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Un primo momento in cui la densità di una città tende a decrescere è determinata da numerosi
fattori storici: generalmente si rintraccia sempre una fase transitoria in cui si vanno a costruire
grandi industrie, chiese o in generali edifici di grandi dimensioni che non possono più trovare
spazio all’interno delle mura cittadine. Così facendo si creavano nuove centralità attorno alle quali
si andava a edificare in maniera incontrollata.
Questa tendenza nel corso della storia è stata una mossa a volte necessaria per contrastare
l’altissima densità che le città avevano raggiunto, come ad esempio sul finire del 1800.
Ciò avveniva per più motivi, fondamentalmente le città ruotavano attorno ad un elemento chiave,
come poteva essere un porto sicuro, un fiume, una strada fondamentale per le tratte commerciali;
era diretta conseguenza la tendenza a cercare un’abitazione in un luogo immediatamente nelle
vicinanze di quei luoghi che rappresentavo fonte di lavoro e quindi guadagno, dato che all’epoca
gli spostamenti per le classi più umili avvenivano solo a piedi.
Le città iniziarono ad espandersi solo quando la mancanza di spazio per attività urbane essenziali
divennero veramente intollerabili. I primi a fuggire la malasanità e lo squallore cittadino furono i più
benestanti che iniziarono ad acquistare terreni immersi nel verde all’esterno del nucleo cittadino,
andando poi a costruire tenute che richiedevano una notevole manodopera e forza lavoro che,
necessariamente, andava a stabilirsi nelle immediate vicinanze in maniera sparsa.
Un periodo significativo in cui le città iniziarono a svuotarsi con maggior frequenza si può
identificare, come già accennato, nei primi decenni dell’800, anni in cui anche le classi sociali più
povere, nel pieno del boom economico, poterono permettersi di trasferirsi all’esterno della città e,
grazie all’avvento e affermazione della ferrovia, poterono affrontare i viaggi verso i luoghi di lavoro
a prezzi contenuti. Potremmo quindi identificare come questo il momento in cui i cittadini iniziarono
a disperdersi, ovvero quello in cui le città raggiungono la loro maturità economica. Basti portare
l’esempio di Londra, la cui area suburbana nel decennio tra il 1920 ed il 1930 crebbe di oltre il
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200%.
A favorire ulteriormente lo sprawl in quegli anni vi fu l’avvento dell’automobile, la creazione di veri e
propri quartieri commerciali esterni alla città, come a Detroit, dove i 3/4 dei negozi erano esterni al
“core” cittadino. In particolar modo la questione inerente all’automobile rimarrà una costante in
tutte le discussioni inerenti allo sprawl. Lo sprawl porta alla dipendenza dall’automobile che porta a
sua volta ad un traffico maggiore, maggior inquinamento e consumo di energie non rinnovabili.
Il periodo post seconda guerra mondiale intaccò in maniera differente le città europee e
americane. In America lo sprawl continuò ad essere costante e sull’onda di un generale benessere
le aree suburbane delle grandi metropoli crebbero a dismisura: ne è esempio l’area esterna di Los
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Angeles che passò da 4 a 8 milioni di abitanti. In Europa la situazione fu differente, almeno in un
primo momento, si cercò di ridare vita a quei centri urbani distrutti e lacerati dalla guerra.
Lo sprawl americano fu fortemente favorito dalla nascita dei centri commerciali; ci si rese conto
tardi dell’inadeguatezza dei vecchi “retail shop” presenti all’interno della città, mai rinnovati e non
allo stesso livello del range di prodotti e offerte che poteva garantire un centro commerciale.
1 Robert Bruegmann, Sprawl: A Compact History, p.32
2 Rolf Pendall, Mai Nguyen, Alicia Harrison, Who Sprawls most? How Growth Patterns differ across the U.S, Survey series, 2001 1
Ciò porto ad una progressiva crisi economica, visibile tutt’oggi, che si concretizzò nell’abbandono
degli edifici nel centro cittadino che venivano, poi, demoliti in un secondo momento. Questo ebbe
l’effetto di ridurre notevolmente i prezzi delle abitazioni; sull’onda di questa situazione si cercò di
promuovere il “Back to the City”. Il piano si realizzò in parte poiché vi fu certamente un flusso
importante (anche dato dagli immigrati) che ripopolò i centri città, ma le nuove famiglie
necessitavano di ampliare quelle abitazioni datate per sopperire alle nuove esigenze che si
andavano formando; fu conseguenza naturale l’aumento per dimensione delle case e nuovamente
un calo notevole della densità urbana.
Si continuò quindi ad avere uno sprawl sregolato, che portò negli anni ’60/’70 del novecento alla
nascita delle “megalopoli”, termine coniato dal geografo Jean Gottman per descrivere le vaste
multi centriche realtà del nord-est americano.
Dal 1970 in poi le città in tutto il mondo crebbero in maniera esponenziale, solamente in Cina più di
30 città superarono il milione di abitanti e le aree di Mexico City e New York City superarono i 20
milioni di abitanti. Lo sprawl diventa realtà concreta, che copre vasti territori in cui s’intrecciano
autostrade (elemento chiave; si preferisce l’auto ai mezzi pubblici), aeroporti e in cui si uniscono
entità urbane prima separate.
La necessità di spazi delle nuove industrie e degli uffici portò allo spostamento verso l’esterno dei
posti di lavoro. La città si trasforma, da industriale diventa città di servizi. Gli stabilimenti produttivi
presenti nei centri urbani si decentrano in aree periferiche o lungo i principali snodi di
comunicazione in maniera totalmente confusa e disordinata.
Bisogna osservare però che dopo un iniziale periodo di abbandono del vecchio nucleo cittadino
crebbe una sorta di “nostalgia” dei centri storici che così iniziarono lentamente a riprendere vita
con la nascita di nuovi negozi, la pulitura delle facciate degli edifici e la conservazione dei
“landmark”. Così come nell’epoca precedente il benessere generale e la disponibilità economica
aveva portato i cittadini dal centro verso la periferia, così adesso con un rinnovato interesse verso
il centro da parte degli investitori, i cittadini si riprendevano i loro vecchi spazi. Questo anche
grazie ad una diminuzione in traffico, inquinamento e congestioni stradali, elementi favoriti da una
diminuzione della densità abitativa. “Negli ultimi 20 anni grazie ad una politica di
mercato libero ed una pianificazione improntata sul
lassez-faire , le aree costruite in Inghilterra sono
raddoppiate permettendo la costruzione di 400.000
metri quadrati di centri commerciali fuori città. ”
Sir Richard Rogers
Nonostante questo progressivo riappropriarsi dei vecchi edifici non si è stati in grado di fermare lo
sprawl, ciò è anche dovuto alla continua crescita della popolazione mondiale. Piuttosto ci si può
chiedere quanto velocemente lo sprawl si realizzi in relazione anche allo spazio pro capite per
abitante. Basti ad esempio vedere il caso di Chicago, area in cui la popolazione è cresciuta
solamente del 4% negli anni tra il 1980 ed il 1990, mentre le nuove aree urbanizzate del 46%, ciò
dovuto non solo alle esigenze abitative dei cittadini ma anche a quelle in ambito lavorativo.
Altra tendenza che è andata a rafforzare lo sprawl urbano è stata la perdita di forza di elementi
cardine della società come scuole, biblioteche, chiese e municipi. Questi nell’organizzazione di una
città venivano messi in punti focali in modo tale da poter essere facilmente raggiunti da tutti, anche
a piedi; ad oggi invece queste istituzioni sono più somiglianti ai centri commerciali, sparpagliati
senza criterio nel territorio, corredati da ampi parcheggi e capaci di fornire servizi di trasporto con
autobus e navette. 2
“Un uomo che viaggia a piedi in questo paese è
considerato una sorta di uomo selvaggio, che è
compatito ed evitato da tutti.” 3
Karl Moritz
La tendenza ad isolarsi della società viene ancor più estremizzata con la nascita della cosiddetta
”exurbia”, definito dagli studiosi come la rinascita dell’area rurale. Questa consta nello
spostamento di cittadini in aree ancor più esterne di quelle suburbane, immerse nella natura, aree
che precedentemente venivano considerate solamente per abitazioni estive o in cui ritirarsi il
weekend. Anche qui, come nelle aree suburbane, si va a costruire in maniera sfrenata e non
necessaria andando a realizzare interi quartieri di anonime case a schiera e deturpando
completamente il verde. Questo ulteriore allontanamento è stato favorito da molti fattori, in
particolare dall’evoluzione della macchina (per cui si costruiscono sempre più autostrade) e da
quella di Internet, che permette di connettersi col mondo intero da qualsiasi luogo.
Susseguentemente a questo studio siamo in grado di identificare alcune cause ricorrenti dello
sprawl: innanzitutto economiche dettate da uno sregolato sistema capitalistico, tecnologiche in
seconda istanza, che hanno portato la necessità di creare nuovi spazi (in ambito industriale) o
hanno permesso di rimanere connessi col mondo esterno anche in luoghi isolati (internet e nuovi
sistemi trasporti). A queste si può aggiungere anche una motivazione sociale e razziale (in
particolar modo per quanto riguarda gli Stati Uniti); verificatasi negli anni ’50/’60 dello scorso
secolo, si ebbe quello che viene definito “razzismo istituzionale”, ovvero le aziende modificavano i
prezzi di vendita per impedire a persone di un determinato ceto/razza di vivere in specifiche aree.
Ciò porto alla formazione di interi quartieri caratterizzati dalla presenza forte di poche etnie
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(bastino osservare i quartieri di China Town o Little Italy come esempio) . Questo portò molte
famiglie benestanti ad abbandonare quartieri che non gli appartenevano più per migrare verso la
campagna.
Conseguenze ed esperienze europee_
In linea di massima le conseguenze che porta con se lo sprawl non sono positive, però è
certamente comprensibile la tendenza dei cittadini ad allontanarsi dai centri urbani, andando a
ricercare una maggiore privacy ed un minore inquinamento acustico e dell’aria.
D’altro canto, facendo delle ipotesi, possiamo affermare che lo sprawl avrà ripercussioni sui
cambiamenti climatici (dovuto ad un eccessivo uso di energia e conseguente rilascio di Co2), a
lungo termine sulla sovrappopolazione e sulla conseguente maggiore richiesta di cibo e acqua.
Ovviamente a ciò è strettamente connesso un eccessivo uso del suolo che sta portando
inevitabilmente alla deturpazione