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Musil, R., L’uomo senza qualità (Parte prima) (1930), tr. it. di A. Rho, vol. 1, Einaudi, Torino, 1957,
2
1972, p. 5.
3 Ejchenbaum, B., La teoria del “metodo formale” (1928), in Todorov, T. (ed.), I formalisti russi, cit.,
p. 37.
letteratura non è la letteratura, ma la letterarietà, cioè ciò che di una data opera fa un’opera
4
letteraria» .
Pur nella loro (parziale) diversità, tutte queste posizioni assumono o considerano il testo
letterario come un’entità oggettiva, un fenomeno autonomo e quasi autosufficiente. Su questa
linea sembra muoversi lo stesso Jakobson, il quale, individuate le famose sei funzioni
linguistiche, afferma che, nel testo letterario, prevale la «messa a punto (Einstellung) rispetto
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al m e s s a g g i o in quanto tale, cioè l’accento posto sul messaggio per se stesso» . Ma
Jakobson fa un’importante precisazione (spesso ignorata o non tenuta nel debito conto):
«Sebbene distinguiamo sei aspetti fondamentali del linguaggio, difficilmente potremmo
trovare messaggi verbali che assolvano soltanto una funzione. La diversità dei messaggi non
si fonda sul monopolio dell’una o dell’altra funzione, ma sul diverso ordine gerarchico fra di
esse. La struttura verbale di un messaggio dipende prima di tutto dalla funzione
6
predominante» . La cosiddetta “funzione poetica del linguaggio”, dunque, non impedisce di
per sé la compresenza – per quanto ridotta gerarchicamente – di altre funzioni da parte di uno
stesso testo: ad esempio, nel testo epico, oltre alla funzione poetica (predominante), si ha
anche quella referenziale.
Contro una visione del testo letterario come entità autonoma e autosufficiente si è
espresso Siegfried J. Schmidt, fautore di una “teoria empirica della letteratura”. In Die
notwendige schmidtkunst (“La necessaria schmidtarte”), così afferma per aforismi: «per antica
tradizione l’arte dipende dal consenso», «“arte” è un nome proprio», «i nomi propri non sono
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scelti da chi li porta», «l’arte si estingue con la vita» . Vale a dire: la letteratura non è,
semplicemente, un insieme di opere letterarie, bensì un complesso sistema sociale di azioni
che ha al suo centro i testi letterari, i quali non sono più considerati ontologicamente autonomi
e dotati di uno o più significati e valori intrinseci. Schmidt, cioè, ritiene che la “letterarietà”
non sia una qualità intrinseca a certi testi, bensì una qualità assegnata a determinati testi in
base a convenzioni e valori storico-sociali ed estetico-culturali.
Una volta premesso tutto ciò, possiamo cercare di definire quali sono le proprietà da
assegnare a un determinato testo al fine di poterlo considerare “letterario”. A tal fine, ci
serviremo soprattutto delle acquisizioni della linguistica del testo e della testologia semiotica.
Ivi.
4 Jakobson, R., Saggi di linguistica generale (1963), a cura di L. Heilmann e L. Grassi, Feltrinelli,
5
Milano, 1966, p. 189.
Ivi, p. 186.
6
7 Schmidt, S.J., La comunicazione letteraria, a cura di C. Marello, Il Saggiatore, Milano, 1983, pp.
29-31.
1.3. Il testo letterario come mondo possibile intensionale
Un testo letterario può anzitutto essere considerato come un mondo possibile, cioè come un
mondo organizzato in una certa maniera che può coincidere del tutto, in parte o per nulla con
il nostro modello di mondo (reale). Un mondo possibile indica un mondo come potrebbe
essere o avrebbe potuto essere in conformità o meno con le leggi del nostro mondo reale;
infatti, un mondo possibile con le stesse leggi naturali del mondo reale è solo un sottoinsieme
della classe di tutti i mondi “logicamente” possibili, i quali includono anche molti mondi
fisicamente e/o tecnologicamente impossibili. Pertanto, un testo letterario è un testo il cui
mondo costituisce un’alternativa al modello del mondo reale in cui quel testo è (stato)
prodotto/creato/costruito e/o ricevuto. Tuttavia, “alternativo” non significa, necessariamente,
“opposto”, ma indica, più semplicemente, una possibilità diversa di stati di cose o situazioni.
A questo proposito Albaladejo individua tre tipi di modello del mondo:
(1) reale: è il modello a cui corrispondono i modelli del mondo le cui regole sono quelle del
mondo reale oggettivo;
(2) verosimile: è il modello a cui corrispondono i modelli del mondo le cui regole, pur
essendo diverse, sono compatibili con quelle del mondo reale oggettivo;
(3) inverosimile: è il modello a cui corrispondono i modelli del mondo le cui regole non sono
quelle del mondo reale oggettivo né sono simili a queste, in quanto comportano una loro
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infrazione .
Una teoria semiotica della letteratura e del testo, quindi, deve quanto meno esaminare i vari
stati di cose che possono darsi in un testo letterario o in vari testi letterari, e i vari modi –
sincronici e diacronici – in cui questi stati di cose sono elaborati dai riceventi.
Tuttavia, anche nei casi in cui ci si trovi di fronte a un alto grado di fantasia o inventività,
la domanda non è tanto: «Com’è possibile tutto ciò?», quanto piuttosto: «Perché è possibile
tutto ciò? ». La risposta non può che essere: «Perché siamo in un mondo possibile alternativo
al mondo reale o al modello del mondo di riferimento». Perciò non ha senso, o perlomeno
importanza, interrogarsi sulla “verità esterna”, sulla verifica “denotativa” di situazioni,
enunciati (proposizioni), individui presenti in un testo letterario. 9
In secondo luogo, il testo letterario può essere visto come una (ampia) intensione . Dire
che un testo letterario è una (ampia) intensione significa dire che un testo letterario è
concepibile come un insieme di individui, oggetti, stati di cose, avvenimenti, ecc., dotati, sì, di
Albaladejo, T., Teoría de los mundos posibles y macroestructura narrativa, Universidad de Alicante,
8
Alicante, 1986, pp. 58-59.
Per i concetti di estensione e intensione cfr. il § 2 del capitolo secondo di questo volume.
9
proprietà, ma privi di estensione. In altri termini: il testo letterario può essere descritto (nei
suoi elementi costitutivi), ma non ha una (sua) estensione nel mondo reale o in un mondo
possibile. D’altronde, di tutto ciò era già ben cosciente Luciano di Samosata (125-190 d.C.
ca.), che, nella sua Storia vera (I ), avverte: «Scrivo di cose che non ho visto né esperito
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personalmente, né ho appreso da altri, anzi di cose che non esistono proprio né potranno mai
esistere».
Ed è proprio a questo punto che si pone (e può esser chiarita) la questione della coerenza
dei testi letterari. Se un testo letterario può essere considerato un mondo possibile, allora la
coerenza di un testo letterario può essere vista come la coerenza di un mondo possibile in cui
nulla è o dovrebbe essere fortuito, casuale. Pertanto, questo tipo di coerenza è simile a – o è
determinato da – un insieme di “proprietà necessarie”. Ciò significa stabilire, per esempio,
cosa accade e perché accade in un testo letterario.
Ora, ammesso che ciò sia valido per il mondo reale, nel caso dei mondi possibili dei testi
letterari le cose stanno diversamente, in quanto viene a cadere l’assunto della casualità,
dell’accidentalità. Infatti, nei mondi possibili dei testi letterari ciò che accade o non accade
dipende dall’autore, sì che si potrebbe parlare di “causalità-guidata”.
La concezione intensionale dei testi letterari serve anche a spiegare – sia pur di sfuggita –
il fenomeno della loro de-contestualizzazione e ri-contestualizzazione. Ciò significa che un
testo letterario, benché prodotto sempre in un contesto storico-culturale ben preciso, può
essere “riproposto” (letto, interpretato, ascoltato, rappresentato) in contesti diversi, magari con
finalità dissimili da quelle originarie. Segre ha posto la questione in questi termini:
l’emittente deve introiettare il contesto del messaggio, facendo in modo che il messaggio,
inglobando i riferimenti necessari alla situazione di emittenza, sia praticamente autonomo.
Se si vorrà spiegare la genesi di un’opera sarà utile, quando possibile, la ricostruzione del
contesto; ma l’opera ormai da questo contesto può prescindere, salvo per quanto essa stessa
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ne conservi .
Un’altra caratteristica tipica del testo letterario è quella della polisemia. Questo concetto
viene spesso confuso con quello di ambiguità. Un enunciato è ambiguo se determina più
interpretazioni, di cui, però, se ne sceglie solo una a scapito delle altre. Nel caso della
polisemia, invece, dato un enunciato come « » (Inf. I ), è possibile
m’apparve d’un leone 45
assegnare alla parola «leone» almeno due valori: /superbia/ – /violenza/, ma non in modo che
l’uno escluda necessariamente l’altro: il leone può essere a un tempo sia allegoria della
superbia, sia allegoria della violenza; l’una allegoria non esclude l’altra.
10 Segre, C., Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino, 1985, p. 35.
Questa natura polisemica del testo letterario chiama in causa il problema della
interpretazione. Si ricordi il passo di Gargantua e Pantagruele dove si discute circa il
significato di un “Enigma trovato nello scavare i fondamenti dell’abbazia dei Telemiti”:
Il frate disse:
– Che cosa pensate, a vostro giudizio, che volesse designare e significare questo
enigma?
– Che cosa? – rispose Gargantua: – il corso e la conservazione della verità divina.
– Per San Goderano! – disse il frate: – tale non è la mia interpretazione. Lo stile è
quello di Merlino il Profeta. Trovateci dentro le allegorie e interpretazioni più gravi che
volete, e sognateci sopra, voi e tutto il mondo, fino a che vi piacerà. Io per parte mia non
penso che ci sia dentro nessun altro significato se non una descrizione d’una partita al
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pallone in termini oscuri .
In relazione a questa problematica affrontata in modo scherzoso o parodistico da
Rabelais, anni fa Eco – sulla scorta della semiosi illimitata Peirce – definì l’opera d’arte (e
quindi il testo letterario) come una “opera aperta”, ossia come una generatrice di
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