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CAMPIONE

Figura 1.6 – Tipi di segnali generati dall’interazione tra elettroni e campione

Se si considera quindi, un qualsiasi punto del campione questo, in seguito

all’interazione con il fascio, emette tutta una serie di segnali dati dagli elettroni

secondari, retrodiffusi, dai raggi X e dagli elettroni Auger, che vengono

immediatamente raccolti da un apposito rilevatore, analizzati, interpretati e infine

visualizzati in maniera digitale su di uno schermo.

Non bisogna dimenticare poi, che la qualità dell’immagine è sempre influenzata

dalla profondità di campo e dalla profondità di fuoco. La profondità di campo è la

distanza lungo l’asse delle lenti nel piano dell’oggetto, in cui un’immagine può

essere messa a fuoco senza perdita di chiarezza. La profondità di fuoco, simile

alla profondità di campo, è la distanza lungo l’asse del piano dell’immagine che

risulta a fuoco; è quindi la dimensione dall’area che risulta contemporaneamente a

fuoco attorno all’asse. Entrambe le profondità risultano, nel SEM, notevolmente

elevate, e permettono quindi di ottenere immagini ad ingrandimenti elevatissimi

senza distorcerne minimante la loro risoluzione.

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2. IL SEM IN ARCHEOZOOLOGIA

Negli ultimi 30 anni la comparsa di nuove tecnologie, ed in particolare del

microscopio elettronico a scansione (SEM), ha aperto nuovi orizzonti nello studio

dei materiali di natura archeologica.

Fin dai primi anni ’80 infatti, molti studiosi sottolineavano l’insufficienza data

dallo stereomicroscopio nell’individuazione di alcune particolari tracce sulle

superfici ossee. Solo attraverso un attento esame al SEM si è riusciti,oggi, a

distinguere con una certa sicurezza quelle che sono le tracce lasciate su una

superficie ossea dall’azione di uno strumento litico o metallico, da quelle lasciate

da altri agenti tafonomici, come denti di piccoli carnivori o particelle abrasive

presenti nel sedimento inglobante.

Tali possibilità di riconoscimento risultano di fondamentale importanza in quanto,

l’identificazione di tracce di macellazione è essenziale per l’interpretazione di

determinati siti, soprattutto preistorici, o di materiali in essi scoperti, e per la

ricostruzione di alcuni aspetti del comportamento umano. Esemplificando alcune

delle situazioni in cui l’identificazione delle tracce risulta fondamentale, possiamo

dire che:

- può risolvere questioni in merito ad eventuali associazioni tra

manufatti o reperti (soprattutto litici o riferibili ad ominidi) e resti

faunistici;

- situazioni in cui, per mancanza o dubbia interpretazione di altra

documentazione, come resti umani o industria litica, la presenza umana in

un determinato sito e in una precisa fase cronologica viene messa in seria

discussione;

- o anche, situazioni in cui la presenza o piuttosto l’assenza di tracce

di macellazione può dimostrare un interessamento o un disinteressamento

da parte dell’uomo per determinate specie, o un suo diretto intervento

nell’accumulo di resti ossei in un particolare sito.

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L’osservazione al microscopio a scansione elettronica permette, quindi, di

analizzare dettagli morfologici altrimenti invisibili sia ad occhio nudo che con lo

stereomicroscopio. 2.1 – Tracce da strumento litico su un osso di bue

Ai numerosi vantaggi che propone il SEM, fa da contraltare un inconveniente

derivante dalle caratteristiche strettamente funzionali dello strumento: il

campione, infatti, deve necessariamente essere di dimensioni contenute

contenute, visto che

nella

la camera di osservazione (camera del campione,

campione , con postazione porta

campione dell’ordine di alcuni centimetri) viene a formarsi il vuoto. Per ovviare a

questo problema, e per evitare anche un contatto diretto sia con una situazione di

vuoto, sia direttamente tra il fascio di elettroni prodotto dal SEM ed il campione

campione,

il quale potrebbe causare danni materiali al campione stesso,

stesso , vengono solitamente

allestite delle repliche delle superfici da esaminare. Grazie all’impiego di

elastomeri e di resine

ine a elevato dettaglio, si possono oggi ottenere delle repliche

fedelissime solo della zona interessata all’analisi, in cui la corrispondenza con le

strutture originarie giunge a particolari di dimensioni inferiori a 1 µm.

Uno deicampi in cui l’utilizzo del

d el SEM si è rivelato fondamentale è lo studio dei

gusci di uova. Solitamente,

Solitamente

, il rinvenimento in contesti archeologici dei gusci di

uova è poco frequente; questo perché, in genere, oltre agli enormi problemi dati

dalla riconoscibilità e dal recupero degli stessi in un sito archeologico, i gusci si

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presentano in uno stato altamente frammentario. Tale stato viene influenzato

anche, da fattori post-deposizionali di carattere chimico e fisico, che ne

determinano fortemente il grado di conservazione.

Nel momento in cui i gusci siano comunque stati ritrovati e recuperati,sorgono

deiproblemi in relazione alla sua identificazione. Tutte le caratteristiche

macroscopiche, come dimensione, forma e colore, tendono infatti a non

sopravvivere nel deposito archeologico, proprio a causa di quei fattori post-

deposizionali che ne compromettono la conservazione.

Studi specifici sulla microstruttura dei gusci di uova ha permesso, attraverso

l’utilizzo del SEM, di indagare campi di applicazione fino ad allora inesplorati. Si

è scoperto infatti, che i gusci delle uova sono composti da una parte organica e

una inorganica, e che la loro microstruttura interna differisce morfologicamente da

specie a specie. L’analisi al SEM di queste microstrutture fornisce informazioni

utili circa l’identificazione della specie di appartenenza e permette,quindi, di poter

ricostruire l’economia, l’ambiente e in molti casi le pratiche cultuali, del contesto

archeologico da cui essi provengono.

2.1 Lo studio delle tracce

Come già precedentemente detto, il microscopio a scansione elettronico è oggi

utilizzato in numerosi campi; quello che ha fornito più frutti però, rimanendo

sempre nell’ambito dell’archeozoologia, è il suo utilizzo nello studio delle tracce

sui reperti, ed in particolare sui reperti ossei.

Infatti, una volta recuperato e trasportato in laboratorio un reperto osseo animale,

il primo passo da effettuare è la determinazionedella specie, dell’età,del sesso e,

successivamente, cercare di identificare eventuali segni lasciati dai processi

tafonomici (processi chimici e fisici post-deposizionali).

Terminate tutte queste operazioni, per ricostruire un quadro più completo del

contesto archeologico in esame, i reperti ossei vengono passati al vaglio di un

microscopio ottico. L’analisi con lo stereomicroscopio, infatti, permette di

stabilire se sulle ossa siano o meno presenti delle tracce ma, tranne in casi di

eccezionale evidenza, non ci consente di stabilirese tali tracce siano imputabili ad

eventuale attività antropica o naturale. L’utilizzo del SEM,invece, avverrà solo

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dopo che si siano accertate tali condizioni, e ci permetterà quindi, di ottenere una

risposta certa in merito alla natura della traccia.

In linea generale possiamo dire che le tracce causate dall’azione dell’uomo sulle

ossa animali sono sostanzialmente dovute, oltre che alle comuni modalità di

abbattimento, anche allo sfruttamento per fini alimentari o per scopi quali la

fabbricazione di utensili, di oggetti artistici etc.

2.2 – Canini di cane e volpe utilizzati per ornamenti

Quando un animale viene ucciso, infatti, le azioni effettuate sulla carcassa nelle

diverse fasi della macellazione (scuoiamento, disarticolazione, distacco di masse

muscolari), prevedono l’ausilio di strumenti da taglio (asce, mannaie, coltelli etc.)

che lasciano solitamente tracce più o meno evidenti su diverse parti dello

scheletro.

Una certa rilevanza va data al fatto che la presenza di queste tracce è tanto

inevitabile quanto accidentale. In realtà durante la macellazione bisognerebbe

evitare, o quanto meno ridurre al minimo, il contatto tra la superficie ossea e lo

strumento da taglio (sia litico che metallico); contatti ripetuti determinano infatti

una perdita dell’affilatura e quindi della capacità di taglio dello strumento stesso.

Fatta eccezione per i tagli dei legamenti o dei tendini che risultano

particolarmente robusti, le tracce prodotte da azioni da taglioosservabili su un

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reperto osseo corrispondono quindi, ad un contatto leggero e sono normalmente

poco profonde.

La morfologia, le dimensioni e la frequenza delle tracce di azioni da taglio

dipendono poi da numerosi fattori, ma in particolare dalla natura dello strumento

utilizzato (litico o metallico) e dalla sua dimensione. Molto spesso le tracce sono

influenzate anche dalla loro localizzazione, che è strettamente connessa alla

tecnica di macellazione impiegata, la quale dipende a sua volta dalle

caratteristiche anatomiche della carcassa e da fattori strettamente culturali.

Se, ad esempio, andassimo ad analizzare più nel dettaglio i segni prodotti dagli

strumenti litici sui dei reperti ossei, ci accorgeremmo che essi sono caratterizzati

da segni corti, multipli, più o meno paralleli e con una sezione a V, all’interno

della quale si ritrovano spesso ulteriori striature parallele sempre in asse con la

linea del taglio. Facendo un raffronto con le tracce lasciate dalle lame di uno

strumento metallico, ci accorgeremmo che i segni risultano sostanzialmente simili

a quelle prodotte dallo strumento litico, sempre con una sezione a V, ma

presenteranno delle striature interne molto meno evidenti e più fini. Tale

differenza è riscontrabile solo attraverso un attenta analisi al SEM.

Inoltre, i segni prodotti dagli strumenti litici si confondono molto spesso con i

segni causati dai denti degli animali. L’attenta analisi microscopica ci fa notare

però, come i segni prodotti dai denti dei carnivori risultino più numerosi e

concentrati rispetto a quelli prodotti dall’azione di macellazione umana;

frequentemente, le tracce causate dai denti si manifestano anche come dei veri e

propri fori originati dalle cuspidi dei canini o dei premolari dei carnivori, con

internamente, la presenza di minuscoli frammenti ossei identificabili solo tramite

l’analisi microscopica. Attraverso l’identificazione del tipo di masticazione, non è

raro riuscire persino ad individuare la specie animale di appartenenza. Solitamente

sono i roditori (istrici, scoiattoli, ratti, topi etc.) i più inclini a lasciare tali tracce,

ma occasionalmente si rinvengono anche i segni distintivi di ungulati (ad esempio

le femmine usan

Dettagli
A.A. 2011-2012
33 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/08 Antropologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gianluca210983 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeozoologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof De Grossi Mazzorin Jacopo.