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ESERCITAZIONE ANTROPOLOGIA DI GENERE
Yuval Noah Harari è uno storico israeliano, una delle sue opere più importanti è "Sapiens, da animali a dèi" in cui analizza l'intero sviluppo della storia umana, dall'Età della pietra fino alla rivoluzione tecnologica del XXI secolo. Harari racconta il cammino della nostra specie, la quale ha subito un cambiamento fondamentale a partire da settantamila anni fa. Fu l'epoca in cui si è verificata la rivoluzione cognitiva che ha trasformato l'essere umano, un animale di nessuna importanza, in un conquistatore che ha dominato la Terra. Per rivoluzione cognitiva si intende la comparsa di nuovi modi di pensare e comunicare, i quali permisero all'uomo di abbandonare la primordiale condizione animalesca. Questo sconvolgimento cognitivo fu il probabile risultato di una mutazione genetica del cervello umano e consentì al Sapiens di elaborare concetti astratti che lo portarono a...
creare il linguaggio e, col passare dei millenni,religioni, ideologie, concetti economici ed etici. L’elaborazione diconcetti astratti fu decisiva perché permise a gruppi enormi diuomini di coalizzarsi e di agire collettivamente, ispirati dalle religionie dalle ideologie. L’evoluzione favorì i rapporti sociali tra gli uominie permise loro di creare entità sociali sempre più vaste come tribù estati, la cui solidità si basa su miti; concetti inventati e immaginatidalla mente umana. Leggende, miti, dei e religioni ci hannoconsentito non solo di immaginare le cose, ma di farlocollettivamente. Questi miti, come ad esempio la storia biblica dellacreazione, conferiscono agli individui la capacità di cooperare inmaniera flessibile. Dopo la rivoluzione agricola, le società umanediventarono sempre più complesse e di conseguenza i costruttidell’immaginazione si fecero anch’essi molto più elaborati.
Miti e finzioni condivisi tra grandi numeri di individui crearono legami tra le persone, dato che permisero a milioni di estranei di cooperare efficacemente. Questo sistema porta alla nascita della cultura. Ogni cultura, afferma Harari, ha le proprie credenze, le proprie norme e i propri valori, che sono in continuo flusso. Ogni ordine costruito dall'uomo è pieno di contraddizioni interne, di conseguenza le culture cercano di conciliare tali contradizioni, alimentando di conseguenza il cambiamento. Harari credeva che ciò che spinge l'umanità verso l'evoluzione fossero proprio le differenze. Per spiegare questo concetto, prende come esempio l'ordine politico moderno, il quale pone come valori universali sia l'eguaglianza sia la libertà individuale. "Tali valori però si contraddicono a vicenda", scrive Harari, "l'eguaglianza può essere assicurata solo decurtando le libertà di coloro che stanno meglio".
L'intera storia politica che segue il XVIII secolo è stata caratterizzata da una serie di tentativi per risolvere tale contraddizione. Il contrasto interno dei nostri ideali, i valori e i pensieri ci costringe a riconsiderare le cose, a riflettere e a criticare. Questa caratteristica, intrinseca all'essere umano, si chiama dissonanza cognitiva, ed è fondamentale per l'uomo perché aiuta a mantenere e a sviluppare le culture. Un antropologo molto importante che focalizza il suo lavoro sullo studio delle culture e delle civiltà è Claude Lévi-Strauss. Nel suo libro "Razza e Storia", si pone il problema della diversità delle culture umane, il quale è strettamente collegato alla questione delle disuguaglianze razziali. "Razza e Storia" nasce a seguito di una iniziativa dell'Unesco, per scardinare i pregiudizi razziali. Illustrando l'ambiguità dei concetti come il progresso, laciviltà el’etnocentrismo denuncia i pregiudizi fondati sull’assunto che alcuni gruppi etnici di uomini sono superiori ad altri. Lévi-Strauss spiega che i gruppi etnici che compongono l’umanità abbiano creato, in quanto tali, contributi specifici al patrimonio comune. Il contributo non è stato dato da costruzioni anatomiche differenti o da strutture biologiche, ma è dipeso da circostanze geografiche e sociologiche. Ogni società, dal proprio punto di vista, può suddividere la cultura in tre categorie: quelle che sono contemporanee, ma che si trovano situate in un altro punto del globo, quelle che si sono manifestate approssimativamente nello stesso spazio ma che l’hanno preceduta nel tempo, quelle che sono esistite sia in un tempo anteriore sia in uno spazio diverso da quello in cui essa si colloca. La varietà delle culture, afferma l’autore, è un fatto normale e inevitabile, proprio perché queste si.affermano in luoghi e tempi diversi. Anzi, anche quando si tratta di culture vicine nel tempo e nello spazio che entrano in contatto e stabiliscono tra loro degli scambi, agiscono sempre delle forze che spingono ciascuna cultura a mantenere una propria identità che la differenzia dalle altre. Nessuna cultura è sola, ogni cultura è sempre in coalizione con altre culture. L'unica fatalità che possa affliggere un gruppo umano e impedirgli di realizzare in pieno la propria natura è quello di essere solo. La civiltà mondiale non può essere altro che la coalizione, su scala mondiale, di culture, ognuna delle quali preservi la propria originalità. Su questo argomento il pensiero di Yuval Noah Harari differisce leggermente, afferma naturalmente che una cultura è in grado di trasformarsi in risposta ai cambiamenti dell'ambiente o attraverso l'interazione con culture limitrofe. Neppure una cultura completamente isolata che sitrovi in un ambiente ecologicamente stabile può evitare il cambiamento. Però, per Harari non ci sono culture autentiche, perché tutte sono collegate strettamente e si influenzano in una miriade di modi. Inoltre, Harari pensa che la storia abbia una direzione, infatti afferma "Diventa chiaro in modo cristallino che la storia si sta muovendo senza posa verso l'unità." Spiega come nel corso dei millenni, certe culture si sono agglomerate in civiltà più articolate cosicché nel mondo si è formato un numero via via minore di megaculture, ciascuna delle quali è diventata più grande e complessa. Questa posizione di Harari è in contrasto con il pensiero di Lévi-Strauss. Per quest'ultimo, il conseguimento, da parte di tutte le società esistenti, di un medesimo e massimo grado di progresso, in cui tutte le culture si troverebbero unite in un'unica civiltà, si tratta di.un'idea alquanto schematica, rispetto alla quale viene generalmente definito il supposto grado di avanzamento e progresso di ciascuna razza, società e cultura. Non esiste, non potrà esistere, una civiltà mondiale nel senso assoluto, poiché la civiltà implica la coesistenza di culture che presentino tra loro la massima diversità e consiste persino in tale coesistenza. La civiltà mondiale non può essere altro che la coalizione, su scala mondiale, di culture ognuna della quali preservi la propria originalità e diversità. Nonostante la diversità tra culture sia un fenomeno naturale, continua a essere considerata come una sorta di "scandalo" che si deve in qualche modo giustificare. L'atteggiamento più frequente è quello noto come etnocentrismo che consiste nel ritenere la propria cultura come superiore e nel considerare gli altri "barbari" o "selvaggi". Harariribadisce il concetto affermando che Homosapiens è progredito pensando che la gente si è evoluta in "noi" e "loro". "Noi" si riferiva al gruppo delle immediate vicinanze, mentre "loro" era riferito a tutti gli altri. Per rendere conto di tale diversità, allora, l'uomo moderno ha dato vita a quello che Lévi-Strauss definisce un falso evoluzionismo: le culture che hanno preceduto nel tempo quelle più avanzate, e che sono rimaste arretrate dal punto di vista tecnologico, sono ritenute.