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CAPITOLO QUARTO: FORMALISMO E REALTA' INTEGRALE
Presenza e teatralità: si insiste molto sulla difesa dell'autonomia formale dell'arte, propugnata dai teorici del modernismo, e la
dispersione della stessa nella realtà sociale, tendenze che trovano corpo nei movimenti pop e minimalista: entrambi
condividono l'approccio diretto e pragmatico alla realtà, il rifiuto della retorica del gusto del bello e la qualità della pittura del
tardo modernismo; entrambi poi si definiscono movimenti post pittorici, in riferimento a Pollock e De Kooning. Le forme
dipinte entrano direttamente a contatto con la sagoma della tela, seguendo una composizione deduttiva, il pigmento viene
assorbito dalla materia del supporto che, grazie all'uso della pittura critica, che prevedeva di diluire molto il colore, si
giungeva all'identità fra sfondo e pittura. Nel pensiero di Greenberg, la qualità dell'opera d'arte era provata dal test empirico
dell'osservazione, che si presupponeva disinteressata, cioè non colpita dagli elementi non formali; insomma, lo spettatore
diventava il mero recettore dell'esperienza visiva. Il suo discepolo Fried affermava che se ci si concentrava sul contenuto
oggettuale non saremmo stati più capaci di distinguere il valore fra le opere di un artista, quindi, il valore è determinato dalla
sfida visiva che dà l'autore, e che presuppone l'assorbimento visivo dello spettatore nell'opera e la rimozione di ogni
esperienza di temporalità. La mancanza di teatralità favorisce non solo la coerenza visiva dell'opera, ma anche uno stato di
grazia, che insieme alla sensazione di avulsione dalla temporalità, quest'arte vuol stimolare. Nel 1959,Ryman inizia a lavorare
ricorrendo ad alcuni elementi: la superficie piana, il colore bianco che le condizioni del loro incontro: il bianco perché evita
associazioni emotive ed è simile alle condizioni della tela non dipinta. L'arte viene realizzata dal notare tutte le possibili
combinazioni nell'uso del supporto, del pigmento e della stesura, evidenziando il processo della pittura nelle sue componenti
empiriche. Come disse Andre: "L' arte è l'esclusione del superfluo. Stella ha ritenuto necessario dipingere strisce, non c'è
nient'altro se non dipinti, non è interessato alla sensibilità o alla personalità sua o del pubblico, ma solo alle necessità della
pittura. La sua pittura non è simbolica, le sue strisce sono il percorso del pennello sulla tela e basta". Questi dipinti da una
parte si rifacevano a Pollock, dall'altro a Johns. Anche Andre, rifiuta l'antropomorfismo, la visione frontale e pure le tipiche
composizioni di Picasso, recuperando invece la lezione del costruttivismo sovietico, usando materiali standard dell'edilizia.
Forme minime e oggetti specifici: il lavoro di Stella però infrange solo parzialmente l'illusionismo pittorico, perché la sua
pittura rimaneva comunque una superficie piana contro una parete piana, restando in vita la relazione fra gli stessi piani. Il
carattere emblematico dell'oggetto negava, nella sua indifferenziata unicità, la forma scultorea come risultato della
composizione, nonché la gerarchia fra le varie parti dell'opera. Per giungere allo scopo di forma unitaria, Judd ridusse
radicalmente gli elementi ed eliminò i bruschi scarti fra le varie componenti dell'opera, utilizzando la monocromia degli
smalti industriali per dare maggiore unità possibile alle parti. Sempre di più questi artisti parlarono di lavori, oggetti, cose, e
sempre meno di pittura e scultura, fino alla definizione del filosofo Richard Wollenheim, che definì il minimalismo come:
"oggetti che possiedono un contenuto di arte minimale: o sono ad un grado estremo indifferenziati al loro interno e rivelano di
conseguenza un contenuto molto ridotto, oppure la differenziazione che si pongono non proviene dall'artista ma da fonti non
artistiche, come la natura o l'industria" il contenuto dell'opera quindi dipende dalla natura del materiale, e la forma è la
conseguenza di come esso è presentato. Forme ripetitive e sequenziali appaiono contemporaneamente nella pittura di Warhol
come negli oggetti specifici di Judd, nelle coreografie di Yvonne Rainer, nel cinema e nella musica. L'utilizzo di materiali
industriali, che rimandano al ready-made, spinge a quel tipo di composizione seriale o modulare che caratterizza il
minimalismo vero e proprio, quello del biennio 1966-1967, e che si distingue in due grandi categorie. La prima prevede
l'estetica dell'oggetto unico e isolato, come nell'arte di Judd: questi oggetti singoli presentano un altissimo grado di
realizzazione tecnica, ostentando così un aspetto laconico e impersonale dell'opera-manufatto industriale e favorendo così la
percezione di una massa disgiunta dai singoli volumi che la compongono. Una seconda strada è incentrata sulla costruzione
del rapporto attivo con l'osservatore, ed è seguita da artisti come Morris e Fabro: il significato non è fissato dalle intenzioni
dell'autore, quanto piuttosto favorito dall'intreccio tra gli spettatori, il lavoro e lo spazio espositivo. Sono inoltre stimolate le
spinte gravitazionali, il corpo viene proiettato verso le superfici esterne, l'arte è basata sul parametro di misura tra persona e
oggetto, mentre la forma, che fino a quel punto rimane la proprietà più palesemente inalterabile dell'opera, non appare più
come costante. Parlando in generale, il minimalismo incoraggia la sensibilità verso la natura processuale della creazione,
riconosce l'importanza dell'apprendimento e della coscienza dello spettatore assorbito nell'opera e mette così in luce la natura
performativa di entrambi.
Arte americana e arte europea: il minimalismo europeo è decisamente razionalista, direttamente discendente dalla Bauhaus e
dalla Gestalt, stabilendo il primato del progetto sul prodotto. L'arte americana invece fa più riferimento all'empirismo, non
facendo riferimento a teorie, sistemi razionali o intenti sociali, bensì un robusto senso di realtà. Nell'area europea la struttura
geometrica deriva dalla Bauhaus e conferma la natura dell'arte come punto di ispirazione sociale-collettiva, mentre le stesse
forme geometriche vengono impiegate dai giovani americani per ribadire il lavoro empirico dell'artista, e la necessità
dell'osservazione dell'opera. Per loro l'incrocio di una linea orizzontale con una verticale era la presentazione di due linee
orientate diversamente, e non doveva dire qualcosa sulla natura dell'universo o di noi stessi. La scultura, in questo momento,
sembra superare la ricerca pittorica, essendo più flessibile per natura e avendo la capacità di incorporare nuovi materiali e di
accettare la sfida con lo spazio, ma scultura anche il suo significato, comprendendo spesso lavori di altra natura come
fotografie, video, performance e installazioni. Per quasi tutti i loro l'opera d'arte sembrò aver perso il loro statuto di merce
estetica, e la convinzione con cui alcuni difendono questo raggiungimento può apparire oggi ingenua, ma resta ammirevole
secondo l'autore del libro La sconfitta della resistenza del mezzo pittorico giunge alla non distinzione tra il quadro dipinto e la
parete dipinta.
Materiali organici ed energie della natura: verso la fine degli anni 60 i materiali industriali vengono affiancati da quelli
organici, come il feltro, il tessuto, la terra, il carbone. La razionalità lascia sempre più spazio al caos e all'entropia e come
disse Smithson, si sviluppa un percorso dall'acciaio alla ruggine, perché l'arte inizia ad accettare come forza creativa e
coautori principi naturali quali l'ossidazione, la carbonizzazione, l'idratazione. Questa è la Land Art, nata fra il 1967 e il 1968,
arte formale e ispirata dalla mostra retrospettiva del '67 su Pollock. Morris aderì, lasciando da parte il minimalismo ed
esplorando i materiali come vetro, feltro, gomma. Presentando alla mostra Earthworks concrete possibilità di un'arte
ambientale, nel 1968 emerse lo scultore Richard Serra, che scagliava il piombo fuso sul pavimento addosso alle pareti per
ricavare dall'incontro con gli angoli delle rudimentali calchi, accogliendo il gusto per la performance di Pollock da un punto
di vista più operaio. Nelle loro insieme, tutte le possibilità espressive rapidamente scaturite da queste esperienze trovarono la
prima, ampia documentazione nella mostra del 1969 curata da Szeemann "When attitudes become form". Il 1968 sancisce
quindi una formidabile congiuntura che unisce le ricerche degli americani e degli europei; per loro tattica, gli artisti e le opere
abbandonarono i luoghi dove il sistema credeva di poterli trovare e si legò ad altre prospettive. Germano Celant nota un
gruppo di artisti nel 1967 che usano materiali naturali, e chiama quest'arte "arte povera" consacrata dalla mostra "fuoco,
immagine, acqua, terra" questi sono i principi della materia vivente, in sostanza compongono un'allegoria della vita.
Certamente nella mostra è chiara la convergenza fra arte e vita, una convergenza che non è identità. C'è un rapporto di
attrazione dialettica, una nuova dialettica, astratta e figurativa, che non sussiste perché non è mai stata solo una dialettica ma è
in parte scontata e comunque non primaria. L'arte povera ha un rifiuto delle forme razionali del mondo industriale, e sembra
poter riscattare la potenza generativa del mito. Nel 1960 Argan scrive sulle nuove correnti: "La via di questo inconsapevole
recupero dei miti favolosi della preistoria mediterranea è ancora l'artigianato, anzi quell' artigianato primario e in diretto
rapporto con la natura terrestre e celeste che è l'agricoltura: sicché i segni mediante i quali si determina l'immagine sono quelli
che la vanga scava nel solco". Lo spazio diventa un vero e proprio campo di relazione con lo spettatore, il panorama artistico
si apre alla tendenza dell'arte cinetica e programmata, nonché alla tendenza espressiva-primaria. Queste stabiliscono il
comune protocollo di un'arte non individualistica e intrinsecamente sociale.
CAPITOLO QUINTO: IDEA E AZIONE
La fine degli stili: fra le varie definizioni del mondo dell'arte, quella di arte concettuale è la più pericolosa: tale categoria ha
assunto nel tempo un valore olistico, onnicomprensivo e quasi metafisico. Si è cominciato a parlare di arte concettuale
intorno ai primi anni '60, partendo dal gruppo Fluxus e dall'estetica militante promossa da Marcuse. Il termine entra in uso
con il volume di Sol Lewitt "Paragraphs on conceptual art" del 1967, dove si definisce un'arte in cui l'idea cost