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Estratto del documento

Ci sono i segni, anche in questa età di imperatori Antonini, di un'evoluzione economica che

rimane sotterranea rispetto ai grandi avvenimenti della politica. Noi vediamo che

apparentemente non accade nulla di rilevante, nel I e II secolo d.C, la forma economica non

cambia, dalla guerra annibalica comincia l’età della villa schiavile, tutto questo continua,

però è cambiata la situazione generale.

Qui l’età delle grandi conquiste è conclusa, eccetto con Traiano, però abbiamo comunque

una forma economica che prevede come principio la presenza di schiavi. Allora senza avere

l’apporto di schiavi causato dalle conquiste si sviluppa un fiorentissimo commercio di

schiavi e inoltre l’acquisto sul mercato di schiavi rende lo schiavo più oneroso e comporta

una trasformazione del lavoro schiavile. Prima si poteva sfruttare lo schiavo come

strumento a perdere, perché costava poco, ma nel momento in cui il prezzo dello schiavo

aumenta notevolmente, il valore dello schiavo cambia perché cambia il suo valore di

oggetto.

Noi vediamo improvvisamente, senza che nessuna fonte ne parli, una serie di grandi

iscrizioni latine, trovate nell’attuale Tunisia e databili in età Antonina, tra Antonino Pio e

Marco Aurelio, dove si fa riferimento ad una lex adriana e dove fanno la prima comparsa

dei contadini che vengono chiamati coloni, contadini che lavorano sui terreni che

appartengono alla terra dell’imperatore. Questi latifondi che erano in Tunisia, erano coltivati

da questi contadini chiamati coloni.

I coloni sono contadini che non sono in realtà né liberi né schiavi, sono dal punto di vista

giuridico liberi, ma sono legati al terreno. Così si sviluppa questa forma di sfruttamento del

lavoro agricolo. Già con Adriano iniziano a crearsi nell’ambito della res imperiale forme di

lavoro non libero che preludono a quello che sarà poi successivamente il grandioso

fenomeno del colonato tardoantico. E’ un'evoluzione lenta, ma di primaria importanza in

quanto riguarda le forze del lavoro agricolo, che costituiscono il 90% della popolazione.

Questa trasformazione riguarda il passaggio quindi da ville schiavili a colonato tardoantico

e infine alla servitù della gleba. Questa evoluzione comincia proprio in questi anni e indica

la presenza di un disagio economico, se la struttura augustea non avesse presentato elementi

di difficoltà, non avrebbe portato questa evoluzione.

C’è una straordinaria incongruenza, perché noi chiamiamo questo periodo come principato,

cioè dell’imperatore che è princeps, cioè primo fra pari(primus inter pares), una forma

democratica per così dire. Questo è in perfetta opposizione, in maniera drammatica, con il

concetto di culto imperiale e quindi come può sposarsi con il culto dell’imperatore? Sono

due visioni totalmente inconciliabili, ma corrette. Sono indirizzate a categorie sociali

diverse, Seneca nell’apokolokyntesis descrive Claudio come un imbecille, la gente invece

non s’interessava delle alchimie dei poteri istituzionali. Sta di fatto che l’importanza e

l’onnipresenza del culto imperiale nel mondo Romano fa sì che durante l’età del principato

la figura stessa del princeps conosca una evoluzione, dagli atteggiamenti così apertamente

pseudo repubblicani di Augusto, che per tutta la vita quando entra un senatore si alza in

piedi in segno di rispetto formale, abbiamo altri imperatori come Caligola che fanno salti in

avanti, che vuole essere venerato già da vivo. Non esiste una norma, un manuale per cui un

imperatore può fare o meno una cosa e quindi fa ciò che ritiene o no di poter fare e quindi

alcuni atteggiamenti vanno in contraddizione con quelli di altri imperatori.

Anche a livello filosofico abbiamo una trasformazione di ciò che è imperatore e allora

soprattutto nel mondo greco e in Oriente, dove era più diffusa una mentalità filo

monarchica, si sviluppa un modo di pensare per il quale l’imperatore sempre più

frequentemente viene chiamato dominus, quindi non si parla più di rapporto fra pari.

Questo fenomeno produrrà a partire dal III secolo il cosiddetto fenomeno del dominato,

quindi abbiamo questa figura del dominus et deus, così si farà chiamare Diocleziano ma

quando l’impero diventerà cristiano, non potranno più chiamarsi così, troveranno un altro

titolo cioè dominus gratia dei, che salva comunque la sostanza.

Questo processo viene anticipato dalla grande filosofia medio platonica e poi ancora di più,

nel III secolo, dalla filosofia neoplatonica, il cui fondatore è Plotino, che insegna la filosofia

platonica a roma rivista da lui, neoplatonica quindi, in età severiana. Non scrisse niente, ma

Porfirio(come Socrate e Platone), suo allievo, scrive le Enneadi, cioè tutte le lezioni

impartite da Plotino.

L’idea politica che sta dietro il neoplatonismo, che viene condivisa con quasi tutte le

religioni del periodo, la materia è cattiva, il mondo è male, quindi una visione negativa del

mondo sensibile, ma siccome si deve vivere in questo mondo negativo, così come la materia

è estremamente negativa, una hyle, cioè una materia grezza che diventa bella e accettabile

solo quando è ordinata in un cosmo (che è il significato letterale di cosmo). Quindi

l’imperatore diventa cosmo, cioè ordine che viene dato alla materia bruta, svolge una

funzione cosmogonica. Sono forme diverse che coesistono, un imperatore era disponibile ad

accettare una visione filosofica che lo metteva al centro dell’universo bello, come quello

descritto da Plotino. Il pensiero politico che si sviluppa in questi anni, fino all’età severiana,

che spinge l’imperatore da princeps a dominus tramite tutte queste speculazioni filosofiche

che però sono straordinariamente importanti, anche perché agiscono sulle classi più alte ed

elitarie (il greco di Plotino è molto difficile e sono difficili anche i suoi concetti ed è una

filosofia iper intellettualistica rivolta ai filosofi professionisti e ad una classe dirigente

estremamente colta e raffinata), cioè il mondo dei senatori che costituisce quella classe

dirigente che scrive la storia, che giudica gli imperatori.

Giuliano l’Apostata è neoplatonico, Marco Aurelio è stoico in quanto vive prima di Plotino,

ma queste correnti filosofiche non si combattono tra loro, alcuni temi stoici verranno

rielaborati da Plotino, ma si tratta di trasformazioni culturali che portano al passaggio tra le

varie correnti, rendendo quella corrente uno standard che influenza il pensiero collettivo, ad

esempio il neoplatonismo influenza anche gli scrittori cristiani del tempo. Questi passaggi

avvengono lentamente e si prolungano nel tempo.

Tra queste trasformazioni, quella che viene accettata di più è la nuova visione

dell’imperatore romano, è un grande cambiamento ma avviene in maniera difficilmente

avvertibile, ci saranno però dei precisi processi storici dove ci saranno delle accelerazioni di

questo processo. Queste trasformazioni, però, non sarebbero potute avvenire se non avesse

avuto luogo questo sotterraneo movimento, come per l’economia non sarebbe potuto

avvenire questo cambiamento se non fosse stato già Augusto a cambiare l’economia.

Quindi in questa età in cui si dice non sia successo nulla, se non conquiste e vittorie

dell’impero, in realtà cela una forte trasformazione autoritaria, sia dei grandi imperatori che

formalmente mostravano una sorta di democrazia, nella dinastia antonina, sia della forza

lavoro che passa da contadini liberi a coloni. È ovvio però che per noi che diamo il giusto

peso alla libertà, ma nel mondo antico l’entrare in un rapporto di dipendenza coatta nei

confronti per esempio di un fundus, era considerata una sorta di assicurazione sociale, cioè

la figura del colono non è sempre vista negativamente dai coloni stessi, infatti noi abbiamo

casi accertati che cercano queste condizioni.

Passaggio alla fase tardo antichità

L’età imperiale è stata suddivisa in due parti “e mezzo”, una prima parte che è il principato,

e un’età tardo antica, più lunga, che inizia con Diocleziano. Mentre per il principato la data

è molto precisa, in quanto corrisponde all’intitolazione di Ottaviano come Augusto(nel 18

Gennaio del 27 a.C intorno a mezzogiorno-Augusto) per la tardo antichità il discorso è

diverso, si tratta di un imperatore che governa a lungo e prende decisioni importanti che poi

vengono proseguite dal suo successore, infatti parliamo di riforme dioclezianeo-

costantiniane. E’ proprio questo insieme di riforme che segna il passaggio di fase. Per avere

una data precisa, si può considerare l’entrata al trono di Diocleziano nel 285 d.C. Però non è

proprio esatto vedere il periodo che va da Augusto fino al 285, come continuo. Si ha infatti

una fase in cui non c’è più la struttura del principato, ma nemmeno quella tardo antica,

quindi abbiamo una fase di passaggio e di transizione per cui dobbiamo parlare di una fase

di destrutturazione. La struttura creata da Augusto comincia a perdere pezzi causando un

cambiamento totale. Per una serie di motivi lunghi noi non sappiamo effettivamente come

questa mancanza di struttura, come questa distruzione venga in qualche modo risolta. La

qualità delle nostre fonti informative ci mette in imbarazzo, abbiamo infatti un vuoto

documentario sul III secolo d.C. La nuova struttura la percepiamo e la comprendiamo

proprio da Diocleziano in poi, fine III secolo.

Al processo di destrutturazione diamo il nome di crisi del III secolo, è l’età nella quale la

struttura del principato, messa in piedi da Augusto, perfezionata dai suoi successori,

stabilizzata in età Flavia e non modificata in età Antonina, poiché stabile, viene lentamente

destrutturata.

Il motore della crisi è di tipo economico, è una grandiosa crisi economica, causata da una

grande epidemia che improvvisamente ha cambiato completamente le carte in tavola dal

punto di vista economico e questa crisi economica ha prodotto a cascata tutte le altre cose.

Quindi l’elemento scatenante fu un’epidemia, il quale effetto fu una spaventosa crisi,

innanzitutto demografica, che ha prodotto come effetto naturale una crisi economica che

porta ad una nuova fase totalmente inattesa, e che inevitabilmente ha causato una

destrutturazione, cambiamento dello stato.

Questa peste viene dall’Oriente ed è una peste che le fonti antiche ci dicono essere stata

portata dall’esercito del co-imperatore, colui che co-reggeva l’imper

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
120 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/03 Storia romana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher emma.pgn di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Salvaterra Carla.