Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 44
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 1 Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Fondamenti di analisi del testo letterario Pag. 41
1 su 44
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

L'infinito (1819)

Quando ha scritto l'infinito Leopardi aveva 21 anni, un testo poetico si può leggere seguendo il senso ma si può anche leggerlo rispettando le pause del verso. In questa poesia la pausa è molto significativa. La prima è una possibilità che segue il senso, la seconda è una possibilità che segue il suono e lo mette in una relazione problematica con il senso. Enjambement qui ne abbiamo tantissimi (interminati spazi, sovrumani silenzi, quello infinito, questa immensità) lo scopo di spezzare i versi così è una questione di respiro, rispettando l'enjambement noi ci mettiamo un po' d'infinito dentro, ci mettiamo dentro delle pause e del silenzio che dilatano il verso, la scrittura in versi chiede che queste pause vengano fatte. Questi sono versi endecasillabi, gli accenti cadono sulla prima, sulla seconda, sulla sesta e sulla decima. Non ci sono rime, c'è tutta una

Serie di allitterazioni per cui anche se non c'è una rima i versi hanno lo stesso una musicalità, questi endecasillabi visto che non hanno rima sono endecasillabi sciolti. Leopardi rifiutando la rima fa una cosa non scontata ai suoi tempi. Se si guardano Alfieri e Foscolo loro avevano continuato a scrivere sonetti, l'infinito che ha 15 versi è un testo che non vuole essere un sonetto, non è diviso in strofe, non ha rime ed è un testo scritto con una maggiore libertà, il primo segno del rifiuto della poetic diction è rifiutare la rima. A Leopardi l'idea di scrivere in endecasillabi sciolti non se li è inventati lui, il primo uso sensibile nell'italiano letterario di endecasillabi sciolti è dato dalla traduzione dell'eneide di Annibal Caro nel 500, l'eneide è scritta in latino e in esametri, in latino non esistono le rime, quindi non usare le rime per Annibal Caro non vuol dire abbassare lo

stile ma anzi vuol dire fare una cosa daclassicista, come i latini non usano le rime così neppure Annibal Caro le usa, quindi l’assenza di rime non deve essere percepita come una cosa facile, è una scelta classicista. L’Eneide tradotta poteva anche essere scritta in ottave, c’è da chiedersi quale era il corrispettivo di quel genere nel linguaggio italiano, il più ovvio corrispettivo per un poema narrativo era l’ottava, l’ottava ha una struttura molto netta ABABABCC quindi sono endecasillabi rimati. È vero che la Divina Commedia è anche narrazione, però la terzina si era specializzata in un altro senso, la terzina dantesca si era specializzata o in visioni allegoriche oppure in una poesia non epica per cui la terzina era ipoteticamente una possibilità ma già nel 500 si aveva l’impressione che non servisse bene a raccontare e l’ottava era la scelta migliore, la scelta che fa Bembo a.

Quell'epoca di usare il verso sciolto e non l'ottava era una scelta marcata, era come se lui dicesse che siccome i latini non avevano le rime quindi neppure io le uso e adotto il verso sciolto. L'endecasillabo sciolto comincia a colonizzare altri generi, come i sepolcri di foscolo che sono dell'inizio 800, poi venivano usati gli endecasillabi sciolti per tradurre i testi degli antichi come l'idillio. Leopardi sceglie di scrivere in questi anni poesie nuove legate alla contemplazione del paesaggio ma che siano anzitutto avventure storiche del suo animo, cioè poesie che non sono solo descrittive del mondo naturale come in parte succede negli idilli ma anche parlano dell'emozione e del sentimento che suscitano nel poeta. Gli idilli di teocrito venivano tradotti in endecasillabi sciolti. L'endecasillabo sciolto nasce per tradurre l'epica, diventa un metro di traduzione dei classici, si presta ad una poesia riflessiva e argomentativa come sono.

i sepolcri che sono epistole e poi arrivano alla poesia lirica, far arrivare alla poesia lirica l'endecasillabo sciolto che era un metro non inventato per la lirica; questo è un segno di come cambia il linguaggio letterario, si passa da un metro di traduzione classicista alla poesia lirica che solitamente era scritta in sonetti, ballate, canzoni. Per un lettore dell'epoca di Leopardi era una cosa abbastanza inconsueta vedere della poesia lirica in endecasillabi sciolti. Parafrasi Quando l'infinito venne scritto fu percepito come un testo un po' inconsueto e nuovo, inconsueto per l'endecasillabo sciolto e per la dedizione dell'endecasillabo sciolto alla poesia lirica; che per di più Leopardi scriveva al genere dell'idillio. C'è una cosa che non torna con la sintassi che usiamo abitualmente, nei primi due versi c'è una cosa che se la scrivessimo oggi sarebbe scorretta, manca l'accordo, avrebbe dovuto scrivere“sempre cari mi furono quest’ermo colle e questa siepe” ci sono due soggetti quindi il verbo e il predicato dovrebbero essere al plurale invece lui li mette al singolare. Scrivendolo al singolare oltre a suonare meglio è più sciolto, più libero, è come se gli venisse in mente un’altra cosa e l’aggiungesse, in latino è consentito accordare il verbo con uno solo dei due soggetti, quindi lui usa questa regola che era della lingua letteraria italiana e la usa in maniera molto libera, non ce ne accorgiamo infatti ci sembra che il discorso fluisca naturalmente anche se dietro c’è questa regola che è tratta dal latino. Ultimo orizzonte è un latinismo, si usa ultimo per perdere l’estremità dell’orizzonte, non vede quello che c’è in fondo all’orizzonte. Ci sono dei debiti nei confronti della sintassi latina ma in questi primi versi Leopardi usa un lessico semplice, ermo nonÈ un aggettivo comune, ma per il resto usa un linguaggio abbastanza piano. Anche qui il lessico è un lessico comune, fingere equivale come latinismo nel senso di "mi plasmo, mi creo"; però fingere è semanticamente un latinismo ma dal punto di vista lessicale è una parola perfettamente italiana. Spaurarsi vuol dire spaventarsi, per poco non si spaura vuol dire che sente qualcosa che è simile allo spavento. L'infinito silenzio lui ce l'ha in testa e lo paragona a questa voce, questa voce sarebbe quella delle piante che stormiscono. Le morte stagioni sono il passato. Il suono del presente qui ha un significato più metaforico che reale, vuol dire tutti i segni della vita paragonati all'eternità e al passato, questo suono non è tanto un suono letterale, ma un suono metaforico, un modo metaforico per dire che lui ripensa al passato, all'eternità e ai suoni della vita che lui ha intorno a sé.Mare qui vale in sensometaforico, è il mare dell'infinità, è quello che Dante chiama nella commedia il gran mar dell'essere, è un'immagine per esprimere la vastità di tutte le cose create. Questo colle solitario mi è stato sempre caro e mi è stata sempre cara questa siepe che per un ampio tratto esclude lo sguardo dell'estremo orizzonte. Ma quando mi siedo e quando contemplo io mi plasmo nel mio pensiero spazi interminati senza fine al di là di quella siepe e silenzi sovrumani e una quieta profondissima dove per poco il cuore non si spaura. E non appena sento stormire tra queste piante il vento io mi metto a paragonare quel silenzio infinito (silenzio infinito che sta nel suo pensiero) a questa voce (io paragono l'infinito silenzio che immagino nel mio pensiero ai suoni che sento intorno a me). E mi viene in mente l'eternità, mi vengono in mente le morte stagioni, la stagione presente e viva e il suono.

di lei. Così in questa immensità il mio pensiero annega, naufragare nel mare dell’immensità è per lui una cosa dolce.

Le prime cose che identificano questo testo come poesia lirica nuova sono:

  1. anzitutto c’è l’assoluta centralità dell’io, quello che conta non è che questo colle sia bello ma che lui ci sia affezionato, gli oggetti della natura sono messi in relazione all’esistenza del poeta, l’io assume uno spazio anche grammaticalmente, si guardi con quanta frequenza vengono declinati i pronomi e gli aggettivi di prima persona singolare e poi non c’è solo questa presenza grammaticale dell’io, ma c’è proprio la centralità del testo perché questa poesia non parla veramente del paesaggio che lui vede intorno a sé, la poesia non parla di quello che lui vede, questo testo lirico non nasce dalla contemplazione di un paesaggio di fronte a lui, ma da un ostacolo
alla visione, la poesia nasce nel momento in cui lui non riesce a vedere quello che c'è oltre la siepe e se lo deve immaginare nel pensiero, cioè lo spazio di questa poesia non è tanto lo spazio fisico del paesaggio che c'è vicino a palazzo leopardi a recanati, ma è lo spazio interiore e mentale e peraltro è uno spazio mentale che non può essere tradotto in uno spazio fisico perché 1- gli infiniti spazi non possono essere misurati con i sensi, non è uno spazio fisico di cui gli uomini possono fare esperienza, l'infinito possiamo immaginarlo ma non possiamo vederlo, questa poesia nasce da sollecitazioni sensoriali perché lui guarda la siepe e da lì inizia a immaginare però per quanto la realtà materiale del mondo esista e parte da lì, la poesia nasce nel momento in cui fa un salto al di là dello spazio fisico e concreto. Leopardi per formazione era legato alla cultura

illuministica ed era un sensista, cioè pensava che le idee nascessero da sensazioni fisiche, cioè secondo quest'idea tutte le cose che noi pensiamo hanno un origine materiale. Leopardi è in quest'ordine di idee cioè quello secondo cui qualunque contenuto mentale che noi abbiamo è nato secondo un'esperienza materiale, leopardi è un materialista però la realtà così com'è non può essere oggetto di poesia perché è dura, amara, ostile e nulla, cioè la realtà così com'è non ha significato ed è indifferente alla sorte degli uomini e quindi non può essere oggetto di poesia, la poesia nasce quando c'è una distanza rispetto al mondo così com'è, qui la distanza è anzitutto sentimentale. Non è il colle in sé ad essere bello, il colle diventa amato, caro perché è passato

del tempo e fa parte della vita del poeta, è anzitutto il ricordo che rende le cose poetiche, è il tempo vissuto, le cose in sé non bastano a diventare oggetto di poesia, ci deve essere un investimento memoriale e sentimentale cioè noi dobbiamo attaccare alle cose il nostro vissuto emotivo perché le cose diventino

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
44 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giulia_180500 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fondamenti di analisi del testo letterario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Donnarumma Raffaele.