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Analogia legis e analogia iuris: Bologna contro Orléans
1. Alcune fonti della fine del XIII secolo parlano di un ben definito evento accademico che ebbe luogo nella città francese di Orléans: lo svolgimento di una repetitio magistrale su una delle norme più controverse del Codex giustinianeo (le repetitiones consistevano in lezioni tenute fuori dall'orario didattico normale destinate ad approfondire l'esegesi di leggi o paragrafi di speciale rilievo). Questa vicenda didattica appare così importante e prestigiosa da richiamare l'attenzione di tutti i maestri e gli studenti che componevano lo Studium universitario. E la ragione di tanto interesse risiede nel fatto che il relatore che avrebbe svolto la solenne repetitio dinanzi all'intero corpo studentesco cittadino era Francesco d'Accursio, esperto e rinomato giurista proveniente dalla sede universitaria unanimemente riconosciuta come la più antica ed illustre per quanto
Riguardava lo studio del diritto, ossia Bologna, ma soprattutto era uno dei tre figli del famoso Accursio, e cioè del celebrato e notissimo autore dell’opera che rappresentava sino a quel momento la più completa ed autorevole trattazione dottrinale mai prodotta nel campo giuridico: la Magna Glossa. La repetitio che il maestro bolognese avrebbe ottenuto nella sede universitaria francese rappresentava un’imperdibile opportunità di acquisizione di esperienza pratica per quanto riguardava la tecnica didattica in uso presso i Glossatori e, insieme, una considerevole occasione di approfondimento per quanto concerneva il tema su cui si sarebbe incentrata la spiegazione e la discussione di quel giorno.
2. Il tema scelto da Francesco d’Accursio per la sua lezione consisteva nell’esame di una legge del Codex particolarmente difficile ed insidiosa: si trattava della costituzione giustinianea Cum proeo (Cod 7.47) che rappresentava la sedes materiae.
Dell'istituto del risarcimento del danno prodotto dal mancato adempimento di una prestazione obbligatoria derivante da contratto, ossia quella particolare forma di reazione predisposta dal diritto per punire la mancata esecuzione della prestazione obbligatoria contemplata in un accordo e, conseguentemente, per risarcire il danno prodotto dall'inadempimento del debitore mediante il conferimento di un indennizzo pecuniario in grado di compensare l'interesse del creditore. Il testo del Cod 7.47 prevedeva la disposizione di due diversi tipi di sanzione per colpire l'inadempimento delle obbligazioni: nel primo caso, quando l'inadempimento presentava carattere di certezza, il creditore che non aveva ottenuto la prestazione obbligatoria che era stata pattuita tramite l'accordo contrattuale poteva rivolgersi al giudice per ottenere la condanna della parte inadempiente al pagamento dell'interesse, ossia di una somma pecuniaria il cui ammontare consisteva al
massimo nel doppio del valore della prestazione dedotta in obbligazione; nel secondo caso, quando cioè l’inadempimento presentava carattere di incertezza, spettava invece al giudice stabilire l’esatto ammontare del danno subito a causa del mancato adempimento della prestazione e condannare quindi il debitore a risarcire il creditore nella misura del danno effettivamente sopportato.
3. Ciò che però nel dettato della lex giustinianea mancava è una precisa definizione che indichi quali casi presentino la caratteristica della certezza e quali casi siano invece da considerare incerti.
4. La rinomata complessità della legge del Codex scelta per la repetitio non dovette spaventare in modo particolare Francesco d’Accursio, che di fronte ad ogni questione poco semplice da risolvere o nel caso di dubbi troppo ardui era solito fare ricorso all’autorità del padre, di cui seguiva gli insegnamenti e difendeva la dottrina in ogni circostanza.
Anche in quell'occasione