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M
i materiali in commercio hanno resistenze maggiori di quelle minime imposte dalle norme;
le resistenze reali possono aumentare per effetto di fenomeni di cui si dirà nel seguito, quali il confinamento del calcestruzzo e l’incrudimento dell’ac-
ciaio.
Invero, è proprio questo secondo aspetto, insieme con le incertezze insite nei modelli di calcolo, che porta a stabilire la sovraresistenza applicando appunto il
coefficiente γ alla stregua di un fattore di sicurezza.
Rd
In definitiva, il progetto secondo la gerarchia delle resistenze si fonda su tre cardini.
1) Siccome la localizzazione delle plasticizzazioni è scelta dal progettista, il cinematismo plastico strutturale è esplicito e, ovviamente, è quello ottimale
per la duttilità globale.
Ogni zona della struttura è dichiarata e progettata come destinata a plasticizzarsi oppure a rimanere
elastica. Le zone del primo tipo sono le “regioni dissipative” o “zone critiche”(7.2.1) e corrispondono a
“cerniere plastiche”ideali: siccome la duttilità è maggiore con la flessione semplice, piuttosto che con la
flessione composta o il taglio o la torsione, il progettista deve puntare a tale modalità di plasticizzazione,
18 peculiare delle travi. In aggiunta, la plasticizzazione delle travi comporta un cinematismo globale (raffigurato a sinistra), preferibile rispetto
al cinematismo locale (raffigurato a destra) che coinvolge i pilastri di una sola elevazione (quest’ultimo cinematismo è detto “del piano
soffice”). La configurazione della costruzione è compatibile col cinematismo suddetto. Ad
esempio, la costruzione deve essere iperstatica e regolare, mentre sono da evitare sbalzi notevoli,
forti arretramenti del corpo di fabbrica, pilastri in falso e così via. La regolarità deve riguardare
tanto la struttura quanto gli elementi non strutturali. Per esempio, è risaputo che, pur con una
struttura regolare, il cinematismo del piano soffice si può innescare per una tamponatura parziale (foto a sinistra) o addirittura per la rottura
localizzata di una tamponatura uniforme (foto a destra).
2) Il progetto delle zone critiche, concepite per plasticizzarsi alla flessione, investe la loro resistenza e la loro duttilità.
La resistenza alla flessione è progettata nella maniera tradizionale, ossia tale resistenza:
è insufficiente per garantire un comportamento elastico;
è vicina il più possibile alla sollecitazione di progetto;
si basa sulle resistenze ultime di progetto dei materiali.
La duttilità alla flessione è progettata per garantire una duttilità globale adeguata. In concreto:
si adottano i dettagli costruttivi appropriati (nel caso del calcestruzzo armato riguardano l’armatura trasversale di confinamento, quella longitudinale
ed altro);
si verifica analiticamente la duttilità sulla base della legge momento-curvatura.
Infine, resta la resistenza alle ulteriori modalità di crisi (locale) delle zone critiche. Si tratta della rottura per il taglio, dello sfilamento delle barre nel calcestruzzo
armato, della rottura dei collegamenti nel caso dell’acciaio e così via.
Questa resistenza è da progettare con l’esubero opportuno per scongiurare le rotture indesiderate, quindi:
è maggiore della sollecitazione causata dalle azioni ultime di progetto secondo l’analisi strutturale;
è basata non sulla sollecitazione di progetto suddetta, bensì sull’equilibrio imposto nella condizione in cui le zone critiche si sono plasticizzate nella
maniera voluta, perciò esplicano le rispettive “vere” resistenze alla flessione (le capacità).
Per principio, siccome si tratta di modalità di crisi inibite, non occorre progettarne la duttilità.
3) Il progetto delle zone non critiche, concepite per non plasticizzarsi, riguarda le resistenze e mira ad escludere ogni plasticizzazione, inclusa quella flessionale.
La resistenza per ciascuna modalità di crisi locale delle zone non critiche, flessione inclusa, è dimensionata con l’esubero adeguato. Di nuovo, la resistenza è
basata non sulla sollecitazione ultima indicata dall’analisi strutturale, bensì sull’equilibrio imposto nella condizione in cui le plasticizzazioni sono presenti nelle zone
critiche.
Le zone non critiche, rese sovraresistenti, rimangono elastiche.
Pertanto, in linea di principio non è necessaria alcuna cura speciale dei loro dettagli costruttivi, né occorre verificarne la duttilità.
Sequenza progettuale degli edifici intelaiaiti
Si è compreso che le resistenze delle modalità di crisi e degli elementi più fragili devono dipendere dalle resistenze effettive dei meccanismi di crisi duttile degli
elementi più duttili. Ne deriva che per attuare la gerarchia delle resistenze il progetto degli elementi strutturali si deve svolgere con un ordine ben preciso.
1) Progetto alla flessione delle travi
Si dimensiona l’armatura longitudinale delle travi rendendo minimi gli esuberi delle resistenze rispetto alle sollecitazioni nelle condizioni ultime (M ≈
Rdu
M ). Di solito, ma non sempre, le zone critiche sono collocate all’estremità delle travi.
Sdu
2) Progetto al taglio delle travi
Si dimensiona l’armatura trasversale delle travi, conferendo la sovraresistenza prestabilita rispetto alla resistenza alla flessione, in modo da inibire la
rottura (più fragile) al taglio.
Per garantire tale sovraresistenza, la resistenza alla flessione deve essere valutata:
in base all’armatura longitudinale presente davvero nelle travi (è il risultato del calcolo del primo punto);
tenendo conto di fattori quali l’incrudimento dell’acciaio e la maggiore resistenza dell’acciaio in commercio rispetto a quella minima delle norme
(applic. il coeff. γ ).
Rd
Sempre per garantire la sovraresistenza al taglio, la stima della resistenza al taglio deve essere prudenziale.
3) Progetto alla flessione dei pilastri
Si progetta l’armatura longitudinale dei pilastri attribuendo la sovraresistenza prestabilita rispetto alla resistenza alla flessione delle travi, cosicché la
crisi alla flessione dei pilastri sia inibita perché meno duttile di quella delle travi.
La resistenza alla flessione delle travi deve essere valutata nel modo più realistico, ossia con l’armatura longitudinale vera delle travi (il risultato del
primo punto) ed applicando il coefficiente di sovraresistenza γ . Per coerenza, lo sforzo assiale nei pilastri dovrebbe assumere non il valore indicato
Rd
dall’analisi strutturale, ma il valore in equilibrio con i tagli presenti nelle zone critiche delle travi plasticizzate a flessione (il risultato del secondo punto).
19
Tuttavia, le norme attuali ammettono una semplificazione la quale consente di svolgere il progetto alla flessione dei pilastri subito dopo il progetto alla
flessione delle travi, indipendentemente dal progetto al taglio delle travi.
Si preciserà pure che la sovraresistenza alla flessione non è necessaria per tutte le sezioni dei pilastri. Alcune sezioni fanno eccezione, per esempio
le sezioni all’attacco con la fondazione: queste devono plasticizzarsi di necessità per originare il cinematismo globale.
4) Progetto al taglio dei pilastri
Si progetta l’armatura trasversale dei pilastri per avere la sovraresistenza prestabilita rispetto alla resistenza alla flessione dei pilastri medesimi, valutata
sempre nel modo più realistico: con l’armatura longitudinale vera dei pilastri (il risultato precedente) e col coefficiente di sovraresistenza.
5) Progetto degli ulteriori elementi
Nelle strutture intelaiate, questi elementi sono:
i nodi trave-pilastro;
gli impalcati;
le fondazioni.
Sono progettati per essere sovraresistenti (C7.4) in quanto la loro plasticizzazione è inopportuna per diversi motivi:
la loro duttilità è carente, trattandosi di solito di elementi tozzi soggetti a tagli rilevanti;
la riparazione dei danni associati con la plasticizzazione sarebbe alquanto difficoltosa, rispetto alle travi ed ai pilastri.
20
III. AZIONI
G
ENERALITÀ
Nel capitolo 3 delle norme tecniche si definiscono le azioni relative alle costruzioni per uso civile ed industriale. Fra l’altro, è specificato il valore nominale e/o
caratteristico dei carichi che le schematizzano nei calcoli. Al proposito, si prescrive che “la descrizione e la definizione dei carichi devono essere espressamente
indicati negli elaborati progettuali”.
Le azioni previste esplicitamente dalle norme possono essere distinte in cinque generi diversi, sulla base della loro natura.
— Le azioni gravitazionali: sono i pesi dovuti alla forza di gravità, alla quale sono soggetti sia gli elementi costr dell’opera sia gli elementi portati durante l’uso.
— Le azioni del vento: essenzialmente (ma non unicamente) consistono in spinte esercitate da un fluido in moto (l’aria) allorquando investe la costruzione.
— Le azioni sismiche: in sintesi, si tratta di forze d’inerzia dovute alle accelerazioni del suolo di fondazione.
— Le azioni termiche: sono le variazioni di temperatura indotte per effetto di cause differenti: il riscaldamento ed il raffreddamento esterno, giornaliero e stagionale
— Le azioni eccezionali: gli incendi di materiali combustibili in genere; gli urti di veicoli o treni o imbarcazioni o aeromobili (3.6.3.1).
A G
ZIONI RAVITAZIONALI
Tipicamente, i pesi che gravano sugli edifici derivano da quattro tipi di componenti:
— gli elementi strutturali che fanno parte della costruzione (pilastri, travi, solai…);
— gli elementi non strutturali che fanno parte della costruzione (tamponature, tramezzi, pavimenti…);
— gli elementi “legati alla destinazione d’uso” della costruzione (elementi portati che non fanno parte della costruzione: arredo, persone, veicoli…);
— la neve (elemento che non è legato alla destinazione d’uso né è parte della costruzione).
Pesi Propri Strutturali
Secondo la definizione dell’Eurocodice 1 (1.4.4), “gli elementi strutturali compren-
dono la struttura a telaio principale e le strutture di sostegno”.
“Le azioni permanenti da inserire nelle combinazioni… legate all’azione gravitazio-
nale sono determinate a partire dalle dimensioni geometriche e dai pesi dell’unità
di volume dei materiali di cui è composta la costruzione” (3.1.1). Quindi, si tratta
banalmente di valutare i volumi ed i relativi pesi.
“I pesi dell’unità di volume e i carichi pertinenti devono essere definiti a partire da
fonti riconosciute o dalle indicazioni” …delle medesime norme tecniche (3.1.1).
Elenchi analoghi, ma più ricchi, sono forniti dall’Eurocodice 1. Per esempi