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Proprio per la sua complessità, la scienza delle religioni risulta essere un’area di studio che
accoglie varie discipline che mirano allo studio del fenomeno religioso, ognuna con un
proprio metodo. Questo rende necessario il confronto e la comunicazione tra le varie
discipline.
Nel corso del tempo i numerosi dibattiti sul metodo da adottare per l’approccio alla religione
hanno messo in luce quanto sia talvolta inevitabile l’apporto di elementi di soggettività nello
studio critico della religione. Questo ha messo in crisi il metodo scientifico precedentemente
usato, che richiede un atteggiamento oggettivo, distaccato e avalutativo da parte dello
studioso, il quale deve aderire all’ateismo o agnosticismo metodologico.
Nella seconda metà del Novecento si assiste al Reflexive turn, al cambio di prospettiva, che
ha portato a un approccio di studio più critico, cercando di spogliare gli studiosi delle proprie
griglie concettuali.
Quando si studia un prodotto culturale come la religione, le elaborazioni possono avere due
approcci, dall’esterno, approccio etico, in cui si applica un proprio sistema di pensiero a
quello che si osserva; e l’approccio dall’interno, o emico, in cui si cerca di rispettare di
rispettare la cultura presa in esame, analizzando la stessa.
A partire dalla fine degli anni ‘60 il termine “Religious studies” è entrato nel vocabolario
scientifico anglofono, dando inizio all’affermarsi dei suoi studi.
Il primo a fornire un testo fondativo di riferimento della disciplina è stato Walter Capps, che
nel 1995 ha pubblicato “Religious Studies; The making of a discipline”. Lo studio della
religione trova il suo oggetto nella ricerca dell'intelligibilità del fatto religioso, e parte dal
porsi domande sulla questione religiosa (che cos’è, come si è formata, qual è il suo scopo,
come deve essere descritta..).
Questa varietà di domande giustificano il fatto di poter unire sotto i “Religious Studies”
discipline diverse.
La Storia delle religioni compare nello scenario universitario europeo nel tardo Ottocento, in
sostituzione delle facoltà teologiche che andavano scomparendo.
Il suo oggetto di studio è la religione, il metodo è quello comparativo, ma le sue correnti
sono diverse e diversificate. La storia delle religioni si sviluppa dal positivismo e
dall’evoluzionismo, che quindi comporta la ricerca di una fase originaria della civiltà umana
caratterizzata dalla semplicità ed elementarità, a cui seguono fasi di sviluppo, con la
possibilità che permangano alcuni tratti del gradino evolutivo precedente.
Una prima corrente metodologica è quella fenomenologica, nata in area tedesca, si occupa
di comprendere i fenomeni nella pluralità delle loro manifestazioni, riconducendoli a unità
essenziali, penetrando le intenzioni dei fatti religiosi all’interno della realtà culturale in cui si
manifestano. All’interno di questo approccio vengono individuate due dimensioni:
- il numinoso, ovvero il divino scoperto dall’uomo nelle quattro fasi di sentimento di
creatura, terrore mistico, mistero del totalmente altro e rapimento.
- il sanctum o valore del numinoso è posto come categoria a priori, una disposizione
originaria dello spirito umano che si pone in grado di comprendere il numinoso; il
sanctum diventa il ruolo della rivelazione interiore
Il suo principale esponente sarà Rudolf Otto, che pone al centro il concetto di “Sacro” e la
sua esperienza, da lui definita come “totalmente altra”, misteriosa. Un altro esponente, forse
ancora più noto, è Mircea Eliade, che riprende la tradizione del sacro di Otto e la
implementa con i concetti di ierofania, la manifestazione del sacro attraverso simboli, e
l’Homo Religiosus, indicando che l’uomo è nato per essere religioso.
La sociologia della religione analizza la necessità della religione nella vita individuale e
sociale. Adotta un approccio avalutativo, astenendosi da commenti sulla verità religiosa, e si
concentra sulle funzioni sociali della religione. Esiste una dicotomia tra riduzionisti, che
vedono la religione come un'illusione, e annessionisti, che la considerano un fatto
fondamentale della vita sociale. La sociologia esamina come la religione si associa a modi di
vivere e come si trasforma nel tempo, contribuendo alla comprensione del suo ruolo nella
società.
L'antropologia delle religioni adotta un metodo olistico e comparativo per esaminare le
religioni come sistemi di interpretazione della realtà e guida per l'azione umana. Clifford
Geertz vede i sistemi religiosi come interpreti della realtà e guide per l'azione, mentre
Lévi-Strauss sostiene che il "pensiero selvaggio" dei riti e miti non sia diverso dal pensiero
scientifico. Gli antropologi utilizzano la ricerca etnografica per studiare le somiglianze e
differenze tra le religioni, prestando attenzione alla dimensione empirica e alle variabili
contestuali.
La psicologia della religione, fondata da Theodore Flournoy, si concentra sul vissuto religioso
del singolo credente, escludendo metodologicamente il trascendente. Studia il percorso
psichico del soggetto in relazione al fenomeno religioso, riconoscendo percorsi psicologici
comuni tra le diverse religioni. L'obiettivo è comprendere come le convinzioni religiose
influenzino la psiche dell'individuo. La disciplina esplora il modo in cui le esperienze religiose
plasmano l'identità personale e il comportamento.
Il diritto comparato delle religioni, nato all'inizio del XXI secolo, studia le dinamiche tra
diritto statale e religioso attraverso il metodo comparativo. Esamina le relazioni tra diritto
dello Stato e delle religioni in contesti multiculturali e multireligiosi. Questa disciplina è
particolarmente rilevante nelle società moderne, dove coesistono diverse tradizioni
religiose. Analizza come le normative religiose interagiscono con le leggi civili, contribuendo
alla comprensione della governance in contesti multireligiosi.
Le scienze cognitive della religione, sviluppatesi negli anni '50, si basano sull'idea che la
mente umana e i computer elaborano simboli in modo simile. Studiano la religione come
risultato di un'architettura mentale e utilizzano le neuroscienze per osservare gli stati neurali
associati alle esperienze religiose. Analizzano come i processi cognitivi influenzano le
credenze religiose e come le esperienze religiose influenzano il cervello. Esplorano la
neurobiologia del rito e il ruolo della mente nei meccanismi religiosi, suggerendo che l'uomo
sia predisposto a credere.
La geografia delle religioni studia l'influenza reciproca tra religione e ambiente geografico.
Analizza la geografia sacra, biblica ed ecclesiastica, esplorando come l'ambiente naturale
influenzi la religione e viceversa. Si concentra sulle trasformazioni del paesaggio dovute alle
pratiche religiose e sull'importanza dei fenomeni religiosi nella conformazione dello spazio.
Esamina il ruolo attivo della religione nell'antropizzazione dell'ambiente naturale,
evidenziando come lo spazio geografico influenzi le credenze religiose e la loro
manifestazione.
Se la religione quindi emerge e occupa uno spazio geografico, allora lo studio di uno implica
quello dell’altra. Riguardo proprio la relazione tra spazio e fenomeno religioso, ne parla il
saggio di Laura Feldt sullo studio della natura selvaggia, “wilderness”, nella mitologia
mesopotamica, nella Bibbia ebraica e nel cristianesimo primitivo. L’autrice si chiede se sia
possibile collegare il modo odierno di vedere il selvaggio con quello del passato e, in
generale, con altri punti di vista.