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4.1 IL PAPATO E IL NUOVO IMPERO IN OCCIDENTE
La conquista longobarda di Ravenna nel 751, con il crollo dell’esarcato, provocò la scomparsa della presenza
bizantina dell’Italia settentrionale e centrale, ciò ebbe come effetto immediato l’appello di papa Stefano II a Pipino
affinché intervenisse per recuperare i territori occupati dai longobardi per renderli non a Costantinopoli ma al
patrimonium beati Petri. I franchi non accolsero subito le richieste pontificie ma dopo l’elezione del nuovo monarca
Desiderio (con la presa dell’Istria e il rafforzamento dei ducati di Spoleto e Benevento), Leone III convinse Carlo
Magno a intervenire in Italia battendo Desiderio e impadronendosi del regno longobardo. La restituzione dei territori
strappati ai longobardi non ebbe luogo, il papa continuò ad esercitare i diritti di sovranità solo su un ambito
territoriale corrispondente circa all’odierno Lazio.
La formazione a cavallo delle Alpi di un nuovo, vasto dominio franco in cui alla Gallia si univa l’Italia
centrosettentrionale mentre veniva avviata una spinta espansiva nel cuore della Germania, garantì al papato un
prezioso punto d’appoggio per estendere l’evangelizzazione e per ribadire la propria pretesa di essere la guida
dell’intera cristianità latina.
A Natale dell’anno 800 papa Leone III incoronò durante una solenne cerimonia Roma, Carlo Magno, come
imperatore. Questo gesto riconosceva il potere che già effettivamente era detenuto dal sovrano franco, il pontefice
dunque si fece tramite del ritorno dell’impero in Occidente, contribuendo alla genesi di uno spazio politico in
concorrenza con Bisanzio. Il neonato impero franco legato a doppio filo con il papato si propose come erede
dell’antico impero romano dal quale ereditò le ambizioni universalistiche e vide cementarlo dai valori del
cristianesimo.
Partendo dal ruolo di guida dell’intero corpo ecclesiastico, la sede romana cominciò lentamente ad elaborare il
principio della propria supremazia sull’intera società dell’Occidente e sulle stesse istituzioni politiche; proprio in
questo periodo venne prodotto in ambiente romano il falso noto come la Donazione di Costantino, il quale
affermava che l’imperatore Costantino avesse donato al pontefice Silvestro I oltre al palazzo del Laterano e la città di
Roma, tutta la pars occdentalis dell’impero romano, sulla quale così i papi si sentivano legittimati ad esercitare il
dominio temporale.
Carlo Magno stimolò il processo di romanizzazione delle chiese locali imponendo l’adozione del modello romano per
regole e riti, fu disposta l’osservanza della regola benedettina in tutti i monasteri; lo scopo dell’imperatore era quello
di normalizzare la fede per ottenere una piena integrazione politico-culturale e un saldo controllo politico. Dal IX
secolo fu avviata la cristianizzazione delle regioni scandinave che si legarono a Roma, dagli anni sessanta del X secolo
si aprì all’influenza romana anche le aree slave dell’est europeo.
Questi fenomeni favorirono l’incremento del prestigio della sede romana in seno alla Chiesa universale, gli
imperatori carolingi concessero agli arcivescovi nuovi poteri sui loro suffraganei che indusse molti di loro a difendere
la propria autonomia sottoponendosi alla diretta protezione di Roma. Verso la metà del IX secolo venne compilata
da alcuni ecclesiastici sotto il finto nome di Isidoro Mercatore una serie di decreti papali e sinodali (Decretali
pseudo-isidoriane) dalle origini fino all’VIII secolo allo scopo di fornire argomenti giuridici per difendere l’autonomia
dei signori vescovi dal potere laico e soprattutto dalla disciplina dei metropoliti sottoponendoli all’autorità papale.
Al rafforzamento dell’autorità papale del IX secolo si accompagnò il sostegno costante degli imperatori carolingi che
proteggevano la sede romana dalle prepotenze delle famiglie aristocratiche cittadine e dalle incursioni dei saraceni
lungo le coste laziali. Per contrastare il primo pericolo nell’824 Lotario emanò una disposizione che prevedeva la
notifica al monarca dell’avvenuta elezione del papa e la presenza di legati imperiali alla consacrazione episcopale;
contro i pirati saraceni furono avviate diverse spedizioni militari e papa Leone IV eresse attorno al Vaticano una cinta
muraria che difendesse la “città leonina”. A partire dall’incoronazione di Lotario per mano del papa nell’823 venne
introdotto il gesto della consegna della spada all’imperatore mentre con Lotario II vi fu il gesto di tenere le briglie del
cavallo montato dal pontefice in segno di umiltà e riverenza.
4.2 LE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE NELL’ORDINAMENTO CAROLINGIO 8
Bruschi Pietro
Il contributo del cristianesimo fu determinante per i fondamenti ideologici dell’impero carolingio e fu preziosa la
sintonia con il papato nei confronti dell’azione politica e ciò fu rappresentato dal sistematico coinvolgimento del
clero nelle attività di governo. Ai vescovi e agli abati dei principali monasteri erano affidati compiti come quello del
missus dominicus, condivisa con gli aristocratici laici; inoltre vescovi e abati partecipavano ai placiti nei quali erano
discussi affari politici e assunte le relative deliberazioni, promulgando i capitolari; gli ecclesiastici, come l’aristocrazia
laica, erano chiamati a fornire all’imperatore un contributo militare quando egli lo richiedeva, ed erano adusi a
svolgere una vera azione di governo all’interno degli enti immunitari. Gli imperatori si preoccuparono di collocare
uomini di loro fiducia nelle principali sedi episcopali e abbaziali, non mancarono di sfruttare le proprietà
ecclesiastiche per ricavare beni da concedere in beneficio ai propri vassalli. Gli uomini di chiesa ebbero anche un
ruolo chiave nell’elaborazione della cultura animando la “Scuola palatina” riunita alla corte di Carlo Magno; inoltre
venne dato un forte impulso alla circolazione di testi e alla creazione di scuola monastiche e canonicali.
4.3 IL MONACHESIMO INSULARE E LA NUOVA SPINTA MISSIONARIA
Dall’VIII secolo si ebbe una nuova spinta missionaria di cui furono protagonisti i monaci Anglo-Sassoni provenienti
dalle Isole britanniche per evangelizzare popolazioni ancora pagane stanziate nei territori dell’odierna Germania
sostenuti dal papato e dai re franchi per estendere a quelle regioni la propria influenza politica e culturale. Dagli anni
sessanta dell’VIII secolo i franchi decisero di incorporare nella propria compagine politica le tribù sassoni, iniziando
quindi una guerra per un trentennio. La vittoria militare dei franchi fu completata dalla conversione al cristianesimo
degli sconfitti allo scopo più agevole la loro assimilazione, il controllo delle popolazioni sottomesse fu affidato non
solo ai funzionari laici ma anche ai sedi delle nuove sedi che venivano create nei territori conquistati. Il processo di
evangelizzazione venne duramente contrastato, poiché era vissuto dai sassoni come l’imposizione del potere dei
vincitori; la cristianizzazione della Sassonia e la sua assimilazione politico-culturale ebbe l’effetto di rendere questo
territorio uno dei più solidi nuclei franchi.
4.4 ORIENTAMENTI E PROBLEMI DELLE ISTITUZIONI ECCLESIASTICHE NEI SECOLO VII-IX
Nei secoli VII-VIII-IX, una volta compiuta l’opera di evangelizzazione delle principali stirpi, ci fu uno sforzo di più
intima e capillare cristianizzazione dell’intera società. Dalla seconda metà dell’VIII secolo si registrò un incremento
nella fondazione di istituzioni ecclesiastiche extra cittadine; i capitolari imponevano inoltre alle comunità contadine
l’obbligo del mantenimento o del restauro delle chiese; sempre più aristocratici sceglievano la vita ecclesiastica o
facevano ingenti donazioni immobiliari o pecuniarie; larga concessione di esenzioni fiscali e di immunità
giurisdizionali.
Alla fondazione e alle conseguenti dotazioni patrimoniali concorrevano diversi fattori: lo zelo delle aristocrazie di
recente conversione nel guadagnarsi meriti per la vita ultraterrena, i calcoli politici di re desiderosi di stabilire nuove
relazioni con i sudditi e con le gerarchie ecclesiastiche (i preti delle pievi venivano scelti dal populus mentre quelli
delle chiese private dagli stesi fondatori, venivano consacrati dal vescovo e gli rimanevano legati da un rapporto di
devozione e sottomissione espresso in termini materiali tramite il pagamento di una tassa), la promozione del
controllo e dello sfruttamento del territorio per attirare ulteriore ricchezza sotto forma di donazioni pie. 9
Bruschi Pietro
4.5 LA CHIESA IN ETÀ POSTCAROLINGIA
La fine dell’impero carolingio nel IX secolo portò anche un declino del papato: la carica pontificia tornò in preda alle
famiglie dell’aristocrazia romana, per le quali il controllo del papato significava la possibilità di gestirne il patrimonio
e di esercitare il governo dell’intera città. Fino alla metà del X secolo i papi vennero creati quasi tutti dalle fazioni
aristocratiche cittadine: erano moralmente indegni o incapaci di compiere la propria funzione poiché più inclini a
curare gli interessi dei propri elettori che della Chiesa. Anche sotto i pontefici più corrotti restò efficiente la
cancelleria che garantì la continuità della sua azione e rimase un punto di riferimento universale.
Il progressivo declino del potere imperiale nel IX secolo vide le realtà che avevano saputo assicurarsi immunità
essere in grado di sviluppare poteri indipendenti sulla popolazione residente sulla terra della chiesa e lo sviluppo di
proprie clientele vassallatiche.
Nell’Italia meridionale, rimasta esclusa dalla dominazione carolingia e politicamente e culturalmente frammentata
tra longobardi e bizantini si svilupparono forme originarie di vita monastica che seguivano principalmente il modello
greco-orientale, e grande diffusione ebbe la vita eremitica.
Una ripresa delle fortune del papato si verificò in seguito all’ascesa al trono imperiale di Ottone I (962) che restaurò
la potestà dell’impero in Occidente. Egli come i suoi successori coinvolse largamente il clero nel governo dei territori
imperiali concedendo più di frequente diritti fiscali e giurisdizionali ai vescovi nelle loro città e nei possessi della
Chiesa.
La successiva forzata assenza degli imperatori da Roma negli anni successivi lasciò campo aperto al riesplodere delle
contese locali che si ripercuotevano sul papato, tant’è che negli anni quaranta dell’XI secolo vi fu la contemporanea
presenza di tre papi. Una svolta autentica si ebbe nel 1046 con la discesa in Italia di Enrico III che fece deporre i tre
papi eleggendo Clemente II, il primo di una serie di pontefici tedeschi che erano svincolati da ogni possib