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TECNOLOGIE GRASSI E PRODOTTI CARNEI

sempre l’arachide.

L’anno “nero” dal punto di vista delle problematiche salutistiche dell’olio di palma è stato il 2016,

quando a cavallo di un importante evento come il CIBUS (Parma), ci sono state due situazioni che

hanno allarmato l’opinione pubblica italiana ed europea. Quella italiana in quanto a Febbraio,

pochi mesi prima della nota fiera internazionale, l’ISS, richiamato da diverse associazioni, emette

un parere legato al consumo di olio di palma e presunti aspetti dannosi dal punto di vista

salutistico che l’ISS affronta nell’ottica del contenuto in acidi grassi saturi. Con i pochi dati a

disposizione a livello di territorio italiano l’ISS crea una tabella con una stima dell’assunzione di

acidi grassi saturi da alimenti che possono contenere olio di palma e altre fonti. Le categorie di

consumatori vengono divise in funzione del rischio (età) e si va a stimare il quantitativo di acidi

grassi che possono essere presenti in alcuni alimenti e che non provengono dalla palma e quelli

che invece pro vengono dalla palma. Alla fine, l’ISS cerca di correlare il consumo di questi acidi

grassi con un fattore di rischio (le malattie cardiovascolari), ma non arriva ad una conclusione

certa, ovvero conclude che non vi sono evidenze dirette in letteratura scientifica che il consumo di

olio di palma sia “più pericoloso”, in relazione al contenuto in acidi grassi saturi, rispetto al

consumo di altri alimenti che contengono acidi grassi diversi rispetto a quelli della palma (alimenti

che contengono burro, margarine, grassi idrogenati non di derivazione della palma).

Nel Maggio del 2016 l’EFSA esce con un parere che mette in relazione una pericolosità legata al

consumo di olio di palma che però non è relativa alla presenza di acidi grassi saturi, bensì alla

presenza di alcune sostanze note da molti anni (in alimenti di origine vegetale) e che possono

essere presenti nell’olio di palma relativamente al fatto che questo subisce un processo di

raffinazione (alcune fasi della raffinazione toccano temperature molto elevate, attorno ai 200°C).

Il processo di raffinazione permette infatti di assistere alla formazione di alcuni

composti che sono il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), il 2-

monocloropropandiolo (2-MCPD) e i glicil esteri degli acidi grassi (GE)

che possono avere una pericolosità a livello dei consumatori che

assumono prodotti in cui è presente l’olio di palma.

Queste molecole, tuttavia, sono presenti non solo in olio di palma ma

anche in altri oli raffinati (alcuni studi ne evidenziano la presenza anche in olio di oliva) e quindi la

pericolosità c’è ma non è relativa solamente a questo prodotto e con le evidenze scientifiche che

vi sono oggi non è possibile evidenziare i livelli di pericolo attuali.

Il 3-MCPD, che è la molecola più conosciuta e per la quale si hanno maggiori dati di letteratura, è

presente in una vasta gamma di alimenti ed è un contaminante di processo; quindi si forma in

seguito a determinati processi dell’industria alimentare. Questa molecola la si può trovare sia in

forma libera che in forma legata ad acidi grassi e viene prodotta in seguito all’utilizzo di elevate

temperature su matrici che contengono grassi. Da molti anni (già dalla fine degli anni ’70) si sa

che il 3-MCPD ed il 2-MCPD libero ed esterificato con acidi grassi è presente negli idrolizzati delle

proteine vegetali (ad esempio negli idrolizzati ottenuti dalle proteine della soia).

Un’altra molecola che nasce dalla decomposizione del 3 e del 2-MCPD è il glicidiolo, ovvero una

molecola ad elevato impatto salutistico (negativo) presente in oli vegetali: questa molecola forma

dei mono-esteri con gli acidi grassi durante il processo di rettifica. Queste tre molecole sono

sospetti cancerogeni, ed in particolare il 3-MCPD è il più pericoloso in quanto è cancerogeno di

classe 2B (potenzialmente cancerogeno per l’uomo).

Il glicidiolo, in realtà, è stato classificato dallo IARC come cancerogeno di classe 2A (probabile

cancerogeno per l’uomo), e quindi è ancora più tossico rispetto al 3-MCPD; tuttavia la presenza di

glicidiolo non è così riscontrata rispetto alle altre sostanze. 33

TECNOLOGIE GRASSI E PRODOTTI CARNEI

Gli esteri dei monocloropropandioli sono pericolosi in quanto durante il processo digestivo

possono essere idrolizzati e trasformati nella loro forma “libera” con una sospetta potenzialità

cancerogena.

Siccome queste sostanze sono note da diversi anni, esiste un regolamento comunitario che ne ha

fissato dei limiti in salsa di soia ed in proteine della soia idrolizzate. L’EFSA, nel suo parere del

2016, calcola dei dati relativi alla dose giornaliera accettabile che deriva dall’assorbimento di

questi esteri. In questo parere viene stabilito che il quantitativo tollerabile di MCPD, ed in

particolare di 3-MCPD è pari a 0,8 μg/Kg di peso corporeo/giorno. Quando esce questo parere, il

limite di tollerabilità (daily admissible intake) è fissato a valori molto bassi, allarmando così

moltissimo i produttori, scatenando quella corsa alla sostituzione dell’olio di palma che incontra

poi anche l’interesse da parte dei consumatori.

Nel 2018 l’EFSA fa un pò una “marcia in dietro”, ripensandoci, e stabilendo un nuovo valore di

soglia di 3-MCPD alzandolo di circa tre volte, da 0,8 a 2 μg/Kg di peso corporeo/giorno.

Il prof. Christer Hogstrand, che ha presieduto il gruppo che ha elaborato il parere scientifico del

2016 ed il relativo aggiornamento, ha dichiarato: "L'EFSA ha deciso di rivedere la propria

valutazione dopo che il comitato congiunto FAO-OMS di esperti sugli additivi delle Nazioni Unite

[JECFA] ha stabilito un diverso livello di sicurezza (dose giornaliera tollerabile o DGT).

Nel frattempo l'EFSA ha aggiornato il metodo che abbiamo utilizzato per calcolare la nostra

precedente DGT, ciò che viene chiamato approccio della dose di riferimento (BMD).

Il gruppo scientifico ha applicato il metodo alla sua nuova valutazione del 3-MCPD e, di

conseguenza, ha innalzato il livello di sicurezza precedente di due volte e mezzo”.

La domanda che a molti esperti del settore è sorta subito spontanea è la seguente: che cosa è

possibile fare per ridurre queste molecole?

Sicuramente la cosa migliore da fare è agire sul processo, ovvero modificare il processo di

raffinazione. A tal proposito, da diversi anni, anche per altri motivi, si impatta meno sull’olio

mediante il processo di raffinazione utilizzando delle condizioni definite “light”, ovvero che non

prevedano l’utilizzo di temperature così elevate. È chiaro che però, utilizzando tali condizioni più

soft, è necessario avere anche una materia prima che sia di migliore qualità. Si cerca a tal

proposito di lavorare sulla materia prima attraverso, ad esempio, una implementazione delle

tecniche di raccolta,

mediante una

variazione dei tempi di

maturazione del frutto,

modificazioni

sull’utilizzo dei

fertilizzanti e sul suolo.

Molti ricercatori stanno

ancora oggi lavorando

per migliorare

notevolmente queste

tecniche differenti. A

destra viene mostrata

una review delle

possibili strategie di minimizzazione dei composti clorurati nell’olio raffinato. 34

TECNOLOGIE GRASSI E PRODOTTI CARNEI

Come sostituti dell’olio di palma, si vede in particolare la presenza dell’olio di girasole alto

oleico (prodotto maggiormente utilizzato in sostituzione sia per le miscele di oli sia per la

produzione di biscotti e merendine). Nel caso di snack (tipo cracker) dove l’olio di palma viene

nebulizzato sulla superficie del prodotto, il sostituito è sempre stato l’olio di girasole alto oleico e

in casi particolari (maggiormente in Italia) l’olio di oliva. Nelle creme spalmabili il prodotto

sostitutivo è stato principalmente il burro di cacao o il burro anidro.

Gli oli laurici

La famiglia degli oli laurici è una famiglia a due componenti: l’olio di cocco e l’olio di palmisto.

Questi oli devono il loro nome alla particolare composizione in acidi grassi; in questo caso il nome

richiama ad un contenuto elevato in acido laurico, un acido grasso saturo a corta catena a 12

atomi di carbonio.

L’OLIO DI PALMISTO/I

Questo olio è ottenuto dal nocciolo della palma. L’estrazione

dell’olio di palmisto ha una elevata resa, attorno al 45-44% o

anche più elevata ed ha una composizione particolare

specialmente in acidi grassi a corta catena:

Acido laurico: circa il 50% della composizione, acido grasso

• saturo a 12 atomi di carbonio;

Acido miristico: a 14 atomi di carbonio, acido grasso saturo

• con una composizione attorno al 16%.

Questo olio contiene inoltre un discreto quantitativo di acido

oleico attorno al 15%.

Ovviamente, con questa composizione in acidi grassi saturi

così importante, il valore di iodio è molto basso, attorno a 18.

Il punto di fusione è attorno a quello della temperatura

ambiente (28°C). È un olio relativamente povero di tocoferoli,

e quindi di molecole ad attività antiossidante, a differenza

dell’olio di palma, ma con una elevata stabilità ossidativa

(>100 AOM).

Questo olio si presenta solido a temperatura ambiente con uno stretto range di fusione, come se

si fondesse solamente ad un valore di temperatura unico: questo lo rende estremamente

interessante soprattutto quando si ha a che fare con alimenti poveri di acqua, ad esempio i

prodotti di confetteria, i ripieni di caramelle o anche in miscele di oli che devono essere sprayzzati

proprio grazie al suo punto di fusione.

Questo olio va poco utilizzato con gli alimenti ricchi in acqua perchè in questi sono spesso

presenti delle lipasi che possono scindere i trigliceridi e liberare questi acidi grassi a corta catena.

In particolare, nella sua composizione in acidi grassi a corta catena, oltre al laurico ed al miristico,

sono presenti in un quantitativo abbastanza importante anche l’acido caproico ed il caprilico.

Questi due acidi grassi hanno un aroma che impattano sul flavor in maniera negativa

specialmente se gli alimenti sono destinati al consumo umano. 35

TECNOLOGIE GRASSI E PRODOTTI CARNEI

L’OLIO DI COCCO

Si ottiene da una pianta che cresce entro il ventesimo parallelo

a nord e a sud di latitudine (quindi i maggiori produttori sono

collocati in quella zona mondiale, come Filippine ed Indonesia).

Il cocco si ottiene dal copra (insieme dell’endosperma seccato

ed il seme del cocco). La copra è la parte a contenuto più

elevato in grassi nel mondo vegetale, ed infatti qui le rese sono

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
208 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/15 Scienze e tecnologie alimentari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher enrico.97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnologie degli oli, dei grassi e dei prodotti carnei e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Chiavaro Emma.