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INTRODUZIONE
L’archeobotanica è la scienza che si occupa dello studio dei resti vegetali
rinvenuti in un sito archeologico. Tale studio comporta l’acquisizione di tutta una
serie d’informazioni concernenti il sito in esame e il contesto ambientale in cui
esso è inserito.
I resti che l’archeobotanico studia possono essere suddivisi grosso modo sia in
macroresti, di cui fanno parte elementi quali frammenti di legno, carbone, semi e
frutti, che in microresti, come pollini, spore, fitoliti e diatomee.
Le informazioni che si possono ottenere dalle analisi archeobotaniche dei resti di
un determinato contesto archeologico, quindi, sono tutte notizie relative
all’ambiente circostante antico, e quindi all’evoluzione che questo ha avuto nel
corso dei secoli; notizie circa il clima ed il conseguente adattamento che l’uomo
ha avuto con questo; si possono cercare di ricostruire le tecniche di coltivazione e
raccolta, la dieta alimentare seguita dalla popolazione, l’eventuale commercio dei
prodotti utilizzati etc.. Nel complesso, tali dati si ottengono attraverso il confronto
incrociato con la letteratura già esistente e le analisi di laboratorio, molto spesso
facilitate dall’ausilio di strumentazioni adeguate come microscopi ottici a luce
riflessa o a scansione elettronica.
Le tecniche appena descritte sono state impiegate anche nello studio di un sito
archeologico presente nelle zone della Turchia meridionale, e cioè quello di
Mersin – Yumuktepe. Lo studio di tale sito, condotto oramai da più di venti anni
dall’Università del Salento, ha visto l’uso sinergico di numerose figure inerenti
l’archeologia, tra cui un’equipe di archeobotanici condotta dal prof. G. Fiorentino,
che ha permesso altresì una ricostruzione della sua storia relativa a ogni suo
livello di abitato e che risultasse il più possibile vicina alla realtà.
Questo lavoro, vuol presentare gli ultimi risultati ottenuti dal punto di vista
archeobotanico, con un interesse particolare a un nuovo tipo di grano rinvenuto
nei livelli neolitici del sito di Mersin – Yumuktepe.
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1. LA PENISOLA ANATOLICA
Figura 1.1 – L’altopiano anatolico (Turchia).
Favorita dalla posizione geografica e da un ambiente molto florido, l’area sud –
occidentale dell’Anatolia ha costituito, nella sua storia, un punto di confluenza tra
le culture occidentali e orientali, determinando uno straordinario sviluppo
insediativo della zona. Tale sviluppo si rivela dal proliferare in maniera continua
di centri urbani di notevole interesse storico – monumentale, che dal Neolitico
proseguono per il periodo Hittita, passando per l’età romana e il periodo bizantino
sino al medioevo, per arrivare infine ai giorni nostri.
In particolare, il sito di Yumuktepe è situato nel golfo di Mersin, sulla costa
meridionale della Turchia, in una zona compresa tra il massiccio del Tauro
centrale, l’isola di Cipro e la Siria settentrionale (Figura 1.2). Quest’area, posta in
una posizione geografica strategicamente importante, che dalle valli dell’altopiano
anatolico conduce alla costa e alla piana siro – mesopotamica, ha da sempre
costituito un punto nodale per i traffici commerciali, come lo è stato, ad esempio,
per il traffico dell’ossidiana, estratto dai giacimenti del complesso vulcanico
dell’Hasan Dağ, in Anatolia centrale, e diffusosi poi nel mediterraneo, ma anche
di altri numerosi materiali, come metalli, legna o vari prodotti ceramici.
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1.1 MERSIN – YUMUKTEPE
Figura 1.2 – Il sito di Mersin – Yumuktepe
I primi scavi a Yumuktepe sono stati condotti negli anni ’30 e ’40 del secolo
scorso da un’equipe di specialisti britannici, come J. Garstang, V. Gordon Childe,
S. Lloyd e T. Gurney, che ci hanno quindi confermato quanto sia stato importante
intraprendere nuovamente lo studio di tale sito, questa volta con scavi condotti
dagli anni ’90 e tuttora in corso, dalla responsabile della missione archeologica
italiana a Mersin, la dott.ssa Isabella Caneva dell’Università del Salento, in
collaborazione con l’Università Mimar Sinan di Istanbul.
Il sito di Mersin – Yumuktepe mostra quindi una notevole stratificazione,
costituita da livelli di abitato e di città fortificate già di età preistorica, cui si
sovrappongono poi insediamenti di età hittita e bizantina. Tale stratigrafia, nel
corso di più di 9000 anni di storia, va a creare una speciale forma insediativa
tipica del Vicino Oriente, ovvero un tumulo, una collina totalmente artificiale
(Figura 1.3 – 1.4), che è chiamata in arabo tell e in turco tepe.
La collina di Yumuktepe, alta all’incirca 23 metri, mostra una sovrapposizione di
abitati suddivisa grosso modo per fasi concernenti il periodo Neolitico (Antico
7000 – 6200 a.C., Medio 6200 – 6000 a.C., Tardo 6000 – 5800 a.C. e Finale 5800
– 5000 a.C.), fasi del periodo Calcolitico (5000 – 4200 a.C.), fasi del Bronzo
(2800 – 1500 a.C.), del Ferro (VIII – V sec. a.C.) e dell’età Bizantina fino al XIII
sec. 4
Figura 1.3 – La collina di Yumuktepe
Mentre la parte settentrionale della collina fu indagata dall’archeologo inglese J.
Garstang nella prima metà del ‘900, gli scavi successivi, invece, si sono orientati
verso la parte meridionale, e questo perché si è cercato di ricostruire, attraverso
uno studio comparato con la documentazione già preesistente, un quadro di
Yumuktepe che fosse il più completo possibile.
E’ stata quindi portata alla luce gran parte della storia di questo sito, grazie
soprattutto al ritrovamento di numerosi reperti ceramici, tra cui anche una delle
più antiche forme di ceramica dipinta con caratteristici motivi a zig – zag (Figura
1.5), ma anche grazie a resti di tipo paleobotanico (cereali, lenticchie, fichi, olive)
e faunistico (capra, bue, maiale, pecora), che ci hanno documentato, a partire già
dalla fase finale del Neolitico, una precoce domesticazione animale associata ad
una agricoltura ben sviluppata e diversificata.
Inoltre, proprio grazie ai numerosi resti botanici rinvenuti nel sito, è stato
possibile ricostruire l’ambiente in cui i primi abitanti di Yumuktepe si sono
insediati e cioè, costituita da un’area più intensamente alberata di quanto non lo
sia stato nei periodi storici e soprattutto nell’epoca moderna.
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Figura 1.4 – La collina di Yumuktepe
La totale assenza di resti precedenti il Neolitico, invece, è oggi attribuito a una
linea costiera più interna rispetto alle fasi di fondazione del sito, quando il mare
doveva occupare il luogo dove oggi sorge Yumuktepe.
L’area di Mersin ha subito, infatti, notevoli e importanti cambiamenti, sia dal
punto di vista naturale, con un cambio di direzione del fiume Effrenk e il graduale
avanzamento della linea di costa, dipendenti probabilmente da attività neo-
tettoniche, sia dal punto di vista dell’intervento umano. Dopo la fine degli scavi
britannici infatti, la forma originale della collina fu radicalmente modificata da
tutta una serie di pesanti interventi, tesi a trasformare il tepe in un parco pubblico.
Tali interventi hanno cancellato ogni traccia dei precedenti scavi, rendendo
estremamente complicati i raccordi stratigrafici e topografici con la
documentazione già pubblicata.
Figura 1.5 – Ceramica dipinta del Neolitico finale (5800 a.C.)
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2. IL PUNTO DI VISTA ARCHEOBOTANICO
L’analisi dei resti vegetali, soprattutto se carbonizzati, provenienti dagli scavi
archeologici, è divenuto oggi uno degli elementi fondamentali per ottenere tutta
una serie d’informazioni utili sia per una ricostruzione delle principali
caratteristiche degli ambienti passati, sia per l’individuazione delle strategie
economiche umane atte allo sfruttamento delle risorse naturali che un determinato
luogo mette a disposizione.
I primi studi archeobotanici a Yumuktepe si ebbero nel corso degli anni ’90
(Barakat 1994, 1997, 1998) e sono poi proseguiti in maniera sistematica dal 2000
sino a oggi (G. Fiorentino). Tali studi si sono occupati principalmente di mettere
in luce le abitudini alimentari e le attività agricole nei vari periodi di occupazione
del sito.
Le analisi riguardanti le ultime campagne di scavo, eseguite su oltre 6000 semi
carbonizzati e un campione rappresentativo dei frammenti di tessuto legnoso
combusto, sono state effettuate su campioni prelevati da contesti funzionalmente
diversi, come silos, caminetti, pavimenti di abitazioni, magazzini e focolari di
ogni livello costruttivo, dal Neolitico al Medioevo. Il recupero di tali reperti è
avvenuto con un campionamento sia a vista, per i carboni visibili a occhio nudo,
sia attraverso un campionamento sistematico di quantità standard di sedimento,
effettuato in particolar modo nelle situazioni che presentavano una forte
concentrazione di carboni. In quest’ultimo caso, la raccolta dei reperti è avvenuta
tramite flottazione in acqua, con setacci a maglie fine da 1 a 0,3 mm.
I risultati delle analisi eseguite presso il Laboratorio di archeobotanica e
1
Paleoecologia dell’Università del Salento ottenute tramite un microscopio a luce
,
riflessa e uno a scansione elettronico, hanno fornito una serie di informazioni
ascrivibili ad ogni periodo di occupazione del sito:
- Lo studio dei resti vegetali riferibili al periodo più antico del sito, vale a
dire al Neolitico Antico (7000 – 6100 a.C.), hanno fornito utili indicazioni
circa i prodotti coltivati e le conseguenti vie di diffusione dell’agricoltura.
1 Fiorentino G. e Ulaş B., “Agricoltura e ambiente vegetale a Yumuktepe”, in I. Caneva e G.
Kӧroğlu (a cura di), “Yumuktepe un villaggio di novemila anni”, Ege yayinlari 2010, pag. 109.
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Tra i cereali che hanno compiuto un processo definitivo di
domesticazione, sono stati rilevati il Triticum monococcum, il Triticum
dicoccum, il Triticum aestivum/durum, l’Hordeum distichum e l’Hordeum
vulgare. Invece, tra i cereali che dall’analisi morfologica sono risultati
ancora allo stato selvatico, vi sono state alcune specie di grano ed orzo,
come il Triticum boeoticum e l’Hordeum spontaneum, oltre alle prime
forme di fichi e olive del Mediterraneo. Molti sono stati anche i semi di
piante infestanti dei campi, come la Valeriana sp., l’Atriplex, la Spergula
arvensis, la Stellaria sp., etc. Tra i legumi maggiormente consumati vi
erano lenticchie, piselli, vecce e latiro; mentre, per ciò che riguarda i
prodotti importati dall’estero, provenienti sicuramente dalla zona della
Mezzaluna Fertile c’erano l’orzo e il farro medio. Particolarmente
importan