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Dall’osservazione diretta è possibile notare come i maggiori cambiamenti percettivi e motori, o comunque i
più vistosi, avvengono nei primi anni di vita, ed è proprio su questi che la psicologia dello sviluppo si è
concentrata. Se fino agli anni ’60 il neonato era inteso come passivo di fronte alla stimolazione ambientale, a
cui rispondeva in modo confusionario e comunque istintuale, le innovazioni tecnologiche e strumentali hanno
permesso di osservare e codificare in maniera più adeguata i comportamenti e cambiamenti motori e percettivi
del neonato, che ora viene inteso come “competente” nel rispondere all’ambiente materno e non solo.
Lo sviluppo percettivo tipico
Lo sviluppo della conoscenza della realtà parte dalla percezione del mondo. Percepire non significa
semplicemente selezionare le informazioni e immagazzinarle così come vengono rilevate, ma implica una
serie di processi di elaborazione attivi al fine di organizzare i dati in maniera coerente e significativa, in modo
da poter rappresentare la realtà. La percezione della realtà, quindi la realtà fenomenica, è differente dalla realtà
stessa, ed è il risultato della mediazione dell’attività dell’individuo.
Per esempio, nelle figure illusorie il nostro sistema percettivo riesce a rilevare la presenza di figure, linee,
ostacoli, ecc. che in realtà non sono presenti nella realtà, ma che sono il frutto dell’integrazione delle
informazioni rilevate. Questo ci porta alla distinzione tra sensazione e percezione. Le sensazioni fanno
riferimento agli organi sensoriali e alle vie nervose e rilevano le impressioni soggettive derivanti dai nostri
sensi relative a stimoli fisici. La percezione integra e interpreta le sensazioni coinvolgendo le arre della
corteccia cerebrale. La psicologia dello sviluppo si occupa di indagare il modo in cui nelle diverse età i
bambini interpretano le proprie sensazioni, partendo dal presupposto che oggi è stato dimostrato come già il
neonato abbina una capacità attiva di elaborazione degli stimoli, benché ridotta e ancora immatura.
Prima infanzia
Le nuove conoscenza sulle fasi di sviluppo del sistema visivo ci permettono di comprendere le caratteristiche
del funzionamento visivo nei primi mesi di vita. Conoscendo lo stato di immaturità e i limiti visivi del neonato
è possibile costruire delle metodologia di indagine percettive adeguate alla fase di sviluppo del bambino, in
modo che le sue prestazioni non siano influenzate da deficit organici di immaturità. Per esempio, gli stimoli
vengono presentati in visione periferica poiché risulta più accurata di quella foveale, gli stimoli vengono
presentati a 30-50 cm poiché solo a tale distanza vengono messi a fuoco, gli stimoli sono in bianco e nero
poiché il neonato non è ancora in grado di differenziare i colori, ecc. un esperimento fatto con dei bambini
con pochi giorni di vita può essere strutturato, per esempio, da stimoli che variano per una sola caratteristica
come la frequenza spaziale di due griglie o la disposizione degli elementi interni in un’immagine
schematizzata del volto. Proprio il volto è per il neonato uno stimolo particolarmente saliente sia perché si
pensa che ci sia una predisposizione biologica a prestare attenzione ad informazioni coerenti con quelle del 1
volto, sia perché sin dalla nascita il bambino è continuamente posto in una posizione faccia a faccia, e quindi è
lo stimolo di cui fa più esperienza.
Per quanto riguarda gli altri sistemi percettivi, si è osservato come sin dalle prime ore di vita il bambino
produce differenti configurazioni facciali discriminando odori gradevoli e sgradevoli, la suzioni viene inibita
la soluzioni saline e stimolata da soluzioni dolci, il bambino è in grado di discriminare i suoi e riconoscere i
volti della mamma. In particolare, si è osservato come nei primi mesi di vita il bambino è capace di
discriminare fonemi non presenti nella propria lingua madre, mentre tale abilità scompare nei mesi successivi
e rimane solo la capacità di discriminare i fonemi della propria lingua;questo viene inteso come prova che le
abilità percettive uditive si sviluppino prima che intervenga la manipolazione ambientale e culturale.
Ritornando allo sviluppo percettivo visivo, molte ricerche hanno evidenziato che esistono degli stimoli che
vengono naturalmente preferiti ad altri: stimoli strutturati, curvilinei, linee orizzontali, basso contrasto,
tridimensionali, ecc. Questo dimostra che sin dalla nascita il bambino presta attenzione in modo selettivo
all’ambiente e, in particolare modo, tende a rivolgersi a tutti quegli stimoli che determinano una massima
attività neurale del sistema visivo. E ancora, i due stimoli maggiormente riferiti sono il movimento biologico
degli essere umani e il volto umano. La spiegazione a tale scelta viene ricondotta a delle esigenze biologiche
di sopravvivenza: l’osservare il movimento permette di ottenere una stimolazione relativamente ai propri
movimenti e poi alle modalità di interazione, imitazione, ecc. Il rivolgersi verso il volto umano ha un valore
funzionale nel momento in cui i nostri bisogni sono soddisfatti da altri essere umani significativi. La
specializzazione per riconoscimento dei volti viene interpretata una il risultato di un lungo processo evolutivo
che ha portato alla struttura di meccanismi sottocorticali specializzati, in conseguenza alla alta frequenza di
stimolazione ambientale. Questa è la teoria avanzata dalle neuroscienze cognitive dello sviluppo secondo cui
alcune abilità emergono gradualmente attraverso l’interazione tra sottili vincoli innati e la stimolazione di un
ambiente specie-specifico, quindi come risultato dell’evoluzione della specie.
L’interazione tra capacità cognitive di natura biologica e l’influenza ambientale è dimostrata da molte ricerche
che evidenziano le differenza di prestazione di bambini di mesi diversi di età in cui le abilità vanno via via
incrementando e, soprattutto, cambiamento anche qualitativamente: varia il numero di informazioni elaborate,
il tipo di selezione delle informazioni salienti, le strategie di analisi, ecc.
Una particolare caratteristica indagata è la capacità di discriminare un volto familiare da uno “nuovo”. È stata
utilizzata la tecnica dell’abituazione e si è osservato che sin dalla nascita il bambino distingue il familiare dal
nuovo, ma che tra i 3 e i 18 mesi, per esempio, esista una differenza di velocità della prestazione e di capacità
di elaborare stimoli semplici o complessi dovuta ad una maggior efficacia delle strategie. Sono state anche
individuate delle differenze individuali legate a due diverse strategie di elaborazione. Alcuni bambini
attuavano dei scarsi tempi di fissazione e risultavano più sensibili a caratteristiche generali, come la forma, e
sviluppavano una modalità globale di esplorazione egli stimoli che risultava anche più veloce. Altri bambini,
invece, avevano dei tempi di fissazione molto più lunghi e questo implicava l’aumento dei tempi di
prestazione ma una maggiore attenzione al dettaglio e all’analisi dei singoli elementi e quindi ad una migliore
capacità di discriminazione.
L’abituazione allo stimolo(intesa come capacità di riconoscere stimoli familiare) è stata indagata anche tramite
l’uso della variazione di alcuni indici biologici, come il ritmo cardiaco, respiratorio o della suzione. Per
esempio, il ritmo della suzione rallenta quando il bambino sente la voce della madre e vuole prestarle
attenzione, mentre non varia di fronte al altre voci.
Un'altra abilità che è stata indagata è la categorizzazione, una capacità assolutamente necessaria anche nella
vita adulta. La categorizzazione è stata indagata sempre sulla base della familiarizzazione con lo stimolo, nel
senso che il riconoscere uno stimolo come familiare implica l’aver categorizzato lo stimolo rispetto ad uno
stimolo che risulta nuove e che ancora non appartiene ne a nessuna categoria.
Sono stati condotti degli esperimenti di categorizzazione di figure geometriche con bambini di diverse età(3 e
5 mesi): la capacità di categorizzazione è stata intesa come l tendenza a rivolgersi verso una figura geometrica
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nuova, proprio perché quelle precedenti sono già state elaboraste e quindi categorizzate. Si è notato che le
capacità di categorizzazione sono presenti sin dalla nascita anche se risultano ridotte. I bambini di 3 mesi
distinguevano categorie di esemplari mondo diversi(quadrati e croci) mente a 5 mesi si differenziano stimoli
più simili(quadrati e triangoli). La capacità di categorizzazione viene poi ricollegata anche alla capacità di
costanza percettiva ossia di comprendere che quelle determinate caratteristiche fisiche appartengono ad una
tipologia di stimoli anche se alcuni suoi aspetti possono variare rispetto allo stimolo proto tipico.
La fanciullezza
Al variare dell’età avvengo avvengono delle rilevanti trasformazioni rispetto alle modalità con cui il bambino
interpreta la realtà. Questi cambiamenti sono sia la conseguenza della maturazione del sistema nervoso, che
prosegue il suo corso anche se in maniera più lenta e meno evidente, sia dell’esperienza ambientale.
Lo sviluppo percettivo deve poi essere messo in relazione con lo sviluppo cognitivo e con quelle abilità che
migliorare le prestazioni percettive come la qualità dell’attenzione. Alle diverse età, i bambini acquisiscono
gradualmente:
• Attenzione sostenuta: focalizzazione su un compito per periodi di tempo più lunghi
• Attenzione selettiva: selezione degli stimoli ambientali in modo più sistematico e ignorando quelli
distraesti
• Strategie di esplorazione visiva: pianificare la ricerca delle informazioni salienti
Una caratteristica dell’infante, che poi viene superata con l’età, è il “sincretismo infantile”, ossia una carenza
di organizzazione flessibile e articolata del campo percettivo. Per esempio, i bambini di 7 anni si concentrano
più sulla struttura di insieme piuttosto che sui dettagli e impiegano una tempo doppio, rispetto a bambini più
grandi, nell’identificare una parte dell’insieme che è stata eliminata o sostituita con una figura simile o uguale
ma di diverso colore. Tra i 6 e i 9 anni le strategie di esplorazione migliorano sensibilmente e questo permette
il superamento del sincretismo. Un'altra capacità che viene appresa con la crescita è la possibilità di
riconoscere forme visive comuni ma con un contorno frammentato. I bambini in età prescolare faliscono in
questo compito perché per rilevare le forme incomplete è necessario foca