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S SL L
γ −γ
S SL
cosα=
cosα -> ; quindi per l’equazione di Young più cos(alfa) -> 1 più sarà piccolo
γ L
l’angolo. Se cos(alfa) -> 0 allora diminuisce la bagnabilità e se gammaSL>gammaS il rapporto
darà un numero negativo che definisce un angolo maggiore di 90°. Esistono anche altri fattori in
gioco in grado di modificare la
bagnabilità come il fattore di ruvidità
della superficie che è dato dal rapporto
tra l’area reale e l’area apparente
(calcolata su una superficie liscia) che
è sempre maggiore di 1 in quanto
l’area reale è maggiore. Possiamo
quindi modificare l’equazione di Young
aggiungendo un fattore r: cos’(α) =
α
rcos( ).
Il concetto di tensione superficiale può essere applicato anche su un interfaccia liquido-liquido nel
caso delle emulsioni che viene descritto dalla spandibilità; in una soluzione olio/acqua una goccia
d’olio sarà sottoposta a tre tensioni superficiali: quella dell’acqua, dell’olio e della superficie
olio/acqua. Se gammaA è maggiore della somma tra gammaO e gamma A/O allora la goccia è in
grado di spandersi e la spandibilità risulta maggiore di 0. Questo parametro può essere variato
mediante l’aggiunta di un tensioattivo affine alla fase acquosa che riduce la gammaA favorendo la
formazione di goccioline ottenendo un emulsione di olio in acqua;
possiamo anche ottenere un emulsione di acqua in olio aggiungendo
un tensioattivo efficace sulla fase oleosa. L’affinità dei tensioattivi per
solventi polari o apolari è data dalla loro struttura: una testa idrofila
grande e una coda corta sono caratteristiche ideali per un affinità
maggiore per le fasi idrofile; al contrario tensioattivi con una piccola
testa idrofila e una lunga coda idrofobica saranno più affini a solventi
lipofili. Queste caratteristiche sono rappresentate dall’indice HLB,
ovvero l’equilibrio idrofilico-lipofilico, che costituisce l’unità di misura
dell’idrofilicità dei tensioattivi e si calcola mediante il rapporto tra la
percentuale della porzione idrofilica totale diviso 5, quindi può andare
da 1 a 20. Esiste un'altra formula per il calcolo dell’HLB che tiene
conto anche del contributo lipofilo introdotto da Davies e può essere
scritta come segue: mHh - nHl + 7, con m il numero dei gruppi idrofili,
Hh il loro valore e n il numero dei gruppi lipofili e Hl il loro valore.
Nella scala di HLB si possono riassumere le principali categorie di
tensidi che vanno dagli agenti antischiuma, con HLB 0-3, fino ai
solubilizzanti, con HLB 16-20.
Le soluzioni tensioattive possono essere formate sia da un solo tipo di molecola ma anche da più
tipologie di tensioattivo che in base alla loro percentuale porteranno ad un HLB che sarà una
media tra i vari tensioattivi. Quest’ultima alternativa è quella più efficiente in quanto è stato
dimostrato che la miscellanea di due o più tensioattivi porta alla formazione di micelle più stabili e
inoltre con un dosaggio percentuale adeguato di ogni componente si può ottenere l’HLB
desiderato.
Possiamo considerare diverse tipologie di tensioattivi in base alla loro natura chimica e si
suddividono in: tensioattivi ionici (anionici, cationici e anfoteri) e non ionici. Tra i principali possiamo
annoverare il sodio lauril solfato, che rappresenta il tensioattivo anionico con il più alto valore di
HLB, e gli altri esteri solforici; il cloruro di benzalconio e Sali di ammonio quaternario, antibatterici e
tensioattivo cationico; alcoli a lunga catena, eteri ed esteri vari, che costituiscono dei tensioattivi
non ionici. Di particolare importanza sono i polisorbati, tensioattivi non ionici derivati del sorbitano
suddivisi in SPAN, per acilazione dei gruppi -OH, e i TWEEN, con un numero variabile di
etossilazioni, principalmente impiegati nella produzione di shampoo per bambini per la loro
estrema delicatezza.
Sistemi dispersi
I sistemi dispersi sono molto instabili poiché posseggono una fase disperdente che non si
solubilizza e ne sono un esempio le sospensioni: su molti farmaci vi è l’iscrizione sul contenitore
“agitare prima dell’uso” in quanto essendo una forma farmaceutica contenente un mezzo disperso,
l’agitazione favorisce la risospensione. Le particelle disperse tendono a scendere verso il fondo
poiché la loro densità è maggiore della densità del mezzo e la oro velocità di sedimentazione sarà
2
2 R g
(de−di)
v =
dipesa dalla legge di Stockes: . Per affrontare il problema si può variare ad
18η
esempio la viscosità: come è stato espresso precedentemente, una reologia pseudoplastica della
fase dispersa è ideale per il controllo della velocità di sedimentazione e quindi mediante
l’agitazione possiamo risospenderla per diminuzione della viscosità. Un ulteriore parametro su cui
si può agire è la variazione di densità tra fase dispersa e disperdente: una modificazione della
densità della fase disperdente, tramite l’aggiunta di sostanze additive, può alterare la
sedimentazione; tuttavia possiamo anche ridurre le dimensioni delle particelle disperse con
l’utilizzo di mortaio e pestello. Quest’ultima risoluzione costituisce un doppio vantaggio: non solo si
abbassa la velocità di sedimentazione ma viene innalzata la velocità di dissoluzione (utile per la
solubilizzazione di farmaci poco solubili). Purtroppo questo
approccio manuale apporta alcuni cambiamenti fisici nelle
particelle: a causa dell’attrito tra particella e superficie mortaio-
pestello si creano dei fenomeni elettrostatici che portano
all’elettrizzazione delle particelle comportando la formazione di
una struttura compatta in soluzione per adsorbimento difficile da
risospendere. Queste particelle cariche in soluzione saranno
caratterizzate da un guscio esterno di cariche opposte
appartenenti al solvente che chiameremo zona di cariche fisse,
che presenta una zona limite oltre la quale non è più possibile
riscontrare cariche, e più lontano avremo una zona di neutralità
priva di carica; la differenza tra la zona della cariche fisse e la
zona di neutralità viene detta zeta potential o potenziale Z. La
teorizzazione del potenziale Z spiega l’esistenza di forze di
repulsione e attrazione che dipendono dalla distanza tra una
particella e l’altra: ad elevate distanze le forze di attrazione
prevalgono ma si può dire che l’interazione è quasi inesistente; con l’avvicinamento delle cariche le
forze di repulsione cominciano a prevalere ma in seguito ad un ulteriore avvicinamento le forze di
attrazione raggiungono il loro valore massimo; infine quando la distanza tende a 0 le forze di
repulsione allontanano le cariche. Con la sedimentazione le particelle cominceranno ad instaurare
delle interazioni attrattive molto forti (rappresentate dal punto di minimo della curva riportata)
difficili da superare. Un tipico approccio adottato per l’eliminazione del sedimento è dato dalla
flocculazione: questa tecnica consiste nel far sì che le particelle si aggreghino come flocculi,
capaci di trattenere nel loro interno una parte di solvente. I flocculi precipitano più rapidamente, ma
poiché costituiscono un sedimento abbastanza voluminoso sono facilmente ridisperdibili; in questo
modo aumenta la distanza interparticellare per interposizione di uno strato di molecole d’acqua che
riducono il potenziale Z. Per abbassare ulteriormente il potenziale Z dei flocculi è possibile
aggiungere controioni alla soluzione per neutralizzare le cariche delle particelle; è preferibile però
aggiungere degli ioni polivalenti che sono più attratti dalle cariche opposte e sono quindi in grado
di oltrepassare eventuali zone di cariche fisse della stessa carica. Se si aggiungono troppi ioni si
può assistere invece all’evento opposto. Con la flocculazione pertanto aumenta la velocità di
sedimentazione e semplifica la dispersione; si definisce grado di flocculazione il rapporto tra il
volume delle particelle flocculate sedimentate e il volume delle particelle non flocculate
sedimentate e grado di sedimentazione il rapporto tra il volume di sedimento sul volume totale.
Estratti alcolici
Molti medicinali sono derivati dalle piante mediante varie metodiche di estrazione: per infusione,
decozione, macerazione, digestione e percolazione. Nell’estrazione per infusione si procede
immettendo in una soluzione acquosa a temperatura di ebollizione la pianta contenente la
sostanza da ricavare e in questo modo riusciamo ad estrarre il farmaco e a spanderlo nel mezzo
acquoso; la decozione consiste nel portare all’ebollizione la soluzione di acqua e vegetale; la
macerazione è un processo che solitamente precede trattamenti successivi e si sostanzia
nell'incubazione della fonte d’estrazione all'interno della soluzione fino al raggiungimento
dell’equilibrio a cui segue la filtrazione della soluzione risultante; la digestione, invece, costituisce
una macerazione a caldo, eseguita a temperature molto elevate; infine la percolazione è
procedimento dinamico che viene effettuato su un dispositivo con un uscita chiusa in cui viene
inserita la soluzione di farmaco (secco) e solvente e il farmaco viene fatto scendere all’uscita
mediante l’aggiunta continua di solvente goccia a goccia. Esiste un ulteriore metodo estrattivo che
utilizza CO2 supercritica come solvente ed è molto utile in quanto non vengono utilizzati sostanze
tossiche.
Una volta ottenuti questi estratti possiamo trovarli in diverse forme tra cui fluidi, secchi e molli: i
primi sono estratti che hanno la stessa concentrazione di principio attivo della droga di partenza,
gli estratti secchi sono invece più concentrati ma è difficile stabilire con certezza la concentrazione
precisa e i molli sono caratterizzati da una consistenza mielosa che è dovuta all’evaporazione di
parte del solvente in cui è immerso. Le tinture sono un sottotipo di estratti fluidi che possiedono
una concentrazione di droga più bassa dei fluidi, in particolare possono contenere concentrazioni
diluite 1:10 o 1:5 in base alla tossicità del farmaco in questione; vengono infatti impiegate infatti per
droghe eroiche la cui CMC è vicina alla CMT (la tintura di iodio in realtà non costituisce un buon
esempio di tintura in quanto lo iodio viene sciolto in una soluzione idroalcolica).
Queste preparazioni usualmente
vengono estratte in soluzioni
idroalcoliche di gradazione variabile,
normalmente a 60°; il grado alcolico di<