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X/Y.
Questo tipo di enunciati sono definiti dalla PTT come traducenti equivalenti, cioè l'enunciato che un
nativo avrebbe pronunciato nella sua lingua in quel contesto.
Paradis defnisce l'equivalente traduttivo come una corrispondenza dizionaristica fra vocaboli, per
cui a casa corrisponde house. Questa è una concezione arbitraria e non rispecchia la pragmatica
della traduzione, che ha bisogno di un contesto, perché non si dica invece flat, bulding...Il
dizionario bilingue usato in questo senso è usato in modo errato, in quanto un buon traduttore lo
consulta solo per verificare la sua scelta o per verificare una parola che già conosce.
Lo steso vale per i composti che non possono essere tradotti letteralmente, per cui se in italiano ho
donna di servizio, non lo tradurrò in inglese con service woman, a meno che non stia facendo una
parodia di un italiano che parla male l'inglese.
Nella lingua naturale poi si usano fraseologismi, idiomatismi e modi di dire in cui le parole
combinate fra loro cambiano di significato, in quanto rafforzate dall'uso.
Una formula idiomatica in una lingua può corrispondere in un'altra lingua a una forma
etimologicamente e metaforicamente simile, come it's raining cats and dogs per dire che piove a
catinelle, che in nulla, tranne l'uso pragmatico, richiama il suo traducente italiano.
Il testo per essere tradotto correttamente va diviso in unità traduttive minime come prima
operazione, difficili da tradurre quando si ha a che fare con testi scritti, dove mancano le
informazioni tipiche dell'oralità, come intonazione, prosodia, pause, tonalità. Come mostra Altmann
per tradurre la frase Time flies like an arrow nel parlato esistono circa 100 possibili interpretazioni,
mentre nello scritto circa la metà e ci si potrebbe confondere nel decidere dove mettere le pause:
il tempo vola
alle mosche del tempo piace l'arco
e così via
Il traduttore sulla base delle sue esperienze e del suo bagaglio mentale potrà capire che tale forma è
analoga a quella italiana, tenderà quindi a leggere like come avverbio e non come verbo.
La seconda operazione è quella di stabilire la marcatezza funzionale, unità per unità, questo è infatti
il parametro che permette di selezionare l'equivalente traduttivo fra le varie opzioni possibili.
Il concetto di f-marcatezza non corrisponde al concetto di marcatezza normalmente utilizzato in
linguistica e definisce una forma o una struttura poco usata, cioè a bassa occorrenza. La differenza
dal punto di vista funzionale sta nel fatto che, in un particolare contesto, una determinata
espressione può risultare assolutamente comune, mentre risulta del tutto poco usata in un altro
contesto. Viceversa un'espressione usatissima in un contesto particolare può risultare molto marcata.
La f-marcatezza di un'unità linguistica quindi non è un fattore desumibile dalle parole, ma dalle
parole nel contesto, cioè il risultato del rapporto tra il come, il cosa e i fattori wh-.
Indipendentemente dal contesto quindi non c'è niente di marcato o non marcato, quindi qualsiasi
espressione può suonare marcata o non marcata a seconda di chi la usa con chi, quando, dove, come
e perché.
Una studentessa italiana di solito non dice eihlà al suo professore, ciò suscita la sensazione che si
maleducata e impertinente o che abbia grande affettività col professore; così la moglie non saluterà
il marito dicendogli i miei omaggi e se lo farà, lo farà in modo ironico, velando una sensazione di
presa in giro o sarcastica, perché arrabbiata.
Per tradurre un enunciato da una lingua all'altra è necessario un bilinguismo tale che consenta al
traduttore di trovare l'equivalente basato sul rapporto X/Y.
La f-marcatezza della moglie che dice così ci porterà a chiederci perché.
L'equivalenza funzionale è data dall'identica f-marcatezza, deve esserci quindi lo stesso rapporto
X/Y del TP in quel preciso contesto.
La f-marcatezza è attribuita a strategie euristiche, ma talvolta si può far ricorso alla computazione
esplicita, cioè riflettere consapevolmente sulle varie opzioni ed esaminare esplicitamente quale
enunciato sarebbe stato usato in quel preciso contesto per rendere esattamente lo stesso rapporto tra
il chi, il cosa, il come e il perché.
Nonostante il traduttore abbia a disposizione più tempo per prendere le sue decisioni a livello
scritto, è costretto a ingerire in modo euristico sugli elementi dell'oralità che la scrittura non è in
grado di codificare.
La PTT afferma che l'equivalenza di un testo L1 a un testo in L2 emerge dalla corrispondenza di
unità marcate e non marcate che conservino un identico livello di stranezza o neutralità, altrimenti
l'equilibrio si sbilancia e si finisce col trasformare il testo in qualcos'altro.
La f-marcatezza è il parametro che consente al traduttore di selezionare, fra i potenziali sinonimi
pre-attivati nel suo catalogo mentale, l'unico vero sinonimo che funziona nell'altra lingua come
l'unità di partenza, e di inibire i quasi sinonimi.
La traduzione è quindi un processo di selezione di sinonimi equifunzionali.
Quanto meno un testo è espressivo, quanto meno espressioni marcate ci sono, tanto più aumenta la
corrispondenza della retrovisione; se invece la funzione testuale coinvolge le emozioni, i fattori di
variazione soggettiva aumentano esponenzialmente.
Il traduttore è per prima cosa il destinatario del messaggio, deve svolgere quindi il ruolo di uditore e
lettore. Solo se il livello di bilinguismo è alto e lo rende simile a un nativo può adempiere a tale
scopo.
Per la valutazione della corrispondenza di due unità linguistiche, una di partenza e una di arrivo, il
traduttore fa appello a uno strumento mentale che gli dice ok, questo va bene.
È l'orecchio interno, sottosistema del dispositivo di traduzione che dà il comando al cervello ok →
stop computing. Il comando viene dato senza che il traduttore abbia preso coscienza di tutti i
passaggi e di tutti i calcoli, infatti semplicemente sente nella sua mente la corrispondenza.
L'orecchio interno opera una valutazione comparativa, stabilisce in modo euristico che se l'autore
dell'enunciato di partenza avesse usato la lingua della traduzione, avrebbe scelto solo quell'unità
linguistica.
Per tradurre once upon a time... il dizionario interno rimanda all'espressione fraseologica italiana,
implicitamente quindi saprà che sarebbe stata quella che l'autore avrebbe usato.
Nel tradurre “ricordami di restituirgli un libro” si può capire bene che cosa sia, infatti un ottimo
bilinguismo funzionale permette di immaginare qualcosa in due realtà verbali e di scegliere
l'alternativa che suona giusta. In un bilingue non molto addestrato, l'orecchio interno non sente
l'errore, anche se suona male. Ciò è dovuto all'interferenza, che deriva da problemi di confusione fra
due lingue, tipici degli immigrati, che colpisce molto spesso i traduttori inesperti e che deve essere
addestrato quindi con attenzione e riguardo.
Può accadere infatti che un enunciato tradotto erroneamente, non sia sentito errato da un traduttore
inesperto in quanto sotto l'effetto della lingua madre. Il difetto non si nota perché l'orecchio interno
ha memorizzato l'effetto della frase della sua lingua – che suona bene.
Questo fenomeno è un'interferenza dovuta alla memoria ecoica, legata all'eco mentale dei suoni.
Questo tipo di interferenze può portare qualsiasi bilingue a violentare la lingua della traduzione,
anche se è la lingua madre e può indurre anche un traduttore esperto all'uso di quello che in gergo
tecnico viene definito traduttese – risultato di un calco sintattico, morfologico, lessicale,
etimologico dell'unità di partenza ed è una piaga della pseudo-didattica scolastica, un ibrido, una
lingua inesistente, che può anche essere grammaticalmente esatta, ma che non corrisponde mai alla
pragmatica della realtà linguistica di arrivo.
Se l'asimmetria strutturale e lessicale si trasforma in una forzata simmetria, allora viene meno il
parametro fondamentale di equivalenza, cioè il livello funzionale.
L'unica cosa che va marcata è la f-marcatezza.
È importante inoltre agire in modo sincretico e in tempi estremamente contratti, agendo lentamente
infatti aumentano le interferenze e vengono meno le inferenze.
La consapevolezza nel processo decisionale è ostacolo allo svolgimento ottimale della procedura,
infatti molte risposte sono elaborate con successo in poco tempo, il pochi millisecondi.
Il nostro cervello utilizza continuamente ciò che la nostra coscienza ignora. Non sappiamo ciò che
diciamo e traduciamo, ma ne prendiamo eventualmente coscienza dopo che il cervello ha
autonomamente risolto una lunga serie di problemi operativi. E cmq non sempre si riesce a sapere
tutto in modo esaustivo.
La traduzione è soggetta a vincoli temporali non tanto per la tempistica imposta dal mercato, ma per
quella imposta dal cervello.
Ciò che è difficile accettare al senso comune è che proprio il controllo dell'orecchio interno è un
fatto inconscio.
Si traduce bene solo se le verifiche sono affidate ai meccanismi impliciti del sistema.
La consapevolezza nell'addestramento serve appunto per addestrare all'automatismo.
Verso una definizione di talento traduttivo
Il traduttore ha triplice ruolo, quello di lettore/uditore del TP, autore della traduzione, critico della
traduzione.
Il ruolo del lettore è critico per il cervello del traduttore, in quanto si dispone di un bilinguismo
dominante, cioè una delle due lingue viene gestita meglio a livello attivo, infatti è ritenuto
necessario tradurre verso la propria lingua madre.
Le difficoltà nella ricezione di un testo TP risiedono nel fatto che questa sia difettosa, cioè che il
traduttore sia soggetto a lacune o fraintendimenti dell'informazione complessiva.
In teoria il traduttore perfetto legge e recepisce il TP come un lettore ideale della lingua di partenza,
ma una persona bilingue non ha mai la stessa esperienza in tutte le lingue che conosce.
Abituato a lavorare con più sistemi, la capacità di leggere il L2 sarà più debole, così come la
capacità di riscrivere in L1.
Per questo spesso il traduttore non sa cogliere alcuni elementi più o meno importanti che aiutano a
codificare il TP nella L1, come non riuscire a definire esattamente la tipologia di testo.
Inoltre ogni lingua straniera suona al nostro orecchio sempre m