vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
REPUBBLICA DEMOCRATICA
pienamente l’autonomia morale degli individui, ossia la loro libera attività di sviluppo delle energie
interiori.
Riprendendo il principio della divisione dei poteri di Montesquieu – il cui pensiero politico
aveva ricevuto larga diffusione nella Germania illuministica – Bergk si fa sostenitore di un criterio
giuridico-politico, condiviso da liberali e da giacobini insieme, asserendo che << in una
costituzione morale la separazione dei poteri è un dovere >>.
Tale separazione fra i poteri dello Stato si configura, dunque, come il principio fondamentale
introdotto dalla costituzione, la quale – al preciso fine << di soddisfare le pretese della saggezza
politica >> o teoria dei doveri – deve presentare le medesime qualità che caratterizzano il
diritto, prime fra tutte l’universalità, la necessità, il disinteresse, la libertà e la reciprocità.
Tant’è vero che l’esercizio del diritto deve essere universale, e ciò non può avvenire che per
mezzo di leggi astratte: pertanto, si pone la necessità di creare un potere legislativo. Inoltre,
l’applicazione dei principi giuridici deve essere disinteressata, ossia imparziale, nel senso che le
massime del diritto devono venire emesse in base a leggi date: perciò, si richiede la presenza di un
potere giudiziario.
L’attuazione del diritto, poi, deve essere necessaria, e ciò presuppone l’operare di un potere
esecutivo.
RIVOLTA – INSURREZIONE - RIVOLUZIONE OPPURE LA
RIVOLUZIONE IN BERGK
Bergk attribuisce al concetto di rivoluzione: la rivolta, l'insurrezione e la rivoluzione vera e
propria. La differenza fra di esse, risiede nel diverso numero dei soggetti politici che vi prendono
parte e nel diverso fine pratico che la caratterizza
La rivolta è l'opposizione della minoranza dei cittadini a disposizioni legislative non eque o
all'ingiunto esercizio dei poteri esecutivo e giudiziario, la rivolta viene risolta da Bergk assolvendo
il dovere di emigrazione della minoranza da uno Stato non più giusto.
L'insurrezione, a differenza della rivolta, è costruita come categoria morale e legale insieme
proprio perché adeguata a quelle forme giuridico-razionali che la Costituzione è tenuta ad
introdurre nello Stato.
Se lo Stato viola i diritti inalienabili dei cittadini, l'insurrezione viene costruita da Bergk come
il dovere morale della maggioranza di sollevarsi contro istituzioni politiche che mettono in pericolo
le condizioni di esistenza della società civile.
Il fine che caratterizza l'insurrezione non è tanto la trasformazione della struttura costituzionale
dello Stato, quanto piuttosto il ricambio forzato del ceto dei funzionari pubblici.
L'insurrezione presenta carattere giuridico in quanto regolata dall'idea del contratto sociale nella
condizione politica.
La rivoluzione comporta un sovvertimento radicale dell'ordine politico e si manifesta in un
totale mutamento della costituzione e delle persone che la applicano: essa non si limita al ricambio
forzato dei funzionari, ma mira al capovolgimento della struttura costituzionale ad opera
dell'intero popolo sovrano, o soltanto nella maggioranza di esso che sia stata lesa nei suoi diritti
inalienabili.
La rivoluzione ravvisa le sue cause scatenanti in circostanze esterne fra le quali l’oppressione,
il maltrattamento e lo scherno dei diritti umani, tuttavia ad esse deve accompagnarsi una ricettività
interiore, ossia la capacità di discernere il giusto dall'ingiusto, che l'essere umano acquisisce
raggiungendo il grado morale massimo.
La rivoluzione viene configurata come il dovere morale di restaurare la condizione di universale
validità del diritto mediante il radicale rinnovamento dello stato. L'idea esemplificata dal patto
fondativo prevede che il contratto sociale possa durare soltanto fino a che il cittadino lo riconosca
come giusto.
Modificare i principi di un'antica costituzione o costituirne una nuova su principi diversi è per
Bergk l'autentico scopo morale di una rivoluzione, così, perseguendo un fine morale, la rivoluzione
riceve una legittimazione prettamente morale. La rottura rivoluzionaria costituisce per Bergk
l'unica via per salvaguardare il diffondersi dell'illuminismo morale dagli abusi di un potere politico
tendenzialmente corrotto.
Nel giudizio di Bergk la rivoluzione francese segna l'avvento di quel regno della libertà che può
concretizzarsi solo quando l'uomo senta la necessità morale di rispettare nell'altro il suo "secondo
io".
ENTIA PHYSICA ED ENTIA MORALIA
Per Pufendorf è molto importante dal punto di vista filosofico la distinzione tra piano
naturale e morale ovvero tra “Entia physica e entia moralia.”
Egli, infatti, per primo spezza l’intima corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo,
vale a dire la sfera dell’agire sociale rispetto a quella dell’ordine della natura.
L’Entia moralia, non è altro che una vera e propria sfera di valori culturali che è
autonoma rispetto a quella del cosmo naturale, cioè della natura.
La sfera del mondo fisico ( Entia Phisica ) si pone in un rapporto di distinzione, ma al
tempo stesso di reciproco condizionamento rispetto agli enti morali ( Entia moralia ).
Gli Enti morali ( entia moralia ) si presentano come regole di condotta che apportano
una serie di limiti al comportamento umano. Infatti, un’azione umana diventa morale in
quanto subisce il limite, una direttiva, il freno di una regola che coincide con ciò che si
definisce Ente morale. “La Morale” coincide con quello che noi oggi preferiamo
chiamare con il termine moderno di “Valore”.
Gli Enti morali non sono altro che una struttura nodale e importante che perfeziona e
influenza la sostanza fisica ( Entia physica ). Gli Entia moralia si sovrappongono alle entità
fisiche e permettono alla vita di ricevere particolare ordine e decoro.
Per Pufendorf gli entia moralia vengono conferiti da un atto divino e conferiscono valore
ad un ente già dato e fisicamente perfetto. Questo dono dall’alto viene chiamato da
Pufendorf come “Impositio” – imposizione-. Quindi gli enti morali si configurano come
superimposti dal Creatore e costituiscono una misura e una guida al libero esercizio della
volontà dell’uomo.
Pufendorf opera una quadri partizione degli enti morali, ossia in:
in persona
in status
in qualità
in quantità
Per quanto concerne la “Persona” essa è la persona, intesa, in senso materiale che
esercita i suoi movimenti nello spazio. Però la persona deve essere dotata di uno “Status”.
Senza status non esiste una persona morale. Si tratta di una situazione analoga agli enti
fisici. Come gli enti fisici si pongono in relazione allo spazio e al tempo, così le persone si
collocano rispetto allo status.
Lo status di natura accompagna l’uomo fin dal momento della nascita, per immediata
determinazione divina. Quindi lo status non è altro che la condizione in cui si trova l’uomo
come essere morale, posto dalla divinità.
In esso l’uomo è tenuto all’osservanza delle leggi naturali. E’ cioè: “ TITOLARE DI DIRITTI E
”.
DOVERI
L’ems morale “stato di natura”, descrive la condizione di libertà ed indipendenza
naturale dell’uomo in un contesto sociale. In tale categoria vanno compresi gli enti morali
quali: la famiglia, la proprietà, la società civile, il governo.
Accanto allo status e allo persona abbiamo gli altri due termini della quadripartizione
pufendorfiana e che sono le qualità e le quantità morali. Queste sono delle vere e
proprie qualificazioni morali autonome. Le qualità morali sono dei semplici attributi che
modificano moralmente un soggetto.
Le qualità possono anche essere operative di cui le più importanti sono: il potere, il
diritto e l’obbligazione.
La quantità morali non sono altro, che dei modi di estimazione con cui le persone e le
cose vengono rese capaci di maggiore o minore stima.
RAPPORTO DIRITTO – DOVERE NEI 3 AUTORI
Per Klein si chiama dovere la necessità morale di fare, tollerare e omettere qualcosa, ed
agire in base a questo principio significa soddisfare il proprio impulso razionale, mentre il
dovere ottenuto con la forza si dice coercitivo a cui è inevitabilmente legato un diritto di
autodifesa. Per Klein il diritto non è altro che la conseguenza del dovere, il cui
adempimento richiede l’uso della ragione.
Infatti, per Klein la libertà è il potere di assolvere i propri doveri mediante l’uso della
ragione. In virtù di queste leggi e secondo il principio di Neminem Leadere ( l’essenza dei
doveri sociali e aver rispetto del benessere altrui ), la ragione frena i desideri.
Bergk, al binomio obbligo-coazione sostituisce quello di dovere-diritto . L’essere umano
è pensato come una creatura appartenente a 2 mondi, quello moral-razionale e quello
sensibile, e quindi sottoposto alle leggi della casualità morale e alla libertà, ed è la ragione
umana a farvi da ponte di collegamento.
Infatti dalla ragione che detiene la sovranità su tutte le altre manifestazione dello spirito
umano nasce il concetto di dovere, che consiste nella necessaria sottoposizione del
desiderio alla ragione pratica.
Il diritto scaturisce dalla conformità del dovere all’imperativo razionale. Nella filosofia
berghiana il diritto esterno oggettivo funge da parametro moral razionale in base al quale
deve orientarsi il comportamento sociale degli individui sia nel vantare diritti sia
nell’adempiere ai doveri.
Il diritto soggettivo si identifica con tutto ciò che si adegua alla legge della ragion pratica,
cioè il comando del diritto esterno oggettivo che si configura come criterio razionale
limitativo dell’interagire dei diritti soggettivi, ma qui entra in gioco un legislatore più alto:
la coscienza dinanzi alla quale nulla è moralmente indifferente.
La natura del diritto soggettivo consiste nella tensione al soddisfacimento del proprio
impulso egoistico, caratterizzandosi come lecita aspirazione all’appagamento dei desideri
individuali.
Bergk suddivide i diritti soggettivi in alienabili ed inalienabili. I primi, possono essere
trasferiti agli altri, i secondi, sono quelli la cui non utilizzazione sarebbe contraria al dovere
e perché sono quelle facoltà per mezzo del quale l’uomo interagisce con il mondo.
Essi, circoscrivono la possibilità di agire al di fuori di sé, ed è proprio a causa della loro
fun