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Estratto del documento

Eumene II avrebbe incrementato la produzione di pergamene, per far accrescere

comunque la biblioteca.

Chi sono Ptolemaei e Eumenis? Per Tolomeo si tratta, dal p. di vista cronologico, o di

Tolomeo V Epifane, o di Tolemeo Filometere (perché siamo tra fine III e inizio II a.C.).

per Eumene si tratta sicuramente di Eumene II, fondatore della biblioteca di Pergamo.

“in seguito si diffuse indiscriminatamente (promiscue) l’uso del materiale sul quale si

fonda l’immortalità degli uomini”.

Anche qui Plinio riprende il concetto iniziale: la memoria umana si fonda sui materiali

scrittori, e così si può tramandare.

Finisce così questa sezione di storia culturale relativa alla nascita dei rotoli di papiro, e

inizia la vera e propria sezione botanica (la prima sezione secondo Dorandi).

Par. 71

Siamo nella sezione botanica, quindi descrizione fisica del papiro.

Questa sezione è costruita sulla base dell’Historia plantarum di Teocrito.

“Il papiro, dunque, nasce nelle paludi d’Egitto o nelle acque stagnanti del Nilo, dove

dopo esondate (evagatae-> participio congiunto ad aquis) ristagnano in pozze che

non superino l’altezza di due cubiti [trad letterale: per un’altezza che non superi i due

cubiti di pozzo, gurgitum, genitivo – è un ablativo assoluto con val. concessivo], (poi

ha una radice obliqua dello spessore di un

troviamo una serie di ablativi di qualità)

braccio, il fusto a sezione triangolare, non più lungo di dieci cubiti di lunghezza,

terminando in sottigliezza e lo chiude una punta(cacumen) simile a un tirso, senza

semi e senza nessun altro uso se non quello di coronare di fiori le statue degli dei

(finale)”.

Qui ci sta descrivendo la pianta dal punto di vista botanico. Osserviamo alcuni termini:

“thyrsi” è il bastone delle baccanti, che veniva portato da Bacco, perché il papiro è

abbastanza alto, arriva fino a 2 metri e ha molti fiori. Osserviamo pianta di papiro.

Vediamo l’Infiorescenza del papiro, immagine tratta dal “trattato sul papiro” di

Domenico Cirillo, un botanico del ‘700.

Il papiro termina con questa ampia infiorescenza, e Plinio lo paragona a un tirso, quindi

al bastoncino fiorito che portavano in corteo le baccanti.

PLINIO – SECONDA PARTE (27-04-21)

Par. 22 – da rigo 72

Plinio ci conferma alcuni usi pratici del papiro, ancora lontani da quello di materiale

scrittorio.

Gli abitanti della zona si servono delle radici come legno, non soltanto per il fuoco, ma

anche per altri utensili da lavoro. Dallo stesso papiro costruiscono imbarcazioni e dalla

corteccia vele e stuoie, e capi di vestiario, nonché materassi e corde. Lo masticano

anche cotto o crudo ingoiando soltanto il succo. → anche Erodoto nel nono libro parla

del papiro arrostito, dunque in senso alimentare.

Nasce anche in Siria, vicino al lago intorno al quale cresce il calamo aromatico, → frase

quem

concisa in cui mancano alcuni elementi: il verbo essere viene sottinteso e

lacum;

deriva dall’attrazione del relativo perché concorda con il calamo aromatico è

una graminacea

e il re Antigono per le attrezzature navali non usava altre funi, dato che ancora non si

era diffuso lo sparto. → ad oggi sappiamo che esiste il papiro siriano, quindi Plinio ci

parla della geografia della diffusione del Papiro; per “Antigono” si intende

Antigono Monoftalmo, generale di Alessandro e uno dei suoi diadochi; lo sparto era

un’altra pianta del Mediterraneo di natura stepposa appartenente alla famiglia delle

graminacee che cresce attorno alle coste

Recentemente si è capito che il papiro che nasce lungo l’Eufrate presso Babilonia ha lo

stesso uso di carta; e tuttavia finora i Parti preferiscono intessere le lettere sulle stoffe.

→ Plinio fa un cenno al papiro come materiale scrittorio

Par. 23

Si prepara il rotolo da questo diviso con un ago in strisce sottili, ma quanto più larghe

possibili. La parte migliore sta al centro, e quindi in ordine di taglio. → viene descritto il

fibras,

procedimento; si riferisce alle striscette con il termine ma successivamente ne

acu – ago

userà altri; per tradotto come - si intendeva un coltellino di metallo o di osso

che serviva a preparare le striscioline, ma questo termine, benché tramandato dai

acu

manoscritti, non viene accettato da tutti, tant’è che un filologo corregge questo in

accurate perché non abbiamo testimonianze certe su cosa fosse questo oggettino con

cui si tagliavano le striscioline; lo stesso filologo di prima interpreta l’espressione

principatu medio diversamente, sostenendo che si trattasse di punto tra base del fusto

e infiorescenza, ma è un’ipotesi oggi scartata

C’è un brusco cambio d’argomento: ora si passa alla trattazione relativa alla qualità

della carta del papiro, che dipendeva dall’ampiezza dei fogli.

Anticamente si chiamava hieratica quella dedicata soltanto ai rotoli religiosi, che per

adulazione prese il nome di Augusto, così come quella di seconda qualità di sua

moglie Livia: così la hieratica discese al terzo nome.

A quella seguente fu dato il nome di anfiteatrica dal luogo di fabbricazione: l’officina

dell’ingegnoso Fannio ne assunse l’appalto a Roma e

(enallage nel testo latino)

assottigliatala con una modifica accurata la rese la migliore da plebea che era e le

diede il suo nome; quella che non era stata rimaneggiata, mantenne il suo nome di

anfiteatrica. → non sappiamo chi sia Fannio; il nome del luogo deriva probabilmente

dall’anfiteatro di Alessandria perché secondo una testimonianza di Strabone lì si

fabbricavano i rotoli; secondo un filologo avrebbe aggiunto un terzo strato per rendere

la carta più resistente, secondo altri due filologi la modifica di Fannio consisterebbe

tenuatam

solo in una spianatura più accurata col martello, perché sembrerebbe

alludere ad una spianatura della carta più sottile

Dopo questa viene la Saìtica dalla città dove c’è in massima abbondanza, si ricava dai

rametti di peggiore qualità e si ricava ancor più vicino alla corteccia la temeòtica,

vendibile a peso, non in base alla qualità, → le misure vanno dai 24cm fino agli 11cm

Infatti l’emporitica, inutile per scrivere, serve per l’imballaggio per le merci e come

carta per involti leggeri, perciò prese il nome dai mercanti. Dopo di questa c’è la parte

più esterna del papiro, simile al giunco e non serve nemmeno per le funi a meno che

non siano utilizzate nell’acqua → si ha notizia dell’imballaggio anche in Persio, quando

dice che spera che la sua poesia sia “degna del rombo”, in riferimento al fatto che

usum mercbius

questo tipo di pesce veniva imballato al mercato; da fino a è la lezione

tramandata dai codici e accolta dall’editore, ma ne esiste un’altra che dice “offre l’uso

praebet

per l’imballaggio DELLE merci”, utilizzo del genitivo con attestato

effettivamente anche in altri passi di Plinio

Si riprende il discorso interrotto due paragrafi fa, quello sulla produzione.

Tutto si tesse su una tavola impregnata di acqua del Nilo. Il liquido torbido ha effetto di

colla. Verticalmente inizialmente si stendono sulla tavola le strisce per quanto

possibile per tutta la lunghezza del papiro, tagliando da entrambi i lati le parti

eccedenti, poi di traverso si porta a termine il graticcio. texitur cratest

→ e

linguaggio ambiguo e metaforico

costituiscono un che attinge al lessico della

tessitura; questo accenno alla colla darà luogo ad una digressione sulle varie colle

in rectum

usate; può essere tradotto anche come “in linea retta”, perché che le strisce

fossero messe prima in orizzontale o prima in verticale non aveva importanza

Quindi con le presse si schiaccia, e con le plagule i fogli si fanno seccare al sole e si

uniscono tra di loro, sempre in ordine decrescente dalle migliori alle peggiori. → questa

è una frase ambigua perché le fibre usate per la creazione dello stesso foglio

dovrebbero essere della stessa qualità, quindi forse semplicemente la parte centrale

del rotolo era fatta con la parte migliore, quella esterna con la parte più resistente

Infatti un rotolo non ne ha più di venti ( est possesso) allo scapo.

sott. per dativo di → lo

scapo è il cilindro di legno attorno cui si arrotolava il papiro, che qua indica l’intero

rotolo

Par. 24

E’ grande la differenza tra loro in larghezza: di 13 dita le migliori, alle ieratiche ne

sottraggono due, la fanniana ne ha 10, l’anfiteatrica uno di meno, ancora di meno la

saitica, tanto da non essere sufficiente per il martello, infatti la lunghezza

dell’emporitica non supera le sei dita. Inoltre si guarda nei rotoli la sottigliezza, la

consistenza, la bianchezza, la levigatezza. → nec malleo sufficit

su sono state

formulate due ipotesi: o la testa del martello superava le dimensioni del foglio di

papiro, o era talmente di bassa qualità che la carta si sarebbe sfaldata

L’imperatore Claudio cambiò il primato: infatti la troppa sottigliezza non permetteva

all’Augusta di tollerare il calamo; oltre a ciò lasciando trasparire le lettere si

aggiungeva il timore di macchie sull’altro lato, e altre trasparenze sgradevoli alla

vista. Così dal secondo tipo fu fatto il primo strato, e dal primo tipo fu fatto lo strato

superiore. Aumentò anche la lunghezza della misura di un piede. → nei papiri

verso, recto,

generalmente si scriveva non sul sul con scrittura perfibrale, ma poteva

verso,

capitare di trovare papiri scritti anche sul soprattutto nel caso di lettere, il

problema della carta era che l’inchiostro veniva assorbito e creava macchie sul lato

non scritto, quindi l’imperatore inverte i due strati in modo da sopperire a questo

difetto e accrescendo le misure del foglio

Ce n’era anche uno di un cubito, il macrocollo, ma l’uso ne ha scoperto il vizio, con la

rimozione di una sola striscia si rovinano più colonne. → il macrocollo era un foglio di

dimensioni ancora più ampie, il cui problema stava nel fatto che, a causa delle grandi

dimensioni, il difetto di una sola strisciolina poteva compromettere le colonne di

paginas

scrittura; sono le colonne di scrittura

Per questi motivi fu preferita a tutte le altre la Claudia, ma all’Augusta fu lasciata il

primato per le epistole; la Liviana come seconda carta, che non aveva nulla della

prima, ma tutto della seconda scabritia

Adesso si comincia a parlare della , cioè l’asperità del papiro levigato con

alcuni strumenti.

L’asper

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
11 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/05 Filologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sal.Richy di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Abbamonte Giancarlo.