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SPIRITUALE E TEMPORALE AI POVERI.
Giovanna Antida Thouret fonda a Besançon, in Francia, la “Congregazione delle suore della carità”
In Italia, le suore di G.A. Thouret fondano la casa partenopea “Regina Coeli”, prestando servizio
nell’ospedale Santa Maria degli Incurabili di Napoli.
Grace Baxter, seguace della Nightingale, fonda a Napoli con l’aiuto della Regina Margherita, la
prima vera scuola infermieristica, denominata “Croce Azzurra”, presso l’ospedale Gesù e Maria. Le
allieve frequentano un corso biennale, con tirocinio e le lezioni dalle 8 alle 15. Le allieve rilevano
temperatura, polso, respiro, riordinando i pazienti costretti a letto, somministrando farmaci e
praticando iniezioni ipodermiche. Le iscrizioni rivolte alla borghesia non sono molte, la partenza
presenta molte difficoltà legate soprattutto alla scarsa sicurezza delle corsie per le allieve.
1901: censimento di A. Fraentzel Celli incaricata dal Min. degli Interni, che evidenzia lo scadente
livello culturale del personale infermieristico e spiega i motivi per cui il personale laico dovrebbe
essere preferito nella pratica assistenziale infermieristica. La scelta delle religiose nel ruolo di
caposala o direttrice didattica è nociva e legata alla convenienza economica, perché esse non
chiederanno mai un miglior trattamento economico o un orario più umano e non attueranno mai
rivendicazioni sanitarie. Il livello culturale carente è legato a sistemi di reclutamento che
coinvolgono soprattutto ragazze di campagna, esposte e gestite dalle suore senza badare al loro
analfabetismo. L’elevazione del livello infermieristico va attuata attraverso l’istruzione rivolta a
ragazze di buona famiglia e nubili, con lezioni bisettimanali e tirocinio pratico. Tuttavia le ragazze
delle classi sociali agiate non si avvicineranno alla professione per le scadenti condizioni di alloggio,
l’insicurezza delle corsie e la bassa retribuzione. 1909: attraverso una seconda indagine la Celli
rileva il miglioramento dal punto di vista economico ma nessun miglioramento sotto l’aspetto
professionale e culturale.
La Celli, rileva le seguenti esigenze:
Separazione tra laici e Religiose
Allontanamento dei sorveglianti maschi, apertura a direttrici e caposala laiche
Garanzia del riposo settimanale e annuale
Scuola preparatoria di almeno sei mesi, licenza elementare di base e certificato di buona
condotta.
Lezioni frequenti e tirocinio pratico
Staccare il personale anziano dalle nuove infermiere
Separare il lavoro di facchinaggio da quello di infermiera
Il primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane (Roma 1908), approva una risoluzione che
richiede un programma di formazione per tutte le infermiere italiane. Nasce la prima Scuola
Convitto Regina Elena, presso il Policlinico Umberto I. La durata del corso è di 2 anni e la direttrice
della scuola è Dorothy Snell, che si avvale di Amy Turton e di una decina di altre infermiere
britanniche.
Molte scuole nascono in tutta Italia in questo periodo, fondate dalle allieve di F. Nightingale.
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Discussione sulla sede adeguata per la formazione infermieristica ma il tentativo di formare le
infermiere in ambito universitario, come negli U.S.A., viene bocciato. Le infermiere aderenti al CNDI,
provenienti in massima parte dalla CRI, costituiscono nel 1919 l’Associazione Nazionale Italiana Tra
Infermiere (ANITI), riconosciuta nel 1922 ed affiliata al Consiglio Internazionale delle Infermiere.
Continua la rivendicazione del riconoscimento ufficiale del diploma d’Infermiera.
In Italia si contravviene alle direttive della Nightingale mirate a costituire una leadership
infermieristica. La gestione laica, le congregazioni religiose e la categoria medica, fautori della
formazione infermieristica non mirano ad elevare lo status sociale e culturale della professione,
dando adito a figure ancillari rispetto al medico stesso
La regolamentazione della formazione infermieristica nazionale avverrà a partire dal 1925, con Il
Regio Decreto 15.08.1925, n.1832, convertito in L.18.03.1926 n. 562, che dispone l’apertura di
scuole-convitto professionali per infermiere. Il R.D. 21.11.1928, n. 2330 ne dispone l’esecuzione.
I corsi sono biennali e con un successivo corso di 1 anno si potrà conseguire il certificato di
abilitazione alle funzioni direttive dell’assistenza infermieristica.
Hildegard Peplau e la relazione d’aiuto
Medeline Leininger e il modello del nursing su base transculturale
L’approccio assistenziale su base culturale è oggi indispensabile su tutto il contesto sanitario e
soprattutto da parte dell’infermiere perché è opportuno osservare le tendenze e i modi di vedere
del paziente, secondo una differenza etica e culturale o su base religiose, dove si pensa essere
impermeato di più il pregiudizio, rispettando la differente cultura ed estrazione sociale, culturale
del prossimo. Questo va preso in considerazione nel contesto assistenziale sanitario e da parte
dell’infermiere. I contenuti approfonditi in questo modello sono impermeati sugli aspetti teorico
assistenziali che fa capire come rendere applicativa questa teoria nei vari contesti di tutti i giorni. La
base di partenza è però di carattere antropologico culturale, osservare come la cultura degli altri
aiuta l’assistenza, modificandone alcune caratteristiche. E’ bene ricordare in questo caso il concetto
della relazione d’aiuto, che non va ad includere solo il rapporto infermiere assistito ma include
anche le persone che stanno attorno al paziente, come la famiglia. Il rapporto deve essere
impermeato sulla comunicazione e sull’empatia, e il rispetto reciproco e interpersonale. Quando si
ha a che fare con altre cultura bisogna essere in grado di gestire la situazione ed essere anche in
grado di confrontarci per comprendere in maniera empatica l’altro. Tutto questo deve essere
realizzato anche nell’approccio assistenziale e nella relazione di aiuto che si instaura nel processo
transculturale. Bisogna entrare in sintonia con la persona assistita e questo si può fare attraverso le
conoscenze mirate e specifiche, conoscere e constatare qualche aspetto della tradizione culturale
legata all’assistenza, i modi di considerare la malattia, la guarigione, l’assistenza stessa.
Collegamenti
Teorico-Assistenziali
Nursing Transculturale (Magdeleine Leininger)
Nursing Interculturale
Antropologico-Culturali
Fenomeno dell’immigrazione
Retaggio storico culturale
Accezione del termine cultura
Etico- Deontologici
Dimensione spirituale dell’utente immigrato
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Obiettivi applicativi del modello teorico:
Umanizzazione e Personalizzazione dell’approccio assistenziale, nel rispetto della
peculiarità culturale dell’utente
Acquisizione o potenziamento delle conoscenze su base transculturale ed
interculturale del gruppo infermieristico
Assunzione di linee guida e formulazione di protocolli per adattare l’utente al
contesto assistenziale, orientandolo per indirizzare al meglio la sua domanda di salute
Ritorno di immagine positivo per l’Azienda, impressionando favorevolmente
un’opinione pubblica sensibile a certe tematiche.
L’approccio assistenziale su base transculturale e interculturale è strettamente legato al fatto che il
bacino mediterraneo diventa sempre di più un insieme di culture. Le persone che spesso ci
troviamo ad assistere possono essere quelle che vivono esperienze traumatiche e tra queste,
l’esperienza della immigrazione ed emigrazione senza dubbio è quella che lascia maggiormente il
segno. Ma ci sono anche altri motivi come le guerre, i regimi dittatoriali e le condizioni di schiavutù
che costringono uomini, donne e bambini a lasciare il loro paese per ricercare un miglioramento
che può essere economico, ma anche per trovare una maggiore sicurezza. Le grandi ondate
migratorie dello scorso secolo hanno modificato la composizione razziale, etnica, religiosa e sociale
delle nazioni, costringendo gli operatori sanitari ad acquisire competenze specifiche per erogare
forme di trattamento culturalmente sensibili.
E’ possibile evidenziare quattro fasi dell’immigrazione:
Decisione di partire
Fase di settlement, cioè prima dell’installazione o collocazione all’interno della società di
arrivo
Integrazione o assimilazione o marginalizzazione o l’insieme di tutte queste esperienze
Decisione di ritornare
Nell’immigrato il ritorno costituisce un’immagine molto importante nel corso dell’esperienza
migratoria. L’immigrato immagina di sopportare sacrifici e sforzi in vista del ritorno. Ma spesso,
quando ritorna, riparte. Nel’50 % dei ritorni sono fallimentari, perché la società abbandonata anni
prima è cambiata. L’immigrato si scontra con una realtà diversa da quella sognata.
In base al modello sociologico di Seeman alcuni tratti determinano l’alienazione e lo stessi nei
membri delle minoranze etniche:
L’isolamento sociale: espresso attraverso sentimenti di solitudine o la sensazione di essere
rifiutati
La mancanza di potere
La non comprensione di dinamiche sociali il cui significato sfugge durante le interazioni
interpersonali
Il rifiuto di valori ampiamente condivisi nella società.
Punti all’origine dei sentimenti di angoscia, di inadeguatezza, di frustrazione, dell’insorgenza del
senso di confusione, di marginalità e di disagio spesso non compresi.
Si prende soprattutto in considerazione quello che è il retaggio culturale, che ci appartiene che ci
dice che nel passato anche il nostro paese, la Sicilia, ha vissuto l’esperienza della immigrazione. I
motivi per cui oggi si manifesta e si verifica il fenomeno dell’immigrazione è dovuta da coloro che
non posseggono alcuna ricchezza rispetto a quelli che la posseggono e tende ad allagarsi. Si
emigra per condizioni di estrema povertà ma anche per guerre, regimi dittatoriali o condizioni di
schiavitù che si riscontrano nei contesti delle persone che emigrano.
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Il retaggio socio culturale: anche il nostro paese ha vissuto l’esperienza. I siciliani hanno vissuto
sulla propria pelle l’esperienza migratoria verso i paesi, l’america, gli stati uniti e il sud america.
Gli sfoghi erano abbastanza evidenti e si rivolgevano a tutti il sistema, che li spingeva ad
abbandonare tutto perché vivevano in una condizione che non gli consentiva una vita migliore. Ad
un certo punto, il fenomeno è talmente radicato in un contesto culturale si diceva che i giovani
succhiassero con il latte il bisogno