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Competenze e abilità disciplinari:
• Comprendere le caratteristiche intrinseche del genere
• Essere in grado di cogliere analogie e divergenze con generi simili
• Osservare l’evoluzione della favola in senso diacronico,
considerando come uno stesso tema subisca varianti di stile nei vari
secoli STRUMENTI
Libro di testo:
Ruozzi G., Favole, apologhi e bestiari, BUR, Milano, 2007.
Anselmi G. M., Chines L., Menetti E., coordinamento di Raimondi E.,
Tempi e immagini della letteratura italiana, Edizioni Scolastiche Bruno
Mondadori, Milano 2004.
METODO DI SVOLGIMENTO
Una prima lezione introduttiva evidenzierà la storia e le caratteristiche dei
due maggiori autori di favole dell’antichità, Esopo per la prosa e Fedro per
la poesia, verranno poi lette alcune favole di questi autori per fornire agli
studenti un primo archetipo di confronto con i brani che saranno letti nel
corso del modulo didattico. In seguito si scorreranno varie favole,
evidenziando l’evolvere del genere nei secoli. Si attraverserà la tipologia
della favola nel Medioevo, nel periodo dell’Umanesimo, nel Rinascimento
e nel Seicento. Ci si soffermerà poi sull’opera di Jean de La Fontaine,
confrontandola con l’attività degli autori che lo precedettero e lo
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seguirono, per sottolineare l’alta espressione poetica della sua opera. Oltre
alla riflessione sul contenuto ci si soffermerà sugli intenti degli autori, sul
fine pedagogico e sociale che questo genere letterario ha rivestito nella
nostra letteratura. Questo modulo si interromperà nel periodo
dell’Illuminismo per lasciare che gli studenti acquisiscano quelle
conoscenze di storia letteraria indispensabili per affrontare trasversalmente
il tema della favola nella letteratura italiana dell’Ottocento e del
Novecento.
Le favole di Esopo
L’inventore della favola è considerato Esopo, uno scrittore greco vissuto
nel VI secolo a.C., da cui prese ispirazione il poeta latino Fedro, vissuto
nel I secolo d.C.
Della vita di Esopo sappiamo ben poco. Nativo probabilmente della Frigia,
visse come schiavo e divenne presto un personaggio leggendario.
Sono arrivate fino a noi redazioni di favole di Esopo di tarda età
ellenistica, ma anche di età bizantina derivanti in parte da raccolte più
antiche. Le sue favole si presentano con uno stile breve ed essenziale, i
personaggi sono di solito animali con caratteristiche fisse, uomini e dei, a
volte anche piante; alla fine queste favole hanno sempre una breve morale.
Mediante le sue divertenti storie Esopo mette in luce pregi e difetti degli
uomini con una intenzione educativa e bonariamente satirica; infatti presso
i Romani la favola esopica, volgarizzata e accresciuta da Fedro, servì
anche ad usi scolastici. 4
L’opera di Esopo ha avuto ed ha molta fortuna, è stata imitata da favolisti
di tutti i tempi e di tutti i paesi; infatti presso il mondo medievale ed
umanistico si riprese il genere con varie riduzioni e rifacimenti moralistici.
Verranno lette e commentate alcune favole di Esopo.
Le favole di Fedro
Fedro, vissuto tra il 15 a.C. e il 50 d.C., non ci ha lasciato molte notizie di
sé: le poche notizie che abbiamo sulla sua vita si ricavano dalle sue opere.
Portato a Roma come schiavo dalla Tracia, ancora bambino, ricevette
un’educazione letteraria. Fu poi assegnato alla famiglia di Augusto, cioè al
complesso dei servi dell’imperatore; buon conoscitore della lingua greca
ebbe compiti di pedagogo, cioè di insegnante. Per i suoi meriti fu liberato
dalla condizione di schiavo e visse come liberto nella casa imperiale anche
sotto Tiberio, Caligola e Claudio. Visse quindi nell’età imperiale che va da
Tiberio a Claudio (19-45 d.C.).
A quei tempi gli ideali civili della Romanità, la profondità del pensiero e la
stessa letteratura vengono a trovarsi in una condizione di crisi, con perdita
della libertà e interventi repressivi nei confronti degli intellettuali. In
questo periodo Fedro scelse la strada della protesta, piuttosto che quella
dell’adulazione del principe e lo strumento della sua opposizione divenne
la favola, che permetteva una espressione dissenziente, ma allusiva
attraverso l’uso dell’allegoria. La denuncia morale nelle sue favole non
nasce da motivi personali, ma dall’interesse per la natura dell’uomo; il fine
della sua opera è quello di fare riflettere sui costumi e sui comportamenti
umani, non di singoli individui. 5
I personaggi delle favole di Fedro sono animali che parlano il linguaggio
degli uomini del tempo: rappresentano le tendenze e i difetti degli uomini:
il leone incarna la forza e la prepotenza, la volpe l’astuzia e l’ipocrisia, il
lupo l’ingordigia, l’agnello la mansuetudine perseguitata, l’asino la
sottomissione, il cane la fedeltà, ma a volte l’ingordigia o la servilità. Il
ricorso al mondo animale è dettato anche dall’esigenza di comunicare
messaggi che in maniera esplicita non potevano essere diffusi in periodi
storici caratterizzati da regimi totalitari, come nella Roma imperiale. La
morale nelle favole di Fedro investe sia l’ambito della sfera privata, sia
quello della vita pubblica, a volte ben distinti, a volte intrecciati in una
stessa favola.
Fedro è autore di cinque libri di favole; i primi due furono pubblicati sotto
Tiberio (imperatore dal 14 d.C. al 37 d.C.). In essi Fedro, richiamandosi
apertamente all’autore greco Esopo, spiega le caratteristiche della favola.
La favola conta per il suo contenuto, per la sua saggezza e perché permette
di dire indirettamente ciò che in certe condizioni non sarebbe facile dire
apertamente.
Verranno lette e commentate alcune favole di Fedro.
Le favole nel Medioevo
Alla materia di Fedro si aggiungono, nel Medioevo, anche elementi nuovi
provenienti dalla cultura cristiana. Il fine pedagogico cristiano viene
perseguito attraverso l’uso di esempi, favole e bestiari, si insegnano i
confini tra bene e male, a distinguere le virtù dai vizi; gli animali diventano
uno specchio della realtà. Molte favole ritornano nei testi attraverso i secoli
come la farfalla che brucia al fuoco della luce.
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Nelle favole medievali, oltre al tema religioso dei bestiari latini e volgari,
si innesta il tema dell’amore cortese; gli animali diventano emblemi
dell’amore divino.
Un esempio medievale lo ritroviamo nelle prediche di S. Bernardino da
Siena, nelle quali sono inserite favole e novelle esemplari di modo che il
proprio uditorio popolare possa accedere ad una teologia che è
l’indispensabile fondamento di un governo civile. Egli addita peccati e
rimedi ma è consapevole che oltre ad un certo limite non è possibile
modificare la sorte delle vittime, la società ha proprie regole inevitabili, la
chiesa deve giudicare atti e intenzioni ma non può sperare nel mutamento
terreno delle cose. Il genere della favola nel medioevo si esprime
ugualmente in prosa come in poesia senza che i vari autori scelgano un
genere prediletto.
Verranno lette e commentate alcune favole di Francesco Petrarca e
Bernardino da Siena.
Le favole nel periodo dell’Umanesimo
La differenza con le favole e gli apologhi precedenti si esprime, con
l’Umanesimo, nella grande cultura che tracima da questi brani. La scelta di
questo genere esprime un elogio alla densità e alla brevità, si perde quel
carattere popolare che aveva la favola degli oratori medievali e diviene
esempio dell’acume di pensatori e filosofi, fini ragionamenti da esibire
nelle corti e nelle cancellerie italiane. Spiccano gli apologhi di Leon
Battista Alberti, scritti in latino, a volte però troppo oscuri per divenire
popolari. 7
Interessantissime sono inoltre le favole di Leonardo, nelle quali mostra
tutto il suo interesse per il linguaggio degli animali e della natura, unendo
immaginazione visionaria e fonti letterarie con l’osservazione diretta.
Verranno lette e commentate alcune favole di Leon Battista Alberti e di
Leonardo da Vinci.
Le favole del periodo rinascimentale
Rispetto alle favole del periodo precedente, principalmente scritte in latino,
lingua più erudita ma riservata ad un esiguo numero di persone, si impone
la lingua italiana, inoltre, questi componimenti vengono pubblicati in
raccolte unite da una cornice, sul modello del Decameron del Boccaccio.
Il tono di questi componimenti è spesso pungente e sarcastico, dalla
positiva esemplarità medievale si passa alla complessità e contraddittorietà
dell’esistenza che le favole volevano rispecchiare. Una profonda
disillusione esistenziale che sorregge la primaria necessità di
sopravvivenza. Vengono sostenute le virtù di prudenza e dissimulazione,
un amaro realismo politico e religioso scaturito dalla ragione di stato.
Verranno lette e commentate alcune favole di Ludovico Ariosto, Pietro
Aretino, Agnolo Firenzuola, Giordano Bruno.
Le favole del Seicento e del Settecento
Nel Seicento la fiaba riprende un moralismo rassicurante, pieno di luoghi
comuni, ma il Seicento è anche il secolo di Jean de La Fontaine (1621-
1696), quest’autore non inventò nuove fiabe ma trasformò in poesia quelle
esistenti. Infatti i favolisti del Seicento e del Settecento scrivono più
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frequentemente in poesia e meno in prosa. Riguardo a La Fontaine si
evidenzierà lo scontro fra antichi e moderni e il suo sostegno alla causa
degli antichi e della favola in poesia contro i rappresentati della favola
fiabesca moderna, sostenuti principalmente da Charles Perrault. Questo
dibattito sulla fiaba coinvolgerà anche i nostri Muratori e Vico, che
concedono a La Fontaine il merito di avere portato alla rinascita il genere
della fiaba.
La favola del Settecento è caratterizzata da varietà, fantasia, efficace
concisione, sostenuta dalla leggerezza intellettuale degli illuministi.
Scrivere favole è diventata una moda sociale e letteraria e la stessa società
che ne apprezza le caratteristiche è il principale oggetto di critica, la
mondanità che viene canzonata richiede sempre più favole spiritose.
Questa moda per la cultura italiana rappresenta anche un modo per
mantenere i rapporti con i più avanzati centri letterari d’Europa.
Anche i soggetti della favola modificano il loro rapporto con la storia, gli
animali sono sempre protagonisti, ma sono molto più lontani dalla vita
concreta, sono soggetti letterari, infatti gli autori attingono dalla letteratura,
e non prendono spunto all’osservazione concreta.
Verranno lette e commentate alcune favole di Giovan Battista Marino,
Emanuele Tesauro, Gasparo Gozzi e Jean de La Fontaine.
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