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Champagne (champenois) e il borgognone.
Quando il portoghese ha cominciato a differenziarsi dal galego? A seguito di
quale evento?
La separazione del portoghese dal galego iniziò nel 1093, quando i territori del galego-
portoghese furono divisi politicamente: a nord fu creata la contea di Galizia, a sud
quella di Portogallo. Con l’indipendenza del Portogallo nel 1143, le due lingue
intrapresero percorsi autonomi di sviluppo.
Si delinei brevemente la storia del francese, dal Medioevo all’età
contemporanea, evidenziando gli eventi storici che ne hanno favorito la
diffusione a partire dall’area originaria.
Il fenomeno della diffusione della lingua della regione dell’Ile de France (il francien,
franciano), irradiata da Parigi, è molto antico. A partire dalla metà del XII secolo, la
lingua dell’Ile de France ha influenzato i testi letterari e non letterari del nord. È
nell’Ottocento, tuttavia, che, in seguito all’industrializzazione, all’emigrazione interna
e alla scolarizzazione generale, il francese è penetrato capillarmente nell’uso orale di
tutto il paese. I dialetti antichi sono oggi ridotti a patois, di uso solo familiare e privi di
una norma comune. L’unico dialetto che ha una diffusione sociale abbastanza vasta è
il cosiddetto ch’timi (per c’est moi, ‘sono io’), continuazione dell’antico piccardo (nord-
est della Francia).
Si indichino le principali vicende storiche del galego nella Galizia spagnola a
partire dall’inizio del Medioevo fino ai giorni nostri.
Inizialmente parte della koinè galego-portoghese, il galego era parlato nella regione
nord-occidentale della penisola iberica. Nell’alto Medioevo questa varietà era parlata
nella regione nord occidentale della penisola iberica. Dopo la separazione politica del
1093 e la successiva indipendenza del Portogallo nel 1143, fu stabilito il confine
definitivo che separa ancora oggi le due regioni e le due lingue, sviluppandosi
separatamente. La Galizia rimase legata alla Spagna con la monarchia di Castiglia-
Leon e, dal XIII secolo, il galego perse progressivamente importanza come lingua
ufficiale e culturale, soppiantato dal castigliano. Nel XX secolo, la Galizia ottenne
autonomia (1981) e il galego fu riconosciuto come lingua ufficiale della regione nel
1983.
Si ripercorrano le tappe fondamentali della storia del catalano dal secolo XIII
all’età contemporanea.
Il catalano visse un periodo di splendore tra il XIII e il XV secolo, con centro nella corte
aragonese. Dopo l’unificazione con il regno di Castiglia (1479), lo spagnolo divenne
progressivamente la lingua ufficiale e culturale, relegando il catalano a un ruolo
marginale. Nel XIX secolo, la rinascita nazionale catalana promosse un nuovo uso della
lingua. Dopo la repressione franchista, il catalano fu riconosciuto come lingua ufficiale
nelle comunità autonome di Catalogna (1979), Comunità Valenciana (1982) e Isole
Baleari (1983).
Si spieghi che cos’è il “mozarabico”, indicando le aree e il periodo in cui si è
parlato.
Il mozarabico era una varietà linguistica romanica parlata tra il 711 e il 718 nei territori
della penisola iberica occupati dagli arabi. Mentre l’arabo era la lingua di cultura
al-caǧamîya
dominante, i dialetti romanzi locali erano chiamati (lingua straniera) dagli
scrittori arabi e, successivamente, definiti mozarabici dai filologi moderni. Questo
mustaʿrib
termine deriva dalla parola araba (suddito degli arabi). La conoscenza del
ḫarǧāt,
mozarabico è limitata a pochi documenti, tra cui le versi romanzi inseriti in
poesie arabe ed ebraiche classiche dei secoli XI e XII.
Perché il romanesco si differenzia dagli altri dialetti italiani centro-
meridionali? Il romanesco moderno si distingue dai dialetti centro-meridionali
circostanti per l’influenza del toscano, dovuta alla presenza di numerosi fiorentini a
Roma dopo il ritorno dei papi da Avignone (1420) e, ancor di più, dopo il sacco di Roma
del 1527. I documenti medievali del romanesco mostrano invece caratteristiche
tipiche delle parlate centro-meridionali, che sono state gradualmente sostituite da
elementi propri del toscano.
In che modo è concepito il cambiamento linguistico nel pensiero linguistico
classico? Il pensiero linguistico classico considerava il cambiamento linguistico come
una deviazione dalla perfezione della lingua originaria, vista come immutabile e
ideale. La scuola alessandrina, ad esempio, si dedicava allo studio e alla preservazione
dei testi antichi, giudicando superiore la lingua scritta rispetto a quella parlata. Il
cambiamento linguistico era percepito come una corruzione da combattere. Questo
approccio è durato per secoli, ma oggi è stato superato: il linguista contemporaneo
John Lyons lo ha definito "classical fallacy", cioè una fallacia del pensiero classico.
Perché nell’Europa medievale l’idea di scrivere delle grammatiche delle
lingue romanze emerge solo nel XIII secolo? Il ritardo nella stesura di
grammatiche delle lingue romanze è legato al prestigio del latino, considerato lingua
universale, pura e incorruttibile, utilizzata nella Chiesa, nella cultura e nella scienza. Fu
solo nel XIII secolo, quando la grande lirica occitana raggiunse il suo apice, che si
cominciò a riconoscere l’importanza delle lingue volgari, rendendole oggetto di
trattazioni grammaticali.
In quale contesto storico e culturale vengono prodotte le prime grammatiche
dell’occitano? Le prime grammatiche dell’occitano antico furono scritte per poeti
italiani e catalani che desideravano comporre liriche in lingua d’oc. Questi testi non
solo descrivevano la grammatica e il lessico occitano, ma includevano anche
insegnamenti di retorica e tecnica poetica cortese, fornendo informazioni sui generi
lirici, sulla metrica e sulla poetica.
In quale contesto storico e culturale vengono prodotte le prime grammatiche
del francese? La produzione di grammatiche francesi in Inghilterra, a partire dal XIII
secolo, fu un fenomeno strettamente legato alla diffusione della lingua d'oil in seguito
alla conquista normanna del 1066. I Normanni erano una popolazione di origine
scandinava che, stanziatasi da tempo nel nord della Francia, era stata profondamente
francesizzata e aveva adottato come propria lingua il francese. Così il francese è stato
in Inghilterra la lingua della corte, dell’aristocrazia e degli strati sociali più elevati fino
al XIV-XV secolo. Opere come l'Ortographia Gallica (scritta in latino alla fine del XIII
secolo) e il Donait françois (scritto agli inizi del 400 per Jehan Barton) , destinate a un
pubblico anglofono, avevano lo scopo di fissare le norme ortografiche e grammaticali
del francese. La necessità di preservare la purezza della lingua francese in un contesto
linguistico misto, in cui l'inglese riacquistava progressivamente importanza, stimolò la
produzione di queste grammatiche, spesso ad opera di chierici parigini attivi in
Inghilterra.
Con quale scopo Dante passa in rassegna molti dialetti italiani nei capitoli X-
XVI del I libro del “De vulgari eloquentia”? Dante analizza i dialetti italiani non
per descriverli scientificamente, ma per condannarli, proponendo una koinè ideale che
ne combinasse i migliori elementi. Anche il fiorentino, che avrebbe poi dato origine alla
lingua letteraria italiana grazie a Dante, Petrarca e Boccaccio, non sfugge alla sua
critica. Il fine di Dante non è quello del moderno linguista e dialettologo, che è
interessato a conoscere e a descrivere i dialetti, ma il suo giudizio è guidato da criteri
estetici: Dante ricerca la bellezza e condanna ciò che ritiene brutto nei vari dialetti.
In che modo l’opera di Petrarca ha stimolato la nascita degli studi filologici
di provenzalistica in Italia?
Petrarca, nel suo "Trionfo dell’Amore" (IV, 35), celebra i poeti provenzali, ponendo le
basi per il rinascimento degli studi sulla lirica occitanica durante il Rinascimento. I
giudizi di valore che Dante aveva espresso nel De vulgari eloquentia e nella Commedia
si trasformano qui nel quadro di evidente ispirazione classica del trionfo. Il passo
petrarchesco ispirò gli eruditi a riscoprire le fonti della poesia volgare, promuovendo lo
sviluppo della filologia provenzalistica in Italia.
Quali umanisti italiani hanno espresso per la prima volta l’idea che l’italiano
derivi dal latino? In che contesto? L’idea che l’italiano derivi dal latino fu espressa
per la prima volta dagli umanisti italiani del Quattrocento. Biondo Flavio, in una lettera
a Leonardo Bruni, affermò che l’italiano è una continuazione della varietà popolare del
latino. Anche Leonardo Bruni, Leon Battista Alberti e Lorenzo Valla sostennero questa
teoria.
Quando e per quali ragioni la tecnica filologica elaborata dagli umanisti per il
restauro dei testi classici cominciò ad essere applicata alla letteratura
volgare? La tecnica filologica sviluppata dagli umanisti per restaurare i testi classici
fu applicata alla letteratura volgare durante il Rinascimento, nel contesto della
"Questione della lingua". Con il declino dell’entusiasmo per il latino, si sviluppò un
dibattito sull’adozione dei modelli volgari. Pietro Bembo propose di adottare la lingua
degli autori del Trecento, come Dante, Petrarca e Boccaccio, trasferendo il concetto di
"imitazione dei classici" dalla letteratura latina a quella volgare.
Quando e per quali ragioni la tecnica filologica elaborata dagli umanisti per il
restauro dei testi classici cominciò ad essere applicata alla letteratura
volgare? Il Rinascimento, con la sua rinnovata passione per i classici, spinse gli
umanisti a dedicarsi al recupero e alla purificazione dei testi antichi. La questione della
lingua italiana, ovvero la ricerca di un modello linguistico unitario e prestigioso, fu al
centro del dibattito culturale del Cinquecento. Per raggiungere questo obiettivo,
svilupparono sofisticate tecniche filologiche, come il confronto tra diverse versioni di
un testo e la correzione degli errori attraverso congetture. Questo approccio,
inizialmente applicato ai testi latini, fu poi esteso alla letteratura volgare, influenzato
in modo determinante da Pietro Bembo. Firenze, con la sua ricca tradizione letteraria,
emerse come centro di questa discussione. Bembo, infatti, propose di considerare
come modelli linguistici e stilistici gli autori del Trecento, come Petrarca e Boccaccio,
proponendo così un'estensione del concetto di "imitazione dei classici" al dominio
della letteratura italiana e contribuendo così a stabilire un canone per la lingua
italiana.
Perché il modo di concepire il “mutamento” che si afferma con il
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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