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• DA MALTHUS A DARWIN: LA TEORIA DELLA SELEZIONE NATURALE

Nell’ottobre del 1838 Darwin legge la sesta edizione, pubblicata nel 1826, del “ Saggio sul

principio di popolazione”, anche se probabilmente le teorie dell’ economista inglese gli

erano già note dato che il dibattito riguardante le misure per debellare il problema della

miseria era attentamente seguito dalla sua famiglia. Inoltre, le teorie malthusiane erano

sostenute dai Whig e Darwin si riconosceva proprio in questo schieramento politico.

Per comprendere a pieno gli effetti che l’opera di Malthus ebbe sulla formulazione delle

tesi darwiniane, occorre fare un passo indietro, fino al viaggio che il naturalista intraprese

a bordo del brigantino Beagle e che fu decisivo per il suo lavoro e la sua vita.

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Darwin stesso nell’Autobiografia sostiene: “Il viaggio sul Beagle è stato di gran lunga

l’avvenimento più importante della mia vita e quello che ha determinato tutta la mia

carriera”.

L’idea di intraprendere un viaggio, in particolare a Tenerife, nelle isole Canarie, è ispirata a

Darwin dalla lettura dell’opera in sette volumi di Alexander von Humboldt “Ricordi

personali”, in cui l’autore parla del suo viaggio in Sud America. Così Charles inizia a

fantasticare sulla possibilità di partire, fino a quando le fantasie si traducono in

un’opportunità concreta. Il 29 agosto del 1831 riceve una lettera da John S. Henslow, suo

docente a Cambridge, in cui gli viene comunicata la notizia che il capitano della marina

militare britannica, Robert FitzRoy (1805-1865), cerca un giovane di buona educazione

disposto ad imbarcarsi come naturalista sul brigantino Beagle per compiere un viaggio di

rilevazioni lungo le coste del Sud America. L’entusiasmo iniziale di Darwin è tuttavia

frenato dal parere contrario del padre, ben lontano da dare il suo consenso alla partenza

del figlio; ma Josiah Wedgwood , zio di Charles, riesce a persuaderlo a lasciar andare il

giovane.

La partenza è più volte rimandata, ma finalmente il 27 dicembre del 1831, il Beagle salpa

dal porto di Plymouth.

In quattro anni e nove mesi l’equipaggio visita luoghi semisconosciuti in cui Darwin

raccoglie moltissimo materiale utile ai suoi studi. A ogni tappa del Beagle Darwin scendeva

a terra, si addentrava all’interno del paese, attraversava pianure desolate, scalava

montagne superando fiumi ed esplorando foreste. Ovunque raccoglieva campioni di

specie, ne osservava le abitudini, li descriveva, li identificava, confrontava e ne studiava la

distribuzione geografica.

Uccelli, pesci, rettili, mammiferi, animali selvaggi e di allevamento venivano sezionati,

analizzandone il contenuto dello stomaco. Altrettanto faceva con la flora. Tra le tappe più

importanti del viaggio ricordiamo quella a Punta Alta, in Brasile, in cui Darwin fece

scoperte eccezionali grazie al ritrovamento di un ossario di giganteschi mammiferi terrestri

fossili. Ma la tappa del suo viaggio destinata ad assumere un ruolo fondamentale nello

sviluppo della futura teoria Darwiniana dell’evoluzione è sicuramente quella nell’arcipelago

delle Galàpagos, le isole delle testuggini. La particolarità di queste isole, che all’inizio non

fu notata da Darwin, era quella di ospitare faune e flore molto diverse nonostante fossero

distanti 50-60 miglia, fatte della medesima roccia, e sottoposte al medesimo clima e alla

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stessa altezza.

Tornato a Londra, egli è ormai un naturalista completo, formato, ricco di interrogativi e

riflessioni scaturite proprio dall’osservazione diretta della natura stessa: si pone domande

riguardo la distribuzione geografica degli animali e delle piante, il rapporto isole-continenti

e, in particolare, la variabilità individuale riscontrata all’interno delle singole specie.

La spiegazione data a tutte queste domande dalla maggioranza dei naturalisti britannici

era: “perché Dio ha voluto così”, “perché a Dio piaceva così”.

Tuttavia a Darwin questo non basta, vuole comprendere quali sono le leggi che regolano

la natura, che permettono ad alcuni organismi di sopravvivere negli ambienti più vari ed

ostili e perché proprio loro e non altri. Tutto questo lo porta a rifiutare le tesi creazionistiche

e non perché egli non credesse nell’esistenza di un Essere Superiore, ma perché credeva

che fosse poco probabile che il Creatore si desse tanto da fare per popolare con specie

differenti i continenti, le isole, i mari e ogni luogo sulla superficie terrestre, per di più

utilizzando criteri bizzarri e oscuri. Quindi abbraccia le tesi evoluzionistiche che forse più

facilmente possono dare risposte esaurienti ai suoi interrogativi. Infatti, Darwin era

sicuramente già certo del GRADUALISMO, cioè del fatto che tutto ciò che esiste in natura

sia il risultato di tempi immensamente lunghi, di un’azione incessante e uniforme delle

stesse forze naturali.

Infatti, nel 1837 giunge alla sua prima teoria: la Trasmutazione, secondo cui le specie che

osserviamo in natura non sono fisse, ma hanno subito cambiamenti nel corso del tempo in

modo graduale (anche Lyell aveva parlato di cambiamenti graduali della superficie

terrestre prodotti da forze in costante attività su di essa).

Tuttavia, occorre spiegare come gli organismi si adattino all’ambiente e come funzioni il

meccanismo stesso dell’evoluzione. Così, Darwin si concentra sulla variabilità individuale,

raccogliendo moltissimi dati su animali e piante ed arriva ad osservare il lavoro di

allevatori, vivaisti e giardinieri. Proprio il modus operandi di questi ultimi colpisce il

naturalista: costoro, infatti, individuano una serie di variazioni tra esemplari della stessa

specie per poi scegliere i più adatti ai loro scopi e favorirne la conservazione e la

trasmissione tramite accoppiamenti mirati. Dunque risulta evidente a Darwin che viene

operata una vera e propria selezione sugli esemplari, preferendo alcune varietà ad altre.

Perciò egli inizia a maturare l’ipotesi che la selezione messa in atto da allevatori e

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giardinieri possa avvenire anche in natura. Tuttavia è necessario comprendere in che

modo questo processo si verifichi. Darwin fu molto affascinato dal meccanismo della

variazione e probabilmente solo in seguito alla lettura del “Saggio sul principio di

popolazione” di T. Roger Malthus giunse a individuare con chiarezza l’analogia tra

selezione naturale e artificiale.

Ciò che Malthus evidenziava sulla base di dati demografici e statistici era proprio

l’inesorabile crescente sproporzione fra le risorse alimentari, che aumentano secondo una

proporzione aritmetica, e l‘incontrollabile crescita della popolazione, che avviene secondo

una proporzione geometrica. “L’incremento della specie umana può essere reso uguale

all’incremento dei mezzi di sussistenza soltanto grazie al costante effetto della dura legge

di necessità”.

e al tempo stesso le teorie economiche di Malthus lo portano a concludere che: “siccome

nascono più individui di quanti ne possano sopravvivere, in ogni caso vi deve essere una

lotta per l’esistenza, sia tra gli individui della stessa specie, sia tra quelli di specie

differenti, oppure con le condizioni materiali di vita”.

Darwin sfrutta la tesi dello squilibrio tra tasso di crescita della popolazione e aumento

delle risorse per giungere alla teoria della selezione naturale su cui inevitabilmente

influisce la lotta per l’esistenza. Egli sostiene che ogni essere vivente lotta per

sopravvivere e per moltiplicarsi sempre secondo una progressione geometrica e che tale

crescita è frenata non solo dalla mancanza di risorse, ma anche da “gravi distruzioni “,

come le epidemie, che rappresentano un elemento limitante a prescindere dalla lotta per

l’esistenza. Tuttavia i limiti posti all’aumento degli individui sono necessari ed inevitabili,

altrimenti in breve tempo una sola specie finirebbe per moltiplicarsi in modo

sproporzionato e incontrollabile. Perciò piccoli cambiamenti nell’ambiente provocano

grandi variazioni nel numero degli individui di una specie che devono far fronte non solo ai

predatori, ma anche alle condizioni poco favorevoli dettate dal clima e alla scarsità di cibo.

La lotta per l’esistenza influisce sulla selezione naturale poiché solo gli individui che

possiedono caratteristiche che li avvantaggiano rispetto ad altri possono sopravvivere,

trasmettendo tali caratteri alle generazioni future. Viene operata una vera e propria scelta

delle strutture che meglio si adattano all’ambiente. Perciò in natura si verifica una

sopravvivenza differenziata che è proprio la selezione naturale, la quale è il meccanismo

principale della trasmutazione o evoluzione.

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La teoria della selezione naturale può essere definita una teoria probabilistica, poiché

afferma che vi sono appunto, individui che hanno più probabilità di sopravvivere rispetto

ad altri. Il successo dipende dalle condizioni in cui si vive oltre che dalle singole

caratteristiche vantaggiose. I soggetti in sovrannumero vengono eliminati dalla mancanza

di spazio e nutrimento o anche, nel caso degli animali, dagli attacchi dei predatori. La

necessità di contenere la sovrabbondante fecondità delle specie rispetto alle risorse si

concretizza in una legge di natura che prevede un’inevitabile competizione.

Più tardi nell’ “Origin” scriverà: “Poiché nascono più individui di quanti ne possono

sopravvivere, deve necessariamente esistere una lotta per l’esistenza, fra gli individui della

stessa specie, fra quelli di specie diverse, e di tutti gli individui contro le condizioni fisiche

della vita”.

La semplice esistenza della variabilità individuale e di alcune varietà ben definite è la

testimonianza dell’inevitabile lotta per la vita.

“MOLTA LUCE SARÀ FATTA SULL’ORIGINE DELL’UOMO E LA SUA STORIA”.

Con queste parole Darwin conclude l’ “Origin“, escludendo ogni accenno alla creatura

privilegiata.

Fin dalle prime riflessioni sull’evoluzione Darwin concepì l’uomo come un essere soggetto

alle stesse leggi a cui sono soggetti gli altri organismi.

Darwin riconosceva che la selezione naturale non spiegava tutto: nel caso dell’uomo il

problema era complicato dalle facoltà intellettuali e morali di questa creatura. A ciò Darwin

risponde che con la comparsa dell’uomo, animale come tutti gli altri, la selezione naturale

aveva cambiato campo d’azione venendo ad agire non tanto sulla struttura fisica, quanto

sulle facoltà morali e intellettuali. Egli sarà cos

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A.A. 2014-2015
11 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/05 Storia della scienza e delle tecniche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marlene87 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della scienza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di L'Aquila o del prof Di Gregorio Mario Aurelio Umberto.