vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il paesaggio di Clitumno
Di qui il cavallo da guerra incede fiero nel campo, di qui, o'Clitumno, bianchi greggi e il toro grande vittima spesso bagnati (che sono stati bagnati spesso) nel tuo fiume sacro condussero i trionfi romani ai templi degli dei. Qui la primavera è frequente e l'estate in mesi non suoi; due volte le bestie sono gravide, due volte fruttificano gli alberi (lett. Due volte l'albero è vantaggioso di frutti). E non ci sono tigri rabbiose e la feroce stirpe di leoni, né gli aconiti ingannano i miseri contadini, né lo squamoso serpente trascina le immense volute per la terra né si raccoglie con tanto tratto nella spira. Aggiungi tutte le egregie città e la fatica delle opere, tutte le numerose roccaforti erette con mano sui sassi, e i fiumi che scorrono sotto antiche mura. Forse dovrei ricordare il mare che bagna ogni cosa da sopra e da sotto? O i grandi laghi? Te, grandissimo Lario, e te, Benaco che sorgi in flutti e fremito marino?
chericordare il porti e le dighe aggiunte al Lucrino e la distesa marina che è indignata con grandestridore, laddove l'onda Giulia risuona per le acque che sono mescolate/riversate e il ribolliredel Tirreno è immesso (si immette) nelle acque dell'Averno?Questo stesso mostra rivi d'argento e miniere di rame e scorre moltissimo in vene (nel sensodi fiumiciattoli) d'oro.Questa generò i Marsi, stirpe di uomini duri, e la gioventù dei Sabelli e i Liguri abituati alledisgrazie e i Volsci armati di spiedi, i Deci, I Marii e i grandi Camilli, gli Scipiadi duri inguerra e te, o' grandissimo Cesare, che ora vincitore nelle estreme zone dell'Asia tienilontano l'imbelle Indo dalle rocce romane.Salve Saturnia terra, grande genitrice di messi e di grandi uomini: per te intraprendo coseantiche di lodi e l'arte e oso dischiudere le sacre fonti e canto una poesia Ascreola per le cittàromane. Ma ora è tempo
(locus) di parlare della natura dei campi (ingeniis è in ablativo perché è complemento di argomento), quale sia il vigore, quale sia il colore e la natura nel produrre le cose. Per primo le terre difficili e i colli ostili, dove l'argilla è tenue e la ghiaia su campi spinosi, favoriscono la selva Palladia di vivaci olive; ne sono indizio i numerosi oleastri che sorgono nel loro stesso tratto e campi cosparsi di bacche silvestri.
Ma qualche suolo grasso e ricco di fecondi umori e quello il campo numeroso d'erba, fertile, e ubertoso (quale spesso soliamo vedere nella valle cava del monte, qui i fiumi si sciolgono nella somma rupe e trascinano il fertile limo) e quello elevato all'Austro e pasce la felce nemica dell'aratro ricurvo: questo a te un tempo offrirà viti fortissime e fluenti di molto Bacco, questo fertile d'uva, e di vino quale libiamo con paterie d'oro quando dagli altari il pingue Etrusco soffia nel flauto.
d'avorio e offriamo con piatti curvi le viscere fumanti.
Se poi il desiderio più grande è curare gli armenti e i vitelli e i capretti, o le caprette che devastano i seminati dirigiti verso i pascoli lontani della feconda Taranto e quale campagna perse l'infelice Mantova pascente di cigni nivei in erbosi fiumi: non mancheranno fonti limpide ai greggi, né l'erba e quanto gli armenti prendono/brulicano nei lunghi giorni tanto la fresca rugiada restituirà nella breve notte.
Generalmente la nera terra grassa sotto il vomere che è premuto e a cui il suolo è putrido (infatti così la rendiamo arandola) è ottima per il frumento (non vedrai da alcuna distesa allontanarsi verso casa (perché in accusativo) numerosi carri dalle lente giovenche) o quella da cui (unde) l'aratore irato divelse una selva e abbatté boschi non produttivi per molti anni e strappò le vecchie case di uccelli con profonde radici:
questi distrutti i nidi si diressero in altoe dopo che il vomere è stato spinto dentro il campo grezzo splendette.
Infatti l'arida ghiaia di una rupe inclinata a stento fornisce rosmarino e umili cassie alle api, elo scabro tofu e la creta perforata da neri chelidri negano che altri campi diano cibiugualmente (aeque) dolci e offrano curvi cunicoli ai serpenti.
Quella (la terra) esala una tenue nebbia e fumo che vola e assorbe umore e, quando vorrà, dase stessa lo restituisce e si veste di un'erba sempre verde e non la lede il ferro con la scabbia el'aspra ruggine, quella intreccerà a te gli olmi con le lieti viti, quella è feconda di olio e nelcoltivarla, la sperimenterai (experior) adatta alle pecore (singolare collettivo) e paziente sottoil vomere ricurvo: tale ara la ricca Capua e le coste vicine al giogo del Vesuvio e il Clanio nonfavorevole (non aequos) alla deserta (vacuis) Acerra.
Ora dirò in che modo possa conoscerla. Ti
chiederai se sia rada o densa sopra l'uso (più del normale) (dal momento che una favorisce il frumento, l'altra Bacco, quella densa più per Cerere, quella radissima per Lieo) prima sceglierai un luogo con gli occhi e ordinerai che sia scavata (lett. Che sia calata) una fossa profondamente in un terreno compatto e riporrai tutta la terra di nuovo e con i piedi eguaglierai la terra in cima.
Se ne mancherà, il terreno sarà rado e più adatto alle pecore e alle viti benigne; se poi negheranno di poter andare nel loro posto e riempite le fosse la terra traboccherà, il suolo sarà denso: aspettati zolle dure e dense creste e fendi la terra con forti giovenchi. Invece la terra salata e che è detta amara (quella, infeconda nelle messi, non si ammansisce con l'aratura e serba né la specie di Bacco né il suo nome ai frutti) darà tale prova: tu stacca dal fumoso casolare cesti di spesso vimine e colatoi di
torchi; qui siano calcate fino al pieno quella cattiva terra e dolci acque dalle fonti: tutta l'acqua traboccherà certamente e grandi gocce andranno per i vimini; e il sapore evidente farà indizio e le bocche schifate di coloro che assaggiano si torceranno per il sapore amaro. Così impariamo quale terra sia pingue, con questo modo: dopo che è stata agitata in ogni senso con le mani non si sgretola, ma a guisa di pece si attacca alle dita nello stringerla. Quella umida nutre erbe più alte e lei stessa è più grassa di quanto occorre. A, quella non sia a me troppo fertile, non si mostri troppo feconda con le prime spighe. Quella che è pesante, si mostri tacita con il suo stesso peso, che la lieve. È facile distinguere con gli occhi la nera e quale colore. Ma è difficile interrogare il freddo rovinoso; talvolta rivelano l'indizi i pinastri, i tassi nocivi e le nere edere. Dopo aver osservato questo, ricordati didepurare col fuoco la terra molto prima e di fenderele balze più alte con fossi e di mostrare le zolle rivoltate a Aquilone, prima che pianti la specie lieta di viti. Ottimi i campi da suolo molle; questo lo curano i venti e le gelide brine e il robusto aratore che muove le zolle indebolite.
Ma se nessuna attenzione sfugge agli uomini che prima cercano un luogo dove la tenera pianta sia preparata, simile a quello dove presto saranno trapiantare affinché i germogli non rifiutino l'improvviso mutamento della madre.
(ma se alcuna attenzione non sfugge agli uomini, prima cercano un luogo simile dove la prima pianticella sia preparata con gli alberi e in cui trapiantata presto sia sopportata, affinché i germogli non rifiutino l'improvviso mutamento della madre)
E anche segnano la regione del cielo sulla corteccia, per rimettere (affinché rimettano) ciascuno (quaeque) nella posizione in cui era stato, nella parte con cui abbiano sopportato il calore dell'Austro.
o abbiano volto le spalle al polo: così tanta è l’abitudine nelle tenere(piante).Cerca prima se sia meglio porre la vite sui colli o in pianura. Se misurerai i terreni di campipingui, semina fitto: in un terreno denso Bacco non sarà tardivo; se poi (sott. hai) un suolo ecolli pendenti con tumoli asseconda i filari: nondimeno il sentiero con il confine tracciato tragli alberi piantati quadri perfettamente, come spesso in una grande battaglia quando unalunga legione dispiega le coorti e l’esercito sta nel capo aperto e le schiere allineate e tutto ilterreno vastamente fluttua di bronzo splendente, e non ancora mischiano orride battaglie, madubbioso Marte erra in armi nel mezzo.
Tutte le dimensioni dei sentieri siano di pari numero, non solo affinché la visione dilettil’animo vuoto, ma anche perché la terra altrimenti non darà a tutte forze eguali, e i rami nonpotranno estendersi nel vuoto.
Forse ti chiederai quali siano le
profondità nelle fosse/alle fosse (in questo secondo caso dativo di possesso, quale profondità abbiano le fosse). Oserei affidare la vite a un tenue solco.
L'albero è conficcato più profondamente e a fondo in terra (defigo regge il dativo), l'eschioper primo, che, quanto tende all'aria eterea con la cima, tanto tende con le radici al Tartaro.
Dunque non lo stravolgono né gli inverni, né le raffiche né le piogge; rimane immobile escorrendo vince nel durare molti discendenti e molte generazioni di uomini; allora spiegando i forti rami e le braccia ampiamente, qui e là sostiene nel mezzo la grande ombra.
Non ti volgano al sole cadente i vigneti, non seminare tra le viti il nocciolo, non chiedere iramoscelli alti non strappare gli alti germogli dall'albero (tanto li ama la terra) non ledere la semina col ferro smussato, non mischiare i tronchi selvatici con gli olivi.
Infatti spesso il fuoco cade a pastori incauti,
che prima nascosto furtivamente sotto la corteccia pingue prende vigore, e guizzato verso alte fronte, da un grande rumore al cielo; poi incalza vincitore per i rami e regna dalle alte cime e tutto il bosco involve con le fiamme e denso solleva al cielo una nube nera di caligine come pece, soprattutto se incombe una tempesta dalla cime sulla selva e avvolge il vento portando le fiamme. Quando accade ciò, non hanno forza dalle radici e potate non possono ritornare simili e rigermogliare dalla terra profonda; l'oleastro improduttivo sopravvive con foglie amare. E alcun (quisquam) maestro tanto prudente ti persuada a smuovere la rigida terra mentre soffia il vento di Borea. Allora l'inverno chiude col freddo i campi, e, gettato il seme, non lascia che le radici indurite si attacchi alla terra. Ottima la semina dei vigneti, quando viene il bianco uccello, nella primavera che rosseggia, mal visto dalle lunghe serpi, o sotto i primi freddi dell'autunno, quando l'ardente.