare la superficie olfattiva,
dando modo di sviluppare maggiormente l’olfatto.
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Il cranio si articola con la colonna vertebrale: nei mammiferi si è modificata la
struttura delle vertebre per rendere l’articolazione sempre più semplice ed
efficace. L’articolazione avviene tra la prima vertebra e i due condili occipitali.
La prima vertebra si è modificata per permettere la complementarietà tra
queste strutture.
La prima vertebra cervicale si chiama atlante, la seconda si chiama epistrofeo.
L’atlante non ha corpo, ha l’arco neurale. la seconda invece ha l’arco, il corpo
ed una protuberanza anteriore si chiama dente dell’epistrofeo. Esso occupa lo
spazio che prima doveva essere occupato dal corpo dell’atlante. Tra la testa del
collo dell’epistrofeo e le faccette articolari dell’atlante si forma un incavo che è
complementare con le gonditi occipitali. Così, ruotando in questa fossetta, i
gonditi permettono l’articolazione tra cranio e colonna.
Nei mammiferi le regioni della colonna vertebrale sono facilmente individuabili:
c’è la regione delle vertebre cervicali, quelle che costituiscono il collo di questi
animali e sono 7 (non cambia il numero ma cambia la lunghezza, a seconda se
l’animale ha un collo più o meno lungo). Generalmente non sono molto grandi.
Le altre due regioni sono costituite dalle vertebre toraciche, che hanno delle
costole a cui si articolano e caratterizzate da una spina neurale lunga; e le
vertebre lombari, che hanno un corpo molto sviluppato, una spina più corta ma
hanno dei processi trasversi molto lunghi.
Animali come i delfini sono tornati
all’acqua ed hanno assunto delle
caratteristiche dal punto di vista
anatomico che li rendono simili agli
ittiopsidi. Come gli ittiopsidi, anche i
delfini, hanno la regione cervicale
assente (testa e collo sono tutt’uno
perché ciò li facilita durante il nuoto)
ma, essendo mammiferi, mantengono
vertebre cervicali in numero di 7,
nonostante questa regione sia sparita.
Queste vertebre cervicali assumono
uno spessore poco maggiore di un
foglio di carta.
Nei mammiferi il canalino del meato
acustico esterno si completa con il
padiglione auricolare. Invece di un
unico ossicino (che era la columella
negli altri vertebrati) nei mammiferi ne troviamo 3: staffa (il cui nome negli altri
animali era columella), incudine e martello. Quindi abbiamo il padiglione
auricolare e l’orecchio medio con 3 ossicini.
I primi sono animali poco adattati alla corsa, i secondi sono più adattati mentre
i terzi lo sono ancor di più. L’adattamento alla corsa consiste in un
allungamento degli arti: più lunghi sono gli arti più veloce sarà l’andatura di
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questi animali. si allungano perché sfruttano elementi dell’autopodio che, nelle
forme non adattate tipo la nostra, poggiano completamente a terra. Tutta la
pianta del piede o della mano poggia a terra, infatti questi animali si dicono
anche plantigradi.
Gli altri sono più voluti: gran parte dell’autopodio non è perpendicolare rispetto
alla gamba ma allineato, si è tirato su da terra, si è messo in asse con il resto
della gamba. Le parti
del tarso e metatarso
si sono sollevate da
terra ed hanno
allungato l’arto.
Soltanto la parte finale
dell’autopodio,
rappresentata dalle
falangi e dalle dita,
rimane poggiata a
terra. questi animali
che poggiano le dita
vengono anche
chiamati digitigradi.
I terzi invece sono
ancora più evoluti. Non
solo carpo, tarso e gli
elementi meta sono in
asse con l’arto ma
anche le falangi. Tutto
l’autopodio è in asse
con l’arto, anche le falangi: solo la punta dell’ultima falange poggia a terra.
sulla punta della falange si sviluppa un’unghia che ha uno spessore notevole e
diventa uno zoccolo. Questi animali vengono chiamati unguligradi.
Arti più lunghi consentono all’animale di andare più veloce. Noi siamo
plantigardi: il fatto di avere una pianta del piede che poggia a terra ci rende
talmente stabili che siamo riusciti a svincolare gli arti superiori dalla funzione
locomotoria, sollevandoci solo sulle zampe anteriori, riusciamo a stare in
equilibrio perché poggiamo tutta la pianta. È vero che siamo meno abili nella
corsa però ci si apre un ventaglio di possibilità che ci ha resi ciò che siamo: per
esempio, avendo reso indipendenti gli arti superiori, ci ha permesso di
compiere delle azioni.
Questi mammiferi sono riusciti a sollevarsi sulla punta delle dita fondendo le
ossa distali per renderle più soli e pe riuscire a sorreggere il loro peso e lo
hanno fatto secondo due linee evolutive: quella degli artiodattili e quella dei
perissodattili.
Negli artiodattili hanno prevalso due dita: quelle centrali (terzo e quarto, che
sono diventate più grosse). Nelle forme più evolute le due dita si sono fuse
nella parte meta e soltanto la parte finale delle falangi è rimasta libera.
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