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Se si nega il libero arbitrio, la differenza fra etica e deontologia si sfuma, cioè che percepiamo come
componente soggettiva e intenzionale, morale, sarebbe infatti solo la commistione di una
propensione innata del singolo ad assecondare gli imperativi sociali e della sua esperienza acquisita
casualmente e necessariamente. Se il libero arbitrio invece esiste allora siamo davvero intelligenze
morali, in grado di scegliere intenzionalmente se onorare o violare le norme.
Ogni ruolo sociale comporta responsabilità, ma alcune professioni presentano maggiori
implicazioni etiche. La traduzione è un di queste, la quale passa da deontologia a capacità di
comportarsi bene o male in rapporto alle passioni. Un traduttore serio e preparato percepisce la
differenza fra etica e deontologia almeno per il fatto che le due sfere possono entrare in conflitto
rispetto alla dimensione personale. Le regole della professione sono talvolta recepite come
inconciliabili con le leggi interiori che ogni individuo elabora dentro di sé, in stretta connessione
con il proprio io. L'etica non è riconducibile alla deontologia professionale proprio perché
quest'ultima non è fondata sull'etica, che comprende anche le motivazioni, gli atteggiamenti
personali che rendono concretamente possibile un intervento professionale competente e al tempo
stesso rispettoso dell'altro.
I conflitti fra i dettami convenzionali della professione e la percezione del proprio ruolo di agente
morale sono frequenti nell'attività traduttiva: per esempio, se un cliente insulta il suo interlocutore,
l'interprete smorza i toni per non far fallire la trattativa, fa bene o male? Dopotutto il cliente lo paga
perché traduca senza interferire.
Appare sbagliato manipolare ideologicamente un testo, ma se questo potesse salvare la vita a
qualcuno? Nel capo ipotetico di un traduttore che debba tradurre Mein Kampf in un periodo dove
l'odio e la rabbia delle persone è tale da poter permettere la nascita di morte e distruzione di gruppi
umani, sarebbe suo compito morale attenuare l'effetto di quell'opera sui destinatari, per esempio
attenuando gli insulti razziali.
Un altro caso è quello dell'interprete, che viene a conoscenza di materiale che porterà al fallimento
l'altro: qui i casi sono due, cioè o può mantenere il segreto, venendo meno la morale e contribuendo
al fallimento dell'altro, o può salvarlo, avvertendolo. Qui viene meno il lato deontologico e in più
viene meno il dovere del segreto professionale, fatto ritenuto molto grave, e che implica una
seconda conseguenza, di tipo giuridico (la legge impone di violare il segreto quando si viene a
conoscenza che si sta per commettere un reato). L'io del traduttore non viene mai eliminato dal
campo d'azione, proprio perché il traduttore è umano. I conflitti nascono quando torti e ragioni si
sovrappongono.
Per valutare torti e ragioni il traduttore adotta strategie euristiche e decisionali misurate sulla sua
esperienza e apprese consapevolmente dall'esperienza altrui. Un traduttore può essere responsabile
solo se addestrato a esserlo.
Da quando il sistema di diffusione delle idee, degli strumenti, dei codici e delle merci ha raggiunto
risultati di straordinaria efficienza, il mercato dei prodotti di cultura appare sempre più affine a
quello di industria.
Oggi più che mai la lingua è il messaggio di sé stessa.
Anche nel mercato del libro vige un rapporto proporzionale tra ciò che deve piacere e ciò che piace,
perché un libro abbia successo, qualcuno deve avere deciso che avrà successo. Alla fine infatti si
compra un libro perché è nella hit parade, perché lo ha recensito x, lo ha attaccato y, perché è in
mostra vicino alle casse della libreria z.
Tra i libri di successo vi sono libri straordinari cmq, ma la maggior parte dei veri capolavori
esistenti non arrivano mai nella top ten.
Il mondo della cultura è sempre più identificabile con quello dell'informazione, governato
dall'abilità di diffondere e rafforzare alcuni memi di successo. Fra i 4 principi che governano la
competizione culturale, il faire savoir, il savoir savoir, il savoir faire, il faire faire, è il faire savoir
che determina la vittoria nella memosfera.
Il primo scalino verso il successo è la possibilità di entrare nel mercato, lo stadio indispensabile per
avere notorietà.
Il libro tradotto si comporta come il libro normale, dal punto di vista socio-economico.
La traduzione è l'unico modo con il quale un autore può conquistare un pubblico straniero, ma il
ruolo della traduzione è tanto importante quanto misconosciuto. A partire del II dopoguerra la
crescita è stata esponenziale, ma ciò non ha contribuito a una rivalutazione della professione.
Il teorico di traduzione ha alcuni compiti primari, come ricostruire il quadro generale del
funzionamento del patronato che governa il polisistema culturale, la descrizione dei rapporti tra
opera tradotta, ideologia e cultura, lo studio dei nessi esistenti fra opzioni, progetto, prodotto e
canone. In Occidente i traduttori, coloro che consentono alle culture di aprirsi, di evolversi e di
trovare nuove modalità di pensiero e di espressione, sono esclusi da un adeguato riconoscimento
sociale, economico e affettivo. Nei lunghi anni scolastici di traduzione non si parlo, nessuno
menziona mai i traduttori e nessuno studente mai ne sa citare uno.
Se un comunque legge un libro scritto dal traduttore di Dostojevskij, perché dovrebbe ricordarsi il
nome solo se è famoso? E perché il nome è relegato a una pagina interna del libro?
Se si tratta di manualistica, documentazione tecnica, verbali di riunioni, il nome del traduttore mai
figura, anche se poi è su di lui che grava la responsabilità giuridica. I traduttori per l'impresa e per i
clienti privati, remunerati più di quelli che lavorano per l'editoria, godono di prestigio sociale molto
basso rispetto al servizio richiesto e ai rischi che si assumono. Anche se pagato bene, la sua
posizione è sempre anonima.
Secondo venuti, l'invisibilità delle traduzioni è connessa all'invisibilità dei traduttori, i quali
raramente dispongono o hanno disposto di prestigio e autonomia culturale.
Da sempre la traduzione sottostà al controllo di patroni (re, mecenati, governanti, intellettuali,
editori) che promuovono od ostacolano alcune opzioni e alcune traduzioni piuttosto che altre.
Un traduttore aveva un compito tanto meno autonomo e più controllato quanto più la sua opera
poteva influire sul sistema policulturale.
Paradossalmente il traduttore sembra essere visibile solo in negativo, condivide le colpe supposte
dell'autore, ma non i meriti. I traduttori normalmente non possono scegliere che cosa tradurre, né il
tempo di cui disporre, né l'onorario che ritengono giusto. Quando poi lavorano per l'editoria e il
cinema, nonostante la loro opera rientri nella normativa sul diritto d'autore, sono costretti a cedere i
loro diritti al cliente o all'editore, e talvolta assistono da passivi e ignorati attori al successo
editoriale dei loro capolavori, per i quali hanno ricevuto compensi irrisori, gli stessi per
professionisti e dilettanti ovviamente.
Nella pratica letteraria il compenso varia ed è soggettivo, in quella per l'editoria il traduttore sottostà
ai tariffari stabiliti dalla cerchia solidale dei patroni, interessati a lasciare i traduttori fuori dal gioco
del mercato.
Molto spesso la loro fama si forma sulla base di qualche altra professione o eventi che li ha resi tali,
mai di principio perché traducono.
Un normale traduttore è al servizio del patrono, il quale, è assoggettato al mercato che l'interfaccia
della pubblicità, della moda e dell'emulazione. Nessun normale traduttore può influenzare le scelte
editoriali. Se l'autore proposto dal traduttore è noto all'estero, di solito è già stato acquisito da
qualche editore, il quale si servirà comunque del proprio traduttore, la cui scelta sarà delegata a
esperti d'area o di collana, propensi al criterio dell'amicizia e non delle competenze professionali.
Per pubblicare una traduzione bisogna essere qualcuno o avere fortuna, trovare la persona giusta
che aiuti a contattare l'editore giusto al momento giusto. In Italia il numero delle opere tradotte
immesse sul mercato è molto alto, a fronte di una qualità discutibile. La qualità è ovviamente
indipendente dal nome dell'editore, ciò quindi non dipende nemmeno dal prezzo, né dal prestigio, in
quanto una casa editrice può avere diversi traduttori.
Bassa qualità perché traduzioni vengono fatte da dilettanti, i quali credono che basti un vocabolario
per fare una traduzione (ed è anche l'idea di alcuni redattori).
La situazione è e rimane tale in quanto al lettore medio interessa la copertina e non interessa la
tecnica con il quale è stato scritto, per cui anche un dilettante potrebbe rendere un libro scritto in
traduttese un libro di successo. Lo stesso non accade con i bambini infatti, i quali non si fanno
influenzare dalla moda e dal mercato, ma accettano solo quello che è scritto in una lingua naturale,
la loro lingua nativa, e non in traduttese.
Inoltre un altro problema è l'arrendersi dei traduttori di fronte al corrispettivo irrisorio pur di
guadagnare o almeno fare qualcosa.
Un altro problema risiede nel fatto che solo ultimamente si ha ovviato al problema dell'assenza di
corsi di laurea mirati all'addestramento di traduttori e interpreti, e a parte Trieste e Forlì, quelli
promettenti sono ancora in fase di rodaggio.
Infine finché il mestiere non verrà considerato tale e regolamentato non vi sarà avanzamento nella
disciplina.
La traduzione non si può disciplinare perché la teoria della traduzione non è una disciplina e la
teoria della traduzione non è una disciplina in quanto non si può disciplinare.
La realtà è che i detrattori non conoscono le teorie e che ritengano, in linea più generale, la teoria
come troppo complessa, che richiede grandi investimenti di tempo ed energia.
Il problema è stabilire punti di riferimento, ammettere che fare ciò è necessario perché un sistema
critico funzioni.
Fra l'attività traduttiva interlinguistica e l'attività letteraria tout court vi è una fondamentale
differenza tipologica e deontologica.
Letterati e linguisti possono però offrire un utile contributo, Popovic infatti sostiene che esistono
due tipi di critica, quella che lavora sul TP e quella che tiene conto del sistema