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L’orzo è molto usato nel processo di birrificazione, in tale processo il pericarpo esterno è utilizzato come agente
filtrante nella fase di filtratura.
IV. Segale
Il pane prodotto con la segale ritarda molto l’invecchiamento, perché ci sono molti arabinoxilani, ma non può
essere composto solo da segale perché non forma il glutine.
V. Avena
Nell’avena bisogna effettuare un trattamento termico delle cariossidi per inattivare le lipasi, le quali alla
rottura delle cellule inizierebbero subito la denaturazione della parte grassa.
Ogni singolo granulo di amido è composto a sua volta da numerosi altri granuli più piccoli.
VI. Sorgo
Nel sorgo lo strato aleuronico può essere di colore violaceo per la presenza di proantocianidine, che sono
antiossidanti molto forti. 54
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6.4 Componenti principali delle cariossidi dei cereali
6.4.1 L’amido
L’amido è un polimero del glucosio, ed è costituito a sua volta da amilosio (25%) ed amilopectina (75%). La
presenza del glucosio non libero ma associato a formare questi due polimeri è legato al voler evitare, da parte
della cellula vegetale, un eccessivo potenziale osmotico. La cellula quindi lega con legami α-1,4-glicosidici
delle molecole di glucosio tra loro, formando una struttura ad α-elica, ovvero a spirale, che è appunto
l’amilosio. L’amilosio è fortemente impaccato a formare dei cristalli.
Ad intervalli irregolari, sulla catena di amilosio si crea un legame α-1,6-glicosidico, che costituisce l’inizio di
una ramificazione, nella quale poi i glucosi si legheranno nuovamente con legami α-1,4-glicosidici, andando
così a formare l’amilopectina.
I due polimeri, entrambi omopolisaccaridi del glucosio, formano quindi l’amido. Le loro composizioni
percentuali variano molto in funzione della varietà utilizzata, inoltre per alcune applicazioni è meglio
utilizzare cariossidi con più amilopectina che amido e viceversa.
Le catene di amido sono raccolte a formare dei granuli, i quali si formano in quanto le catene sono avvolte a
formare cerchi concentrici. All’interno dei granuli di amido si ritrovano zone cristalline, composte in
prevalenza da amilosio, il quale presenta appunto struttura cristallina; altre zone sono invece più lasse,
disordinate, allo stato amorfo. Sono quindi presenti centri cristallini e amorfi.
Se tali granuli vengono osservati alla luce polarizzata al centro si nota una struttura a forma di X, tipica di
strutture paracristalline, ovvero ordinate ma non troppo.
Diverse specie botaniche presentano granuli di amido di forme e dimensioni differenti, ad esempio i granuli
di amido della patata sono molto grandi.
È molto importante ricordare che l’amido nativo è insolubile in acqua, infatti rimane in sospensione e
conferisce al tutto un comportamento da fluido dilatante, che aumenta la sua viscosità all’aumentare della
velocità di rotazione. 55
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L’amido tuttavia può diventare solubile, quindi passare in soluzione acquosa (gelatinizzazione), se sono
presenti le due seguenti condizioni:
- Riscaldamento fino a 60-80°C;
- Riscaldamento in acqua, presente almeno al 30%.
La diversa solubilità è legata alla struttura dell’amido: a basse temperature infatti l’elica di amilosio è chiusa,
a formare l’elica (o spirale), mentre all’aumentare della temperatura la spirale si inizia ad allargare, le molecole
di acqua entrano nella struttura formando legami idrogeno. Avviene quindi la gelatinizzazione dell’amido,
con aumento della viscosità del sistema. Maggiore è la temperatura, maggiore sarà questo processo.
Per valutare l’origine botanica dell’amido si possono utilizzare dei tracciati DSC. In tali grafici è presente
l’andamento della gelatinizzazione delle diverse tipologie di amido, provenienti da diverse specie botaniche.
In generale, l’amido di frumento gelatinizza tra 50-80°C, mentre l’amido di patata a temperature superiori.
L’orzo presenta andamento diverso in base alla tipologia: se è del tipo “waxy” presenterà più amilopectina che
amilosio, la quale gelatinizza prima, e quindi il secondo picco inerente la gelatinizzazione dell’amilosio non
sarà presente, al contrario nella tipologia “high-amylose” il secondo picco sarà pronunciato, mentre nel tipo
normale sono presenti entrambi i picchi di gelatinizzazione.
La gelatinizzazione dipende dai seguenti fattori:
- Specie botanica;
- Rapporto amilosio/amilopectina;
- Quantità di acqua presente. Infatti in presenza di abbondanza di acqua la gelatinizzazione avviene anche
a temperature più basse, mentre se vi è poca acqua sono richieste temperature più elevate. Ad esempio, in
una pasta sottoposta a cottura “al dente”, la percentuale di amilosio gelatinizzato è solo dell’85%, per
gelatinizzare il 90-95% dell’amido sarà necessario aumentare il grado di cottura. Nel pane poi vi è più
amido gelatinizzato che nei biscotti, perché nell’impasto è utilizzata una maggiore percentuale di acqua.
Se si considera il granulo di amido in presenza di un eccesso di acqua, a temperatura ambiente tutte le catene
sono racchiuse nel granulo stesso. All’aumentare della temperatura il granulo di amido si allarga, aumenta di
dimensioni, fino a raggiungere una certa temperatura in cui vi è l’ingresso di acqua nelle molecole.
Nel grafico seguente la temperatura è la linea rossa, mentre la viscosità è la linea nera. Quando si inizia il
riscaldamento la viscosità resta bassa fino a 60-70°C, dopodiché aumenta perché l’amido inizia a gelatinizzare.
Una volta che la temperatura raggiunge i 90°C e vi si stabilizza, la viscosità diminuisce per due motivi:
- Un aumento della temperatura corrisponde ad una diminuzione della viscosità;
- Gli enzimi (amilasi) tagliano e scindono l’amido, andando a ridurre la viscosità.
Al diminuire della temperatura poi la viscosità aumenta perché il sistema gelifica (gelificazione -o
ricristallizzazione-, diversa dalla gelatinizzazione, che invece avviene quando la temperatura aumenta e
l’amido si scoglie in acqua) con formazione del gel (tipico per prodotti come budini e pane). Durante la
gelificazione parte dell’amilosio che era in soluzione ritorna a formare il reticolo cristallino, tuttavia
l’amilopectina, che è maggiormente complessa e disordinata, rimane amorfa e presente all’interno del gel.
Questo è un processo molto importante sia dal punto di vista tecnologico che nutrizionale. Quando l’amido è
in struttura cristallina non può infatti essere attaccato da enzimi amilolitici, quindi non può essere digerito e
non fornisce alcun apporto calorico (perché appunto non è ridotto a glucosio). Gli enzimi riescono a lavorare
bene sull’amido gelatinizzato.
In fase di conservazione, se questa avviene in condizioni di bassa temperatura, come la refrigerazione, avviene
un’ulteriore ricristallizzazione, che interessa l’amilopectina. Questo è uno dei fattori (ma non l’unico!) che
influenza la durezza del pane. Se infatti il pane vecchio viene posto in forno e riscaldato aumenta la
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morbidezza in quanto vi è una ri-gelatinizzazione dell’amilopectina, tuttavia vi sarà un essiccamento più
veloce rispetto al pane fresco, in quanto l’acqua si dispone in posizioni diverse.
L’amilosio ricristallizza molto più velocemente rispetto all’amilopectina, infatti essa impiega più tempo a
riacquisire la forma originale. Per mettere a punto un pane dietetico, è meglio utilizzare farina con più elevato
contenuto di amilosio perché questo ricristallizza più velocemente rispetto all’amilopectina, quindi sarà meno
disponibile come fonte di energia.
L’amido può formare tre tipologie di cristalli, A, B e V. I cristalli di amido nativo coordinano poche molecole
di acqua, circa 8 per cristallo, tuttavia in seguito alla retrogradazione si crea una struttura cristallina di tipo B,
in grado di coordinare un maggior numero di molecole di acqua.
Come detto in precedenza, l’amilosio forma una struttura a spirale, all’interno della quale è presente una
cavità in grado di ospitare trigliceridi, o comunque catene di grassi. Se l’ingresso delle molecole di grasso
avviene in seguito alla gelatinizzazione, la successiva ricristallizzazione sarà ostacolata. Se si aggiunge grasso
il prodotto invecchia più lentamente, perché esso impedisce la retrogradazione. In queste strutture la testa
polare del grasso esce dalla catena.
6.4.2 Le proteine
La composizione proteica della cariosside (riferita al frumento, per gli altri cereali è differente) è
rappresentata dalla seguente immagine:
Le proteine del glutine sono molto presenti solamente nel frumento.
Le gliadine sono piccole e globulari, molto ricche in glutamina, in grado di formare legami idrogeno.
Le glutenine sono più grosse, hanno struttura a foglietto, e si caratterizzano per avere molte cisteine, come
residuo presentano il gruppo S-H. Se due gruppi S-H vengono a contatto si formano molto forti legami
covalenti S-S, creando dei ponti tra le glutenine.
Le proteine non glutine sono in grado di inglobare molta aria, e conferiscono sofficità agli impasti.
Nelle farine vi è un contenuto proteico che varia dal 10% (farine deboli)-15% (farine forti) fino al 18% (farine
fortissime). Se alla farina si aggiunge acqua (senza scaldare) si idratano le proteine e le fibre (non gli amidi e i
grassi). Se dopo aver idratato la struttura si inizia ad impastare, esercitando sforzi in un’unica direzione, le
proteine si orientano in quella direzione. Si forma quindi il reticolo glutinico, costituito da numerosi ponti S-
S tra le diverse glutenine. Le gliadine, che presentano forma sferica, non saranno aperte ed allungate, ma
formano tanti legami idrogeno che conferiscono maggiore struttura al reticolo glutinico. Le glutenine
forniscono un apporto in elasticità all’impasto mentre le gliadine estensibilità, perché i legami idrogeno non
sono permanenti e si possono muovere e spostare.
I granuli di amido rimangono intrappolati nella maglia glutinica, così come i lipidi.
Durante la cottura con acqua, le proteine si denaturano a causa della temperatura, restringendosi e
coagulando su se stesse. Al contempo l’amido si idrata e gelatinizza. Se il reticolo glutinico è ben strutturato
allora mantiene l’amido al suo interno, quindi la pasta risulterà al contempo morbida (per l’ami