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RAWFORD
sistema provinciale romano, pp. 91-121, ove
a p. 97, nota 24, si rinvia a Polibio, 1,1,5, in riferimento al fatto che Polibio
sosteneva che nel 168-167 i Romani fossero già padroni, in meno di 53
anni, del mondo conosciuto, anche se alcune terre non erano governate
direttamente da Roma;
a p. 92, nota 2, si rinvia a Polibio, 1,62-63, in riferimento all’invio, da parte
del Senato per la prima volta, di dieci legati con il compito di assistere
Quinto Lutazio Catulo nella preparazione dell’accordo con Cartagine sul
governo di Roma sulla Sicilia occidentale;
a p. 95, nota 39, si rinvia a Polibio, 2,14,4, dove Polibio parla dell’Italia,
per la prima volta, nel senso di area tra Regio e le Alpi.
6 nello studio di E. G , L’imperialismo romano, pp. 189-
ABBA
233, ove
a p. 189, nota 2, si rinvia a Polibio, 1,1,5; 1,2,7; 1,3,4-6; 1,6,4-6, in
riferimento all’espansione romana compiuta in 53 anni, tra il 220 e il 167
a.C., dall’inizio della guerra annibalica alla distruzione del regno di
Macedonia, vera conclusione di questa fase espansionistica;
a p. 194, nota 12, si rinvia a Polibio, 2,8,10-13, riguardo all’indecisione del
Senato a prestare aiuto ai Mamertini;
a p. 202, nota 39, si rinvia a Polibio, 2,12,8, sull’ammissione dei Romani ai
Giochi Istmici nel 228 a.C. come ringraziamento e riconoscimento da
parte dei Greci per aver sconfitto l’Illiria.
35 nello studio di E. G , La prima guerra punica
ABBA
e gli inizi dell’espansione transmarina, pp. 55-67, ove
a p. 58, nota 13, si rinvia a Polibio, 1,5,1; 1,6,7-8; 1,10,5-9; 1,12,5-7;
2,14,4-7; 2,23,13-14, in riferimento ai timori romani di un accerchiamento
cartaginese dell’Italia proprio dopo la vittoria su Pirro (e anche come
fredda riflessione sui cospicui aiuti ricevuti da Cartagine durante la
guerra);
a p. 59, nota 19, si rinvia a Polibio, 1,10-12; nota 20, si rinvia a Polibio,
1,10-11; 1,11 sagg., riguardo l’atteggiamento romano nel 264 a.C. di
fronte alla richiesta di aiuto da parte dei Mamertini;
a p. 61, nota 24, si rinvia a Polibio, 1,11,4-7; nota 25, si rinvia a Polibio,
1,11,9-12; nota 27, si rinvia a Polibio, 1,11,9-11; 1,20,13-16; nota 28, si
rinvia a Polibio, 1,11-64, sulla coalizione di Cartagine e Siracusa contro
Messina, dove Roma svolge il ruolo di difensore dei Mamertini;
a p. 62, nota 29, si rinvia a Polibio, 1,63,4; nota 30, si rinvia a Polibio, 1,19-
20; nota 31, si rinvia a Polibio, 1,63,5-8; 1,64,1; nota 32, si rinvia a Polibio,
1,20-1,21,3; 1,59,8, per la durata della prima guerra punica (264-241 a.C.)
e al carattere prettamente marino di questa, per via dell’egemonia
cartaginese dei mari, mentre i Romani trovarono difficoltà iniziali nella
costruzione della flotta per cui ricorsero a modelli cartaginesi;
a p. 60, nota 23, si rinvia a Polibio, 1,20,1, in riferimento al desiderio di
Polibio di presentare il contrasto fra l’«utile» e l’«onesto», in modo che la
responsabilità della guerra non ricadesse sul Senato, ma sul popolo e sui
consoli;
a p. 63, nota 33, si rinvia a Polibio, 1,64,1; nota 34, si rinvia a Polibio,
1,22,3-11; nota 36, si rinvia a Polibio, 1,38; nota 37, si rinvia a Polibio,
1,40; nota 38, si rinvia a Polibio, 1,55, in riferimento alla superiorità di
mezzi e uomini di Roma su Cartagine, sugli artefici tecnici escogitati dai
romani nelle battaglie navali, sulla mancanza di esperienza marinaresca
dei comandanti romani, sulla conquista romana di Palermo nel 254 a.C.
nonostante un grande naufragio della flotta sulle coste meridionali della
Sicilia, sul fallito tentativo cartaginese di recuperare Palermo e sulla
conquista romana del Monte Erice;
a p. 64, nota 39, si rinvia a Polibio, 1,64,6; nota 40, si rinvia a Polibio, 1,56;
nota 41, si rinvia a Polibio, 1,57-58, parlando del generale cartaginese
Amilcare Barca, del 247 a.C., giudicato da Polibio migliore generale
emerso nel corso della guerra, dei suoi tentativi di cercare di
interrompere le comunicazioni romane fra l’Italia e l’isola facendo
scorrerie sulla costa dell’Italia meridionale, e del fatto che la sostanziale
parità fra le due potenze portarono le loro risorse all’estremo;
a p. 66, nota 47, si rinvia a Polibio, 1,83,1-11; 1,65-1,88,7; nota 48, si
rinvia a Polibio, 1,88,8-12; nota 50, si rinvia a Polibio, 2,2-12, in
riferimento alla guerra dei mercenari, che durò tre anni e quattro mesi
dal 241 al 238 a.C., alla cessione della Sardegna a Roma da parte di
Cartagine, e alla missione diplomatica del 230 a.C. del Senato alla regina
Teuta per protestare contro le piraterie degli Illiri in Adriatico;
a p. 67, nota 51, si rinvia a Polibio, 2,2,1-2; 2,12,7-8, dove Polibio
confronta il primo intervento romano in Illiria al “passaggio” romano in
Sicilia.
3 nello studio di G. C , Basi sociali e assetti
LEMENTE
istituzionali nell’età della conquista, pp. 39-54, ove
a p. 47, nota 18, si rinvia a Polibio, 1,11,2, in riferimento all’incertezza del
Senato sia sulle procedure per arrivare alla guerra, sia nella conduzione
della campagna d’Africa di Marco Atilio Regolo. Il desiderio di bottino fu la
ragione per convincere i comizi ad una politica attiva;
a p. 48, nota 19, si rinvia a Polibio, 1,63, riguardo l’episodio in cui i comizi
respinsero le condizioni di pace proposte da Catulo nel 241 a.C.
considerandole troppo miti. L’invio dei decem legati e la definitiva
stipulazione della pace con poche clausole aggiunte, tra le quali un
aumento dell’indennità della guerra, indica il desiderio di bottino dei ceti
contadini, che avevano sostenuto il peso dello scontro;
a p. 49, nota 20, si rinvia a Polibio, 1,83,6 sagg., in riferimento all’episodio
in cui cinquecento mercanti caddero in mano cartaginese durante le
prime fasi delle operazioni, e il governo romano trattò il loro riscatto,
impegnandosi a indirizzare il flusso delle merci alla stessa Cartagine.
L’episodio mostra l’importanza del commercio italico inserito nella
politica mediterranea di Roma.
12 nello studio di E. G , La conquista della
ABBA
Gallia Cisalpina, pp. 69-77, ove
a p. 74, nota 24, si rinvia a Polibio, 2,14-17, riguardo alle descrizioni che
Polibio fa della regione e delle popolazioni della Gallia;
a p. 69, nota 3, si rinvia a Polibio, 2,21,1-6; nota 4, si rinvia a Polibio,
2,19,11; 2,20,1; 2,20,3; 2,20,5; 2,21,9; 2,23,7-8; in riferimento al
saldamento del dominio romano nelle regioni di Sabina, Umbria ed
Etruria, e alla durezza delle guerre galliche che spesso si concludevano in
uno sterminio, come quello da parte delle popolazioni dei Senoni e poi di
parte dei Boi;
a p. 70, nota 5, si rinvia a Polibio, 2,23,13-14; nota 7, si rinvia a Polibio,
2,21,7-9; nota 9, si rinvia a Polibio, 2,23-2,31,6, riguardo il timore che le
orde galliche incutevano in Italici e Romani, alla legge del 232 a.C. del
tribuno Gaio Flaminio che decideva la distribuzione viritana delle terre
prese ai Galli Senoni, cosa che, per Polibio, l’iniziativa suscitò sospetti nei
Galli Boi ed è stata quindi considerata una causa della ripresa della lotta
interrotta nel 236 a.C., e negli schieramenti del 225 a.C. che vedono da un
lato Boi e Insubri con l’appoggio dei Gaesati e dall’altro Roma con
l’appoggio di Veneti e Cenomani.
a p. 71, nota 10, si rinvia a Polibio, 2,31,7-8, riguardo al fatto che i Romani
si resero conto che l’eliminazione definitiva del pericolo gallico era
realizzabile soltanto con la conquista della Valle Padana, e alla pace con
condizioni moderate con gli Insubri sottomessi da Roma.
1 nello studio di G. C , Dal territorio della città
LEMENTE
all’egemonia in Italia, pp. 19-38, ove
a p. 33, nota 26, si rinvia a Polibio, 2,24, in riferimento alle cifre fornite da
Polibio, sulla base di Fabio Pittore, per la leva del 225 a.C., di cui non si è
certi che rappresentino la “formula togatorum”.