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La convenzione e gli assetti costitutivi nel PDL
In ogni caso, il PDL deve individuare in maniera specifica gli assetti costitutivi, le opere di urbanizzazione che devono essere realizzate dal privato che è tenuto a cedere gratuitamente le relative aree. In tale situazione assume una grande importanza la convenzione, il cui scopo principale, come previsto all'art. 8 della legge 765/1967, è quello di garantire che l'area lottizzata sia dotata di tutti i servizi necessari alla vita di quartiere. La convenzione recepisce il contenuto del piano e ne condiziona l'operatività, per cui non si può intraprendere una lottizzazione finché la convenzione non sia stata sottoscritta. La norma citata dispone che la convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, preveda la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, l'assunzione a carico del proprietario degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione.La convenzione di lottizzazione è un accordo tra un soggetto privato e il comune, che stabilisce gli obblighi e i diritti delle parti riguardo alla realizzazione di un'area edificabile. Questa convenzione prevede la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria, attinenti alla lottizzazione, o di quelle opere necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi. La norma prevede inoltre termini non superiori ai dieci anni per ultimare l'esecuzione delle opere e le congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
La convenzione deve essere approvata dal consiglio comunale su richiesta del soggetto privato e tutti i proprietari delle aree interessate devono sottoscrivere tale domanda. La convenzione viene poi trascritta sui registri immobiliari e l'obbligazione assunta dal lottizzante assume la connotazione di obbligazione reale.
La giurisprudenza considera le convenzioni di lottizzazione come contratti con obbligazioni solo da parte del privato. La legge 241/1990, infatti, all'art 11 stabilisce che i piani convenzionati, sul modello dei PDL, si configurino come accordi sostitutivi, per cui vale il diritto di recesso unilaterale.
La pubblica amministrazione, in ogni caso, può modificare l'assetto territoriale disciplinato con il PDL per comprovate ragioni di interesse pubblico. La variazione della disciplina deve eventualmente essere motivata ed esprimere le esigenze di interesse pubblico per cui la PA intende sacrificare i diritti dei privati derivanti dalla convenzione. Il lottizzante ha diritto ad un indennizzo commisurato ai danni subiti con il venir meno degli impegni assunti dall'amministrazione.
10. Quali atti amministrativi ci si può aspettare dopo avere conseguito una SCIA
Dopo la presentazione della SCIA, la PA non è chiamata ad esprimere alcuna autorizzazione, poiché la SCIA sostituisce a tutti gli effetti il provvedimento amministrativo espresso. Infatti, l'amministrazione competente, entro 60 giorni (30 per SCIA edilizia) può accertare l'eventuale carenza dei requisiti e dei presupposti dichiarati dal soggetto privato, e può esercitare
Un potere inibitorio per mezzo di provvedimenti restrittivi (mai autorizzatori, cioè non amplia mai la sfera giuridica del soggetto privato). L'articolo 19 specifica che, qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa alla normativa vigente, la PA deve invitare, con atto motivato e nel rispetto del principio di proporzionalità, il privato a provvedere entro un termine prefissato non inferiore a 30 giorni.
Se il privato non adotta le dovute misure, allora la PA emana un provvedimento con cui dispone la sospensione dell'attività. Il potere inibitorio, di fatto diventa un potere ablatorio personale, perché restringe la sfera giuridica del privato.
Nel caso in cui le dichiarazioni del privato contenute nella SCIA non siano veritiere, la PA non esercita il potere inibitorio, cioè non è prevista la possibile conformazione dei requisiti del soggetto privato, e l'attività viene vietata.
Pur essendo pacifico che la
SCIA non è un atto amministrativo, bensì un'iniziativa del privato che può essere presentata solo nelle ipotesi in cui la PA non ha potere discrezionale, il contenzioso che si apre al riguardo è molto ampio. Anche prima della modifica dell'articolo 19 della Lpa, il Consiglio di Stato (la SCIA è una materia che rientra nella competenza del giudice amministrativo) aveva stabilito che la PA potesse agire nei confronti della DIA (oggi SCIA) in autotutela decisoria, ovvero che potesse annullarla d'ufficio o revocarla, pur essendo chiaro che non si tratta di un atto amministrativo (e che quindi non può sussistere il potere di autotutela, che è di secondo grado rispetto ai provvedimenti di primo grado della PA). Con la modifica dell'articolo 19, si esplicita che la SCIA non può essere impugnata dal privato, che può agire solo sollecitando la PA ad adempire ai poteri di sua competenza. Con la modifica
dell'art 19, la possibilità che la SCIA venga revocata viene annullata (non ci si potrà mai aspettare una revoca). In ogni caso la PA può agire in autotutela con un annullamento d'ufficio, nei casi delineati dal 21-nonies, cioè in un tempo ragionevole, nei casi in cui sussistano ragioni di interesse pubblico e si tenga in conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati. Con la legge delega del 2015, si tenta di chiarificare il quadro, e si delineano tre diversi schemi di SCIA, con diverse conseguenze per il privato. Nel caso di SCIA semplice, ci si riferisce a quelle attività che non richiedono atti di altre amministrazioni (per esempio le varianti in corso d'opera). La SCIA unica viene presentata ad una sola PA, raggruppando tutte le altre segnalazioni destinate ad altre PA competenti che però sono chiamate a prendere eventuali provvedimenti ed illustrare eventuali obiezioni. Nel caso in cui siano necessari attiautorizzato espressi dialtre amministrazioni, si presenta una SCIA condizionata o differita all'ufficio competente che si preoccuperà di convocare un'eventuale conferenza dei servizi che presenterà eventuali provvedimenti e obiezioni. 11. Concessioni Le concessioni sono provvedimenti amministrativi che costituiscono per la prima volta un diritto che non era esistente nella sfera giuridica del privato. Presenta elementi di affinità con l'autorizzazione (entrambi sono provvedimenti ampliativi della sfera soggettiva), ma se ne differenzia in quanto non solo rimuove limite di una posizione soggettiva preesistente, ma attribuisce o trasferisce posizioni o facoltà nuove al privato. Le concessioni possono essere di due tipi, traslative e costitutive. Le concessioni traslative sono quelle dove l'amministrazione trasferisce al privato un diritto dell'amministrazione. Le più frequenti sono le concessioni di beni pubblici.Le concessioni sono atti amministrativi che attribuiscono alcuni diritti speciali, compatibili con la funzione collettiva del bene pubblico (concessione di beni demaniali). Solitamente sono onerose, e normalmente l'atto amministrativo è accompagnato da un contratto.
Alcuni sostengono che l'area delle concessioni sia di esclusiva competenza del diritto privato, ma altri sostengono che, in quanto l'amministrazione può eliminare la concessione, è difficile farlo rientrare sotto questa sfera di competenza.
Le concessioni di beni pubblici sono diverse dalle concessioni di lavori pubblici, che nella dicitura comunitaria rientrano sotto contratti pubblici, quindi regolati dal diritto privato e non diversi dai contratti di appalto (si parla anche di gestione delle opere pubbliche); l'amministrazione non paga niente, e chi ha realizzato l'opera avrà come corrispettivo i profitti che verranno dalla gestione dell'opera stessa, assumendosi anche i rischi.
Le concessioni costitutive fanno nascere ex novo un diritto al soggetto che non ha neanche l'amministrazione, come la concessione della cittadinanza, o nell'ipotesi in cui si decida di cambiare nome o cognome. Si chiamano concessioni anche le sovvenzioni/incentivi, di tipo traslativo, come i sussidi di contributi, o la semplice corresponsione di somme di denaro per incentivare un certo tipo di attività o sopperire a delle mancanze. La distinzione tra concessioni traslative e costitutive è importante perché solo le concessioni traslative possono essere sostituite da una SCIA. Va detto che vi è un confine molto sfumato tra concessioni e autorizzazioni. In molte concessioni, il rapporto tra PA e concessionario è regolato da contratti, cioè da atti negoziali soggetti a diritto privato (concessione-contratto). Anche il continuo cambio di nome tra concessione/licenza edilizia, sottolinea questo aspetto. La Legge Bucalossi, nel 1977, cambia il termine licenza.
edilizia in concessione, sottolineando il trasferimento dello ius aedificandi dal soggetto pubblico al privato, sotto il pagamento di un corrispettivo (concessione onerosa). Oggi si parla di permesso di costruire, quindi un atto autorizzativo della PA, vincolato, su cui può formarsi il silenzio assenso. 12. L'auto-tutela della P.A. nel rilascio del permesso di costruire Attraverso il potere di autotutela, le pubbliche amministrazioni possono riesaminare i propri precedenti provvedimenti (o i provvedimenti dei subordinati gerarchicamente) quando ritengono che tali provvedimenti presentino vizi di legittimità o vizi di merito o in base ad una nuova valutazione dell'interesse pubblico. In presenza di dette ragioni, in via generale deve dirsi che l'esercizio del potere di autotutela può condurre a due tipi di provvedimenti, che richiedono differenti presupposti: annullamento e revoca (ma anche di convalida, sospensione). Il concetto di autotutela della P.A. implica quindi la possibilità per l'amministrazione di correggere eventuali errori o illegittimità presenti nei propri atti, al fine di garantire il rispetto delle norme e degli interessi pubblici. Tale potere di autotutela può essere esercitato sia d'ufficio, sia su istanza di parte interessata. L'annullamento di un provvedimento amministrativo comporta la sua totale eliminazione dal sistema giuridico, come se non fosse mai stato emesso. L'annullamento può avvenire per vizi di legittimità, quando il provvedimento è contrario alle norme di legge o di regolamento, o per vizi di merito, quando il provvedimento è irragionevole o sproporzionato rispetto all'interesse pubblico. La revoca di un provvedimento amministrativo, invece, comporta la sua eliminazione solo per il futuro, mantenendo validi gli effetti prodotti fino a quel momento. La revoca può avvenire quando si verificano nuove circostanze che rendono inopportuno o non più necessario il provvedimento, oppure quando si accerta che il provvedimento è stato ottenuto mediante false dichiarazioni o frode. In entrambi i casi, l'esercizio del potere di autotutela deve avvenire nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento dell'amministrazione.La pubblica amministrazione fa riferimento, appunto, al potere della PA di annullare o revocare i provvedimenti amministrativi adottati. L'autotutela della PA può essere esecutoria o decisoria.
Annullamento d'ufficio e revoca sono rimedi di autotutela decisoria, cioè intervengono come provvedimenti di secondo grado per rimediare sugli atti (provvedimenti di primo grado) viziati. L'autotutela esecutoria è legata al carattere esecutorio del provvedimento (che non è sempre presente), cioè al fatto che la PA può far eseguire coattivamente il provvedimento, per esempio l'ordine di demolizione.
Annullamento d'ufficio e revoca sono rimedi di autotutela decisoria, ma sono tra loro diversi. Entrambi privano l'atto dei suoi effetti giuridici, ma l'annullamento esplica efficacia retroattiva, ha efficacia ex tunc. L'annullamento retro-agisce al momento in cui si sono prodotti i vizi nell'atto da annullare (quindi
elimina gli effetti giuridici dal momento dell'emanazione dell'atto di primo grado). La revoca ha efficacia ex nunc, dal momento in cui viene pronunciata.
Oggetto dell'annullamento d'ufficio può essere il permesso di costruire. Va detto, però, che l'autotutela in materia edilizia si basa sui principi di