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SOLUZIONI
Quando parliamo di soluzioni, intendiamo sistemi costituiti da due o più componenti, di cui quello presente in minor quantità è detto soluto, mentre quello presente in maggior quantità è detto solvente; entrambi possono presentarsi nei tre stati di aggregazione. La possibilità di sciogliere un soluto nel solvente per formare una soluzione dipende dalle forze intermolecolari, cioè dalle forze di legame tra il soluto ed il solvente. Indichiamo con A le molecole del solvente e con B quelle del soluto, la possibilità di formare una soluzione deve rispondere alla condizione che le interazioni di legame solvente-solvente e soluto-soluto siano meno intense rispetto alle interazioni soluto-solvente. L'energia spesa nel processo di formazione di una soluzione gassosa è praticamente trascurabile, inoltre, le soluzioni che si formano sono omogenee in ogni punto del sistema. Per le soluzioni di gas in solventi liquidi, lasolubilità diminuisce all’aumentare della temperatura ed è sempre modesta, a meno che non intervengano altri fattori come, ad esempio, delle reazioni chimiche tra il gas ed il solvente. Quasi mai, invece, i liquidi si miscelano tra loro in tutte le proporzioni, esistono, cioè, delle lacune di miscibilità ed in questo caso non è possibile stabilire a priori l’energia di processo: la formazione può richiedere acquisto o cessione di calore. Il simile scioglie il suo simile: un solvente polare scioglie un soluto polare oppure specie che formano entrambe legami a ponte di idrogeno. Nelle soluzioni di solidi in liquidi si ha che le forze intermolecolari nei solidi sono massime e pertanto per scioglierli è necessario fornire energia, scaldandoli. In genere sono dunque reazioni endotermiche ed in genere la solubilità dei solidi nei liquidi è estremamente variabile. Tutto il calore assorbito viene impiegato nella demolizione.
- Percentuale in peso: grammi di soluto sciolti in 100 grammi di soluzione;
- Molarità: numero di moli di soluto disciolte in un litro di soluzione;
- Molalità: numero di moli di soluto disciolte in 1 kg di solvente;
- Frazione molare: rapporto tra il numero di moli di soluto e il numero totale di moli in soluzione;
- Normalità: numero di equivalenti di soluto disciolte in un litro di soluzione.
Molalità: numero di moli di soluto disciolte in un chilo di solvente puro;
Frazione molare: numero di moli di soluto diviso il numero di moli totali.
Tensione di vapore delle soluzioni
La tensione di vapore di una soluzione è in genere una funzione complessa della sua composizione oltre che della temperatura. Per le soluzioni ideali, però, questa relazione diventa estremamente semplice. Le soluzioni ideali sono soluzioni che si costituiscono senza assorbimento o cessione di calore, in cui la variazione di entropia è nulla. Perché questo si verifichi è necessario che le interazioni di legame solvente-solvente e soluto-soluto siano uguali alle interazioni tra le molecole di solvente e quelle di soluto.
Situazioni di questo tipo si possono verificare quando le specie chimiche coinvolte sono abbastanza simili tra loro.
Esempio.
- Cloro etilene
- Bromo etilene
- Benzene
- Toluene
Le proprietà delle soluzioni ideali possono essere considerate come
delle medie pesate delle proprietà di ciascun componente allo stato puro, ovvero considerate come la somma delle proprietà di queste sostanze pure moltiplicate per la loro frazione molare, cioè per il contributo che ogni elemento fornisce alla soluzione. La tensione di vapore di un generico componente di una soluzione si esprime come il prodotto della frazione molare del componente per la tensione di vapore del componente quando esso si trova allo stato puro, come se fosse l'unico elemento del sistema. Per descrivere graficamente la legge di Raoult supponiamo di avere una soluzione costituita da un solvente A e da un soluto B; facciamo un grafico e poniamo in ascissa le frazioni molari, mentre in ordinata la tensione di vapore. Da un lato abbiamo la massima frazione molare di solvente A, pari a 1, e la totale assenza del soluto B, a cui corrisponde la tensione di vapore del solvente A allo stato puro.solvente A quando esso è unico nel sistema; dall'altro lato abbiamo la massima frazione molare di soluto B, sempre pari a 1, e la totale assenza del solvente A, a cui corrisponde la tensione di vapore del soluto B quando esso è unico nel sistema. Poiché il soluto è meno volatile del solvente, la sua tensione di vapore sarà minore rispetto a quella del solvente. Facendo lo stesso ragionamento per tutte le i-esime composizioni della soluzione si ottiene un segmento che lega e , il quale rappresenta la tensione di vapore della soluzione. Consideriamo ora che il soluto sia presente in quantità molto ridotta, quindi si tratta di una soluzione molto diluita e consideriamo inoltre che il soluto sia poco volatile. Nella relazione si può trascurare dunque il contributo del soluto. ∙ ∙ Supponiamo che , allora abbiamo che e quindi il termine ∙ diventa trascurabile rispetto a ∙ . ∙ Sapendo che la somma delle frazioni molari è sempreuguale a uno, scriviamo la relazione in funzione di e ricaviamo la frazione molare del soluto. Questa relazione rappresenta l'abbassamento relativo della tensione di vapore della soluzione rispetto al solvente puro. (1) ⋅, abbassamento relativo della tensione di vapore della soluzione rispetto a quella del solvente puro. Se vado ad introdurre in un solvente puro una certa quantità di soluto, tra il solvente ed il soluto si stabiliscono delle interazioni di legame che trattengono più fortemente le molecole della soluzione nella fase liquida, cioè diminuiscono la tendenza ad evaporare della soluzione. C'è una diretta proporzionalità tra la concentrazione del soluto e l'abbassamento relativo della tensione di vapore della soluzione: più è concentrata la soluzione, maggiore è la temperatura di ebollizione della soluzione stessa. Finora abbiamo considerato soluzioni ideali, in realtà la maggior parte delle soluzioni si
costituisce con assorbimento o cessione di calore. Nel caso in cui vi è cessione di calore, tra le molecole del solvente e quelle del soluto si stabiliscono dei legami più forti rispetto ai legami solvente-solvente e soluto-soluto.
Esempio: Un tipico esempio è quello del cloroformio (o tricloro metano) che interagisce con il dimetilchetone. Tra i due componenti si forma un legame a ponte di idrogeno che si aggiunge alle forze di Van der Waals. Le interazioni soluto-soluto e solvente-solvente sono invece solo interazioni di Van der Waals che sono meno forti rispetto al legame a ponte di idrogeno. In questo caso abbiamo un legame a ponte di idrogeno che si sovrappone alle forze di Van der Waals. Vi è un abbassamento della tensione di vapore della soluzione dovuta al fatto che le molecole della soluzione sono più trattenute nella fase liquida.
L'altro caso da considerare è quello di una soluzione endotermica, con assorbimento di calore. Si considerano
Le interazioni di tipo minori delle interazioni elettriche sono le forze di Van der Waals. Un esempio è il disolfuro di carbonio che viene sciolto nell'acetone. La molecola di disolfuro è apolare, mentre la molecola di acetone è polare. Tra le molecole polari si stabiliscono forze di Van der Waals del primo tipo, mentre nelle molecole apolari si stabiliscono forze di Van der Waals del terzo tipo. Le interazioni sono invece forze di Van der Waals del secondo tipo. Le molecole presenti nella soluzione hanno una maggiore capacità di spostarsi dalla soluzione e di essere trasferite alla fase gassosa, vi è dunque una variazione positiva dell'idealità.
La distillazione è un processo utilizzato per separare una miscela costituita da due liquidi perfettamente miscibili tra loro. Il principio su cui si basa è che il vapore saturo in equilibrio con il liquido ha una composizione diversa dal liquido, cioè
più ricco del componente più volatile. Il processo della distillazione può essere rappresentato graficamente con un diagramma a lente. Il tratto che va da è detto corda tesa. Il diagramma a lente è un diagramma isobaro, con una pressione costante pari a 1, che riporta in ordinata la temperatura in funzione della composizione molare della soluzione. Il componente A è quello meno volatile, il componente B è quello più volatile, ha dunque una temperatura di ebollizione più bassa. La curva più in basso rappresenta le temperature di ebollizione delle soluzioni liquide a diverse composizioni, mentre la curva più in alto rappresenta le temperature di condensazione delle soluzioni allo stato vapore a diverse composizioni. Il diagramma a lente può dunque essere visto anche come un diagramma di fase: al di sopra delle due curve si trova la soluzione allo stato di vapore, tra le due curve vi è uno stato dicoesistenza delle due fasi, al di sotto delle due curve vi è lostato liquido della soluzione. Supponiamo ora di andare a prendere una composizione della soluzione in corrispondenza di [inserire valore]. Scaldiamo la soluzione a quella data concentrazione e arriviamo ad una temperatura incorrispondenza della prima curva pari alla temperatura di ebollizione della soluzione. A questo punto,dunque, una frazione di liquido della soluzione comincia ad evaporare; questa frazione allo statovapore avrà però una composizione diversa rispetto allo stato liquido, sarà cioè più ricca del soluto. Per leggere la composizione della frazione di vapore che si separa si utilizza la legge della corda: si traccia un segmento a partire da [inserire valore] fino a toccare il punto [inserire valore], pari alla temperatura di condensazione della frazione vapore, da quel punto si traccia la perpendicolare sull'asse delle ascisse e si trova la nuova composizione della soluzione, la quale sarà maggiormente spos