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Risoluzione 3314 del 1974 il ricorso all’uso
della forza armata, punibile e sanzionabile. Rientrano nella fattispecie:
- Occupazione militare di un territorio di uno stato sovrano
L’invasione militare
- di una parte del territorio di uno stato sovrano
- Invio di soldati al fine di aggredire territorio
Il bombardamento aereo o l’uso di qualsivoglia
- arma da fuoco
- Triangolazione
- Il blocco dei porti
44. Peace enforcing e Peace keeping.
Le missioni di peace enforcement e di peace keeping sono gestite dal segretariato
generale. Nel primo caso si farla di una forzatura della pace: ciò determina la non
necessità da parte degli stati del consenso ad intervenire, lo scopo è quello di
ripristinare la pace e dunque è legittimata la forza armata, le milizie mantengono la
propria struttura gerarchica. Nel caso del peace keeping operano i caschi blu. Esse
sono milizie volontarie che per intervenire necessitano del consenso dello stato di
destinazione. La violenza è legittima solo nel caso della legittima difesa. Sono
operazioni che sono solitamente condotte alla fine di un conflitto per appunto
mantenere quel sottile e delicato stato di pace.
45. Art. 51
È l’articolo che disciplina la legittima difesa. Legittima difesa che per essere tale deve
rispondere ai requisiti di immediatezza, necessità e proporzionalità. Inoltre, deve
essere adottata sono fintantoché il consiglio di sicurezza non si mobiliti. La legittima
difesa non è tale nei casi in cui sia preventiva (è aggressione). Mentre è legittima se
avviene in risposta a una minaccia che può essere sia esplicita (ultimatum) che non
implicita.
La legittima difesa può essere individuale o collettiva (Art.5 nato, Art.24 Trattato di
Lisbona).
Intervento a protezione dei cittadini all’estero
46. Nel caso in cui un cittadino si trovi in uno stato in cui non sono tutelati i suoi diritti
fondamentali allora lo stato di appartenenza ha il diritto di mobilitarsi attraverso la
forza armata. Tale mobilitazione si deve limitare esclusivamente al recupero del
cittadino all’estero.
47. R2P
R2P, fa riferimento alle casistiche per cui il consiglio di sicurezza non voglia o non
possa intervenire, in quanto la R2P non ha bisogno di legittimazione) amplia le
iniziative in campi di esclusiva competenza giuridica del Consiglio di Sicurezza, e
è
addirittura si tradotto in uno strumento che ha raggiunto risultati estremamente
invasivi (Kosovo).
è disciplinata dalla risoluzione 377 del 1950, dall’art.56 e dalla dottrina
La dottrina
della R2P.
48. Fonti dei diritti umani in tempo di pace
I diritti umani sono i diritti fondamentali riconosciuti alla persona in quanto essere
dall’art.1 dello statuto delle nazioni unite, dall’art.56
umano. Sono disciplinati e dalla
dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
49. 1945
Composta da 30 articoli i primi 21 di carattere politico e civile gli altri di carattere
sociale ed economico. Negli artt. 19, 20, 21 si incarna il modello della rule of law e
del multilateralismo.
50. Convenzione sul genocidio 1948
Durante i processi di Norimberga questa fattispecie non esisteva. (1) Il genocidio è
un crimine penale internazionale punibile sia in tempo di pace che in tempo di guerra.
Le parti si impegnano a prevenire e punire tale crimine. I responsabili sono punibili
sia in veste di privati cittadini che in veste di pubblico ufficiale. (2) Per genocidio si
con l’intenzione di distruggere in
intende ciascuna delle seguenti condotte attuate
tutto o in parte un gruppo etnico, linguistico, razziale, nazionale.
all’integrità fisica o mentale
- Lesioni gravi o gravissime
- Uccisione di membri del gruppo
- Deportazione
- Smembramento di nuclei familiari
- Misure miranti ad impedire nascite
- Sottoposizione del gruppo a condizioni di vita inumane
La competenza a procedere per tale crimine spetta a:
- Tribunali creati ad hoc dalle nazioni unite
- La corte penale internazionale
- In merito al principio della giurisdizione universale, qualsiasi soggetto della
comunità internazionale
Convenzione per l’eliminazione della discriminazione razziale
51. 1965
Si inserisce nel processo di decolonizzazione estendendosi con il protocollo
aggiuntivo del 1973 al caso sudafricano dell’Apartheid.
L’espressione discriminazione razziale indica ogni forma di discriminazione,
(1)
limitazione basata sulla razza, il colore della pelle, la discendenza, l’origine nazionale,
che abbia lo scopo di distruggere o compromettere il riconoscimento dei diritti
fondamentali. (2) Gli stati condannano la discriminazione razziale in tutte le sue forme
e si impegnano a recepire nel proprio ordinamento atti e politiche contro la
discriminazione. (4) Gli stati condannano la propaganda e tutte le organizzazioni che
si basano su idee di superiorità di una razza o che tentano di giustificare e
promuovere l’odio razziale e la discriminazione, adottando misure immediate e
positive.
52. Convenzione sul rifugiato 1951
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale migliaia di persona non potevano
rientrare nel proprio stato in quanto questo non esisteva più (apolidi) o non volevano
in quanto la tutela dei diritti fondamentali non era garantita. La convenzione non
prende in considerazione la fattispecie dei migranti economici.
Il rifugiato è qualsiasi cittadino che (1) non si trovi sul territorio del proprio stato (2)
che si sia allontanato dal territorio del proprio stato perché ha ragionevole motivo di
temere per la sua incolumità fisica in virtù di convincimenti religiosi… nell’esercizio
dei suoi diritti fondamentali (3) il cui stato non voglia o non sia in grado di tutelare i
diritti fondamentali.
Il cittadino che ritenga sussistano le clausole di inclusione può fare richiesta di asilo.
Prima che lo status di rifugiato venga concesso il cittadino diventa un richiedente
asilo. Lo status di richiedente asilo può essere concesso a tutti a differenza dello
status di rifugiato, che viene concesso solo quando gli organi competenti che abbiano
svolto le necessarie indagini, lo ritengano meritevole.
Il divieto di espulsione del rifugiato è previsto dagli artt. 32 e 33. Però se il rifugiato
dello stato o contro l’ordine
dovesse rendersi colpevole di crimini contro la sicurezza
pubblico, allor può essere estradato in un paese in cui i suoi diritti fondamentali siano
garantiti. Il protocollo addizionale del 1967 fa decadere il principio di irretroattività.
53. Convenzione sulla tortura 1987
Si inserisce nel contesto dei conflitti non internazionali dove l’uso di queste pratiche
è sempre più frequente.
La tortura è qualificata come qualunque atto attraverso il quale si infligge
intenzionalmente dolore o sofferenza fisica o mentale a una persona da parte di un
pubblico ufficiale.
54. Convenzione per la protezione dei diritti delle donne 79
Affronta la discussa questione delle discriminazioni di genere. La convenzione
prevede l’assoluta eliminazione dal puto di vista civile, politico, giuridico, economico,
sanitario. In seno alla stessa è prevista la struttura di un comitato specifico che ha il
compito di modificare ed adeguare la legislazione interna degli stati.
sui diritti dell’infanzia
55. Convenzione dichiarazione universale dei diritti dell’uomo,
È frutto delle dichiarazioni pregresse: e convenzione sui diritti dell’infanzia. La
dichiarazione sui diritti del fanciullo
definizione di fanciullo sotto il profilo giuridico ha comportato ulteriori rielaborazioni
con il protocollo sul coinvolgimento dei fanciulli nei conflitti armati e con quello relativo
alla vendita, prostituzione e pedopornografia dei fanciulli.
È oggetto della convenzione qualsiasi essere umano di età inferiore ai 18 anni.
Questa convenzione impone la protezione dei fanciulli contro ogni violenza fisica e
La tutela si traduce con l’adozione delle misure negli ordinamenti giuridici
mentale.
interni degli stati.
Il primo protocollo innalza l’età di arruolamento dei fanciulli dai 15 ai 18 anni. Inoltre,
inserisce anche il tema della violazione dei minori di sesso femminile nel ruolo di
comfort women.
Il secondo protocollo relativo alle vendite di materiale pedopornografico si inserisce
nella fattispecie della cessione dei fanciulli per tali fini, introducendo sanzioni penali.
56. Convenzioni di Ginevra 1949
Nascono nel 1949 sulla scia della Seconda guerra mondiale, dove il trattamento dei
prigionieri di guerra dei militari nelle battaglie navali raggiunge vertici di violenza
impensabili. Alle quattro convenzioni si aggiungono due protocolli aggiuntivi nel 1977
(qualificazione di conflitto armato non internazionale, estende amuna serie di
categorie di soggetti le tutele previste per i militari).
La prima e la seconda Convenzione di Ginevra disciplinano il diritto umanitario per
quanto riguarda le forze di terra e di mare. Diritti previsti:
- diritto di essere raccolti e trattati con umanità,
- diritto a non essere soggetto di violenza fisica,
- diritto a essere curati,
- diritto di non essere lasciati alla mercè della popolazione,
- obbligo di allontanamento dalla zona di guerra.
La terza Convenzione, invece, disciplina il trattamento dei prigionieri di guerra, ovvero
coloro che nel corso di un conflitto cadono nelle mani degli avversari. Diritti:
- diritto di essere trattati con umanità,
- diritto di non subire violenze,
- diritto ad essere curati,
- diritto ad essere internati o in luoghi distanti dalla guerra,
- diritto di essere dotati di vestiario,
- diritto di essere alimentati
- diritto di mantenere i propri contatti con i familiari attraverso la Croce Rossa
- sono tenuti a fornire solamente nome, cognome, numero di matricola
- non sono tenuti a svolgere lavori per conto dell'avversario.
La quarta convenzione invece disciplina il diritto della popolazione civile:
- divieto dell'uso della popolazione per scopi militari,
- tutela dell'integrità della persona
- divieto di essere presi in ostaggio,
- obbligo di promuovere accordi ai fini di garantire il deflusso
- dovere di garantire il ricongiungimento tramite la Croce Rossa.
57. Art.3 comune alle convenzioni di Ginevra
È un pilastro del diritto internazionale umanitario. Ha la finalità di recepire la clausola
Martens e serve a garantire infatti garanzie minime anche nei casi non
espressamente previsti nelle convenzioni stesse. Si chiama anche norma di chiusura.
58. Disciplina dei crimini penali internazionali
La disciplina dei crimini penali internazionale rientra nella giurisdizione universale.
Infatti, qualunque sogg