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2. LE ANOMALIE DI STRUTTURA
Si presentano quando, a seguito di una rottura (da mutageni, virus), si verifica un riarrangiamento e
conseguente alterazione strutturale del cromosoma.
- DELEZIONI: perdita di un frammento di cromosoma, a livello terminale o interstiziale: in ogni caso si
tratta di un’anomalia sbilanciata, in omozigosi le delezioni sono letali, in quanto su entrambi i
cromosomi mancano determinati geni, in eterozigosi si possono avere conseguenze diverse
(aploinsufficienza se la quantità di prodotto genico restante è insufficiente per sviluppare un
fenotipo normale / pseudodominanza se si ha la manifestazione fenotipica di un carattere recessivo
a causa della perdita del dominante). Le delezioni possono essere causate dall’azione di mutageni
che rompono i cromosomi, come conseguenza di crossing over ineguale o dalla presenza di gameti
provenienti da eterozigoti con traslocazione reciproca o inversione pericentrica, che quindi già
presentano la delezione.
- DUPLICAZIONI: duplicazione di un frammento di cromosoma. Può essere diretta se all’interno del
cromosoma viene mantenuta la corretta successione dei geni o inversa se il frammento duplicato
ruota di 180° prima di reinserirsi nel cromosoma, intracromosomica o terminale del cromosoma. Il
fenotipo dell’individuo sarà diverso a seconda della regione duplicata, del numero di geni e del tipo
di cromosoma coinvolto, si possono manifestare ritardo mentale o malformazioni, in ogni caso
dovuti ad una trisomia parziale, cioè alla presenza di 3 copie dei geni coinvolti nella mutazione. Le
cause, come per le delezioni, possono essere gameti che già presentano la mutazione o crossing
over ineguale.
- INVERSIONI: si hanno quando un frammento di cromosoma si rompe e dopo rotazione di 180° si
inserisce nuovamente nel cromosoma. Possono essere paracentriche se la rottura avviene
all’interno dello stesso braccio del cromosoma, senza coinvolgimento del centromero, o
pericentriche se le rottura coinvolgono i 2 bracci del cromosoma e quindi anche il centromero. Di
solito si tratta di anomalie bilanciate, in quanto non si ha perdita di materiale genico, ma le rotture
possono coinvolgere una sequenza genica con conseguenze fenotipiche nell’individuo, si può avere
un’alterazione della regolazione genica (se il gene viene allontanato dal suo regolatore) e in
eterozigosi si hanno problemi nella produzione di gameti con conseguente pseudo sterilità, aborti e
malformazione fetali.
- TRASLOCAZIONI: scambio di frammenti di cromosoma tra cromosomi non omologhi. Possono
essere intracromosomiche se avvengono all’interno di un unico cromosoma o intercromosomiche
se avvengono tra due cromosomi diversi, reciproche se i due cromosomi si scambiano dei blocchi
(creazione di due cromosomi derivativi che prendono il numero a seconda del centromero che
portano) o non reciproche se il frammento passa da un cromosoma ad un altro, senza scambio.
Come conseguenze di una traslocazione si può avere un’alterazione dei rapporti tra i geni e della
loro regolazione e effetti sulla produzione dei gameti con semisterilità (in individui eterozigoti si ha
produzione di gameti non vitali per appaiamento scorretto dei cromosomi omologhi durante la
meiosi).
3. PARTICOLARI ANOMALIE STRUTTURALI
- TRASLOCAZIONE ROBERTSONIANA: coinvolge i cromosomi acrocentrici (13, 14, 15, 21, 22). In
seguito a rottura su entrambi i cromosomi si e riappaiamento si ottengono un cromosoma con 2
centromeri (che funziona come singolo) e un frammento acentrico che viene perso alla prima
divisione meiotica. Di solito il soggetto è fenotipicamente normale.
- CROMOSOMA AD ANELLO: in seguito ad una singola rottura su un cromosoma sia il frammento che
ha mantenuto il centromero, che quello acentrico si possono chiudere ad anello. La parte senza
centromero viene persa e l’anomalia fenotipica dipenderà dalla quantità di informazione persa.
- DIVISIONE ERRATA DEL CENTROMERO: divisione trasversale anziché longitudinale del centromero
durante la divisione cellulare porta alla formazione di isocromosomi: un frammento acentrico che
viene perso e un cromosoma telocentrico instabile con 2 braccia identiche.
- SINDROMI DA MICRODELEZIONE: dette anche sindromi da geni contigui, sono tutte le mutazioni di
regioni inferiori a 4 Mb, non evidenziabili col bandeggio ma solo con citogenetica molecolare.
- POLIMORFISMI CROMOSOMICI: modificazioni morfologiche del DNA che, interessando le zone di
eterocromatina, non causano mai un aspetto fenotipico patologico.
- SITI FRAGILI: si tratta di specifiche zone cromosomiche che vanno incontro a rottura più
frequentemente che altre, possono essere siti fragili rari (evidenziati solo in alcune famiglie, sono
rappresentati da sequenze ripetute che se si rompono risultano sempre associate a patologie) o
comuni (presenti in tutti i cromosomi, possono predisporre a instabilità del DNA con conseguenti
delezioni o traslocazioni, sono regioni più sensibili a mutageni ambientali o a integrazione virale,
coinvolti quindi anche all’insorgenza di neoplasie).
ANALISI GENETICHE
Le analisi genetiche vengono effettuate allo scopo di rilevare anomalie numeriche o strutturali dei
cromosomi.
1. CITOGENETICA
Le analisi possono essere eseguite sia a livello prenatale (su villi coriali o su cellule fetali presenti nel liquido
amniotico) che nell’individuo adulto (su sangue periferico, fibroblasti da biopsie, midollo osseo, materiale
tumorale, linee cellulari immortalizzate)
Con cariotipo si intende la rappresentazione della distribuzione delle singole coppie di cromosomi
omologhi nella cellula. Il preparato cromosomico per il cariotipo si può ottenere:
- DA CELLULE IN SOSPENSIONE: normalmente l’analisi viene eseguita su linfociti T mediante prelievo
di sangue venoso (vantaggi: piccola quantità prelevata, il prelievo non è invasivo per il paziente) a
cui viene aggiunto dell’anticoagulante (normalmente eparina e non EDTA in quanto tossico per le
cellule). Le cellule vengono messe in un terreno di coltura completo con l’aggiunta di
fitoemoagglutinina (sostanza in grado di stimolare i linfociti T a passare dallo stato di cellule
differenziate in cui si trovano alla fase G1 del ciclo cellulare, per poterne evidenziare i cromosomi in
metafase). Dopo aver lasciato le cellule in coltura per 48-96 ore si aggiunge la colchicina (sostanza
che blocca la formazione delle fibre del fuso mitotico, di modo che i cromosomi si dispongano sulla
piastra equatoriale ma le cellule si blocchino in metafase). Dopo aver lasciato agire per 30 min / 1
ora si separa la fase liquida (contenente i reagenti) dalla fase corpuscolata (con le cellule) tramite
centrifugazione. Si aggiunge quindi una soluzione ipotonica (sodio citrato o cloruro di potassio) e si
lascia agire per 20 minuti circa: in questo modo le cellule si gonfiano e i cromosomi risultano più
visibili. Si centrifuga per rimuovere la soluzione ipotonica. Si aggiunge un fissativo composto da
alcol metilico e alcol acetico 3:1 per ripulire il pellet. Si ripete ancora una volta la centrifugazione e
la risospensione, infine si striscia la soluzione ottenuta sul vetrino.
- DA CELLULE IN COLTURA: di solito l’analisi viene eseguita a partire da biopsie di tessuto tumorale. Il
materiale prelevato deve avere determinate caratteristiche: non avere aree necrotiche o
emorragiche, essere fresco e contenere le cellule tumorali di interesse. Il pezzo viene valutato e la
parte di interesse viene posta in recipiente sterile per essere disgregata meccanicamente (col
bisturi) ed enzimaticamente (trattamento con collagenasi di tipo II, usato in concentrazioni diverse
a seconda della durezza del tessuto in questione). Dopo aver lavato e centrifugato le cellule
vengono seminate in un terreno completo e incubate a 37°C con CO affinchè si attacchino al
2
contenitore. Quando le cellule arrivano a confluenza vengono staccate utilizzando tripsina (enzima
proteolitico che degrada la matrice cellulare che unisce le cellule tra loro) e EDTA (sostanza
chelante che rompe i legami a base di calcio e magnesio che le cellule usano per aderire alla
piastra) e trasferite, ottenendo in questo modo delle colture secondarie. I preparati cromosomici su
coltura possono quindi essere diretti se eseguiti su cromosomi in metafase in coltura primaria o a
lungo termine se eseguiti su cellule di colture secondarie. I primi sono preferibili, in quanto le
cellule rimangono in coltura solo 24 – 48 ore, e ci si avvicina quindi di più alla condizione in vivo.
Per quanto riguarda la DIAGNOSI PRENATALE, questa viene indicata in particolari casi (se la madre ha
età superiore o uguale a 35 anni, se i genitori sono portatori di anomalie cromosomiche bilanciate, se ci
sono stati aborti spontanei precedenti o se sono state evidenziate malformazioni nelle ecografie) al fine
di predire o escludere con una certa probabilità la presenza di un’anomalia genetica nel nascituro. Allo
scopo possono essere eseguite 2 tecniche (entrambe invasive e con rischio di aborto e di complicanze
legate alla procedura):
- VILLOCENTESI: effettuata tra l’8° e la 10° settimana di gestazione, consiste nel prelievo per via
addominale e sotto guida ecografica dei villi coriali che avvolgono il feto prima della formazione
della placenta. Dopo trattamento enzimatico questi vengono messi in coltura per poter eseguire
l’analisi citogenetica.
- AMNIOCENTESI: effettuata tra la 14° e 16° settimana di gestazione, prevede un prelievo tramite
siringa e sotto guida ecografica di liquido amniotico, all’interno del quale si trovano cellule fetali
sfaldate. Dopo centrifugazione le cellule vengono messe in coltura e si effettua l’analisi del
cariotipo del nascituro.
Con cariogramma si intende invece la rappresentazione schematica di ogni singolo cromosoma identificato
da una serie di bande che lo caratterizzano e che sono identiche in cromosomi omologhi e diverse in
cromosomi non omologhi. La tecnica che permette di identificare le bande è definita bandeggio. Ce ne sono
di 2 tipi:
- BANDEGGIO GENERALE: colora tutti i cromosomi della cellula, con bande diverse tra cromosomi
omologhi e non.
Esempi di bandeggio generale sono il bandeggio Q (il vetrino col preparato viene immerso in una
soluzione di quinacrina, una sostanza fluorescente che si intercala al DNA, quindi visualizzando al
microscopio a fluorescenza si vedono bande chiare e scure a seconda che la quinacrina vi si sia
legata o no), il bandeggio G (i cromosomi del preparato vengono parzialmente digeriti con tripsina:
le zone ricche in G-C ad alta densità genica si degradano, mentre quelle ricche in A-T con minore
percentuale di geni non si degradano: una volta immerso il preparato nel colorante Giemsa la zona
non degradata si colorerà di blu, il resto rimarrà chiaro) e il bandeggio R (prevede un trattamento
del preparato ad alta temperatura per degradare le zone ricche in A-T e quindi avere, dopo
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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