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BASSO MEDIOEVO

Cap. 6 Riforma monastica dell’XI-XII sec. Fermenti di rinnovamento

Tra XI-XII sec. il monachesimo si impose come modello di perfezione cristiana acquistando un ruolo eminente nella vita religiosa;

non fu solo una intensificazione delle fondazioni monastiche quanto un processo di riflessione sulla tradizione benedettina che en

uscì completamente rinnovata.

Si ebbe la diversificazione delle forme di vita claustrale da una parte articolata in una molteplicità di comunità e congregazioni

cenobitiche ma anche da nuove regole, dall’altra si ebbe la nascita di un monachesimo eremitico.

XI-XII sec. furono secoli di grande fermento innovatore della vita monastica : attorno ad un fondatore carismatico si cerco una

pratica di vita religiosa più soddisfacente di quelle offerte dalla Chiesa. I papi si servirono delle comunità monastiche per sostenere

e imporre le proprie istanze riformatrici, da questa alleanza derivò una tendenziale omologazione delle molte forme di vita

monastica allora sperimentate a pochi modelli riconosciuti e approvati da Roma. 9

La volontà di rinnovamento del monachesimo si espresse con la critica più o meno velata al monachesimo tradizionale, in

particolare cluniacense di fronte alla cui senescenza si esaltava la giovinezza e la novità: la scelta della vita eremitica, del ritorno

ad una chiesa primitiva, la scelta di una rigorosa povertà. Quasi tutti gli ordini, sorti tra XI-XII sec. con un’impostazione ascetica e

pauperistica in polemica con il monachesimo tradizionale adeguandosi rapidamente al regime proprietario di quella congregazione

da cui in origine volevano distinguersi. L’eremitismo

Nel primo ventennio dell’ XI sec. si sviluppò nell’Italia centrosettentrionale l’eremitismo che si precisò in strutture organizzative

vincolate all’osservanza di comportamenti e consuetudini ben codificati ed uscì dall’esperienza personale per istituzionalizzarsi.

Dall’isolamento degli eremi molti uomini manifestarono una volontà di intervenire nella società laica e nella vita ecclesiastica per

correggerne deviazioni religiose e morali.

La necessità di mettere per iscritto le proprie consuetudini divenne urgente nel XII sec. : si adottò la vita eremita (con i corollari

della povertà e del deserto) vissuta in piccole comunità di laici-conversi e chierici: ai primi toccò il governo e l’amministrazione dei

beni temporali, mentre i chierici si dedicavano alla contemplazione, alla preghiera, alla lectio divina.

Bruno di Colonia fondò nel 1084 un monastero a la Grande Chartreuse da cui sorse il primo eremo certosino: questo eremitismo

aveva un forte connotato elitario poiché la durezza delle condizioni materiali e spirituali di vita poteva essere accolta soltanto da

animi estremamente forti che aspirassero alla perfezione più alta. Il reclutamento di eremiti disposti a sottoporsi alle Consuetudini

certosine fu molto lento per la volontà di mantenere le comunità entro il numero massimo di 12 membri e per la durezza dello stile

di vita. La vita comune del clero

La diffusione del modello comunitario tra il clero secolare conobbe le prime codificazioni tra VIII-IX sec., i cardini delle codificazioni

di questi secoli erano la vita comune, la castità e l’obbedienza ad una regola. I canonici regolari avevano tutti uno stile di vita assai

vicino al modello di vita monastico: organizzavano le proprie giornate secondo una scansione molto vicina a quella benedettina; i

riformatori incoraggiarono con vigore questa moltiplicazione ritenendo che la vita in comune di tipo monastico fosse il rimedio di

molti mali. Nel XII sec. la varietà di esperienza canonicali si ridusse fortemente finendo per riguardare solo una parte del clero, i

canonici regolari si dedicarono sempre più all’insegnamento universitario.

Ideale eremitico e sviluppi cenobitici

Alla base delle diverse scelte organizzative e istituzionali si trovava una forte esperienza eremitica che era percepita come

strumento di riforma.

I monaci vallombrosiani si aprirono ai laici riconoscendone il ruolo attivo nell’ambito dell’impegno riformatore (crearono l’istituto dei

conversi: laici che servivano nel monastero senza pronunciare voti monastici). Questi monaci interpretavano la propria scelta

religiosa come impegno diretto e militante in favore della riforma dell’episcopato e del clero, fu proprio di questo tipo di

monachesimo l’uscire dalle mura dei chiostri che si davano ad un’accesa predicazione.

I cistercensi

Uomini e donne appartenenti a tutti i ceti sociali trovarono presso i cistercensi una risposta alle proprie ansie religiose e alla volontà

di compiere una fuga mundi. Le singole abbazie mantennero rapporti verticali con la propria abbazia madre (Citeaux) e con le

figlie, esse erano inserite in una rete orizzontale e godevano di una completa autonomia. Essi accusavano i cluniacensi di aver

tradito lo spirito della regola benedettina soffocandolo con molteplici interpretazioni e proclamavano la volontà di seguire la regola

alla lettera e nel modo più rigido possibile. I conversi cistercensi furono una delle colonne portanti dell’ordine, erano membri a tutti

gli effetti della comunità dove vivevano e pronunciavano voti perpetui simili a quelli dei monaci, si occupavano di tutte le

incombenze quotidiane e materiali. Il loro compito principale era quello di occuparsi delle grange (aziende fondiarie) in cui

svolgevano ogni sorta di compiti.

L’espansione delle abbazie cistercensi portò un’eccezionale crescita economica che mise i monaci bianchi di fronte alla necessità

di amministrare i patrimoni fondiari in continua espansione, ogni comunità doveva assicurare un’efficiente gestione dei territori,

ciascun cenobio perseguì forme di specializzazione economica nei settori in cui le circostanza della fondazione potevano garantire

una buona redittività. Gli ordini monastico – cavallereschi

Le richieste di assistenza e aiuto materiale dei pellegrini trovarono risposta innanzitutto nelle comunità assistenziali e ospitali ere

del XII sec., ma col passare degli anni divenne secondario rispetto al nuovo impegno militare dei membri delle comunità

monastiche.

Nacquero i Cavalieri Templari con una connotazione fortemente monastica del loro impegno religioso unito alla guerra. Essi erano

di nobili origini e pur volendo diventare monaci non volevano abbandonare le caratteristiche della loro condizione laica e del loro

ceto la cui più manifesta espressione era la guerra a cavallo. Trasformare i cavalieri in monaci giustificava l’uso delle armi per la 10

difesa e l’espansione della fede cristiana aprendo uno spazio di impegno religioso del tutto nuovo per i laici, ciò consentiva inoltre

di convogliare la violenza al di fuori della cristianità. Il monaco era sempre stato un milites Christii armato della preghiera ma dal

1129 l’ordine dei Templari ottenne il riconoscimento papale durante il concilio di Troyes. L’artefice di tale riconoscimento fu

Bernardo di Chiaravalle che ne elaborò la giustificazione ideologica.

I Templari erano monaci che non praticavano la fuga dal mondo, che adottavano un regime alimentare molto più ricco ed

energetico che evitava mortificazioni corporali. Il reclutamento ebbe particolarmente successo in area francese, e si misurò anche

in base al numero di donazioni che affluirono all’ordine.

La crescita dei Templari suscitò per imitazione, nel XII sec, la nascita di nuovi ordini dello stesso tipo inducendo per imitazione la

trasformazione in senso militare degli ordini assistenziali come quello dell’ospedale di San Giovanni di Gerusalemme.

Cap. 7 L’eresia Contestazione, dissenso, eresia

La presenza di gruppi ereticali riguardò molte zone dell’Occidente tra XI-XIII sec., durante tutta la seconda metà dell’ XI sec. non si

ha notizia di alcuna contestazione di tipo eterodosso, anche i riformatori combattevano contro la vera eresia: la simonia poiché

essa era negatrice della santità e del valore dello Spirito Santo.

Pataria designa il movimento riformatore composto in prevalenza da laici che, sviluppatosi a Milano nella seconda metà dell’ XI

sec., voleva l’eliminazione della pratica del matrimonio del clero (il nicolaismo) e anche la lotta contro la simonia. I patarini

attaccavano i titolari di cariche ecclesiastiche indebitamente acquisite, sollevandoli dagli incarichi e compromettendo in tal modo la

dignità dei sacerdoti indegni e anche quella di tutti i sacerdoti poiché i laici ssi arrogavano un diritto che non spettava loro, secondo

gli oppositori.

Sul piano istituzionali i risultati della lotta riformatrice si consolidarono abbastanza rapidamente con la sottrazione almeno parziale

della Chiesa alla tutela di autorità laiche e la conseguente affermazione del principio della libertas ecclesiae; inoltre l’intento dei

riformatori fallì perché il costume dei sacerdoti non cambiò se non in rarissimi casi. Fin dal 1089 i papi presero provvedimenti volti a

sottrarre la gerarchia ecclesiastica al giudizio dei fedeli laici affermando che la validità del sacramento non dipendeva dalla moralità

del sacerdote che lo amministrava ma dalla regolarità della sua consacrazione.

Un altro tema di dibattito fu quello pauperistico connesso alla rinuncia da parte delle gerarchie ecclesiastiche a ogni forma di

coinvolgimento con il potere temporale, da ogni parte era richiesto il conformarsi alla Chiesa primitiva, quindi la rinuncia ai beni

temporali che le erano stati donati da cui sarebbe derivata la rinuncia al potere temporale ad essi connesso. La proposta formulata

da Pasquale II a Sutri nel 1111 prevedeva la netta differenziazione tra i due ambiti di potere, qualora essa si fosse attuata ne

sarebbe derivata la rinuncia da parte dei vescovi ai regalia, mentre i potentes laici avrebbero rinunciato ad ogni ingerenza nelle

nomine episcopali; questa proposta rivoluzionaria fu travolta da polemiche non solo dal partito imperiale ma anche dall’episcopato

che vi leggeva il pericolo del dissolvimento della tradizionale alleanza tra potere laico ed ecclesiastico. Il papa imprigionato e

sottoposto a forti pressioni rinnegò nel 1116 il suo progetto. La Chiesa che dall’ XI sec. aveva iniziato a condannare il possesso da

parte dei laici di decime e diritti parrocchiali, per tutto il XII sec. tentò di recuperarli attraverso il sistema delle “restituzioni” colpendo

coloro che vi si opponevano con la scomunica.

La riforma dell’XI sec. fu una riforma ecclesiastica, un riordinamento delle diverse funzione poiché tanto le gerarchie laiche quanto

quelle ecclesiastiche non avevano intenzione di mettere in discussione l’ordinamento della società. Le gerarchi ecclesiastiche

crearono norme specifiche che ebbero valore di legge in base alle quali cercarono di uniformare la vita dei fedeli : nel 1140

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/01 Storia medievale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fudor di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia medievale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Galetti Paola.