Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LA DRAMMATURGIA
La Cena Cypriani
Malgrado la teatralità altomedievale si esprima in forme spettacolari che prescindono dall’esistenza di un testo scritto
premeditato, possediamo notizie di rinomate eccezioni.
La Cena Cypriani, testo di larghissima fortuna per buona parte del Medioevo, è un mimo conviviale, la cui
composizione va collocata nel periodo compreso tra il IV ed il VII secolo. Nulla si conosce riguardo all’autore. Vi
misero mano con adattamenti e trascrizioni Rabano Mauro, Giovanni Immonide ed Asselin di Reims. 30
In tutte le versioni restano invariati il soggetto e la struttura drammatica del testo, come il carattere irriverente e
grottesco che ne costituisce lo spirito di fondo. In venticinque quadri scenici è descritto lo svolgimento di un banchetto
offerto dal re Gioele a Cana di Galilea, al quale sono invitati numerosi personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento
che vengono fatti agire e mescolati insieme senza alcuna preoccupazione per i vistosi anacronismi e la mancanza di
verisimiglianza.
Certamente il testo è dominato dallo spirito buffonesco e dissacratorio proprio delle manifestazioni carnevalesche di
ascendenza classica che mirano a ribaltare l’ordine costituito, facendone occasione di gioco libero da qualsiasi remora.
I drammi terenziani di Rosvita di Gandersheim
Fenomeno singolare ed isolato all’interno del panorama teatrale altomedievale risulta la produzione drammaturgica di
Rosvita (936 ca. - 973 ca.), monaca di origini aristocratiche vissuta nel monastero di Gandersheim in Sassonia,
dedicandosi all’attività letteraria con poemetti agiografici, carmi epici e drammi in prosa rimata nei quali essa rivela
un’approfondita conoscenza del patrimonio letterario sacro e profano del suo tempo e della classicità.
E’ certo che la religiosa fece studi non solo sugli autori cristiani ma anche su alcuni scrittori pagani del mondo classico
fra cui Virgilio, Stazio e Terenzio. All’efficace modello teatrale costituito dalle commedie terenziane, Rosvita decise di
rifarsi componendo sei drammi in latino (Gallicano, Dulcizio, Callimaco, Abramo, Pafnuzio, Sapienza).
Come è evidente dall’analisi pur sommaria delle trame, la derivazione classica da Terenzio si limita in Rosvita al puro
fatto stilistico; i soggetti, invece, sono tratti da fonti agiografiche e spesso ispirati ai costumi della società
contemporanea all’autrice, mentre la struttura drammatica si distacca interamente dall’esempio del teatro antico,
caratterizzato da vicende ambientate in un solo luogo determinato nel breve volgere di uno o due giorni, per presentare,
invece, intrecci articolati nello spazio e nel tempo.
Per la storia del teatro la drammaturgia di Rosvita resta, dunque, un tentativo interessante di conciliazione fra la cultura
pagane e quella cristiana.
L’ufficio drammatico
Secondo la concezione tradizionale il primo testo dell’ufficio drammatico cristiano si sarebbe sviluppato come
interpolazione quasi naturale dei testi liturgici secondo l’abitudine, già diffusa prima del X secolo, di introdurre nei
canti i tropi, ossia variazioni ed ampliamenti testuali necessari per meglio modulare le vocali finali e conferire
all’esecuzione una maggiore solennità.
Nella sua forma più semplice esso compare nelle celebrazioni del monastero benedettino di San Gallo.
Secondo recenti ricerche, infine, il testo sarebbe nato come base per un’autonoma cerimonia liturgica nel monastero
francese di Fleury intorno al 930.
L’enorme popolarità della forma drammatica della Visitatio sepulchri nelle sue diverse versioni è attestata da più di
quattrocento manoscritti, datati fra il X ed il XVI secolo e provenienti dai monasteri di tutta Europa.
Il dramma sacro
La diffusione delle cerimonie drammatizzate nelle chiese episcopali delle città condusse al graduale arricchimento degli
uffici originari ed alla creazione di altre rappresentazioni basate sui testi della liturgia.
In un primo momento fu ampliata la struttura della rappresentazione pasquale della Visitatio, introducendovi
personaggi secondari non menzionati dalle Scritture al fine di attirare l’attenzione degli spettatori laici: si è già citato il
caso del mercante di profumi.
L’arricchimento di episodi drammatici cronologicamente legati alla resurrezione e la necessità di una messinscena
sempre più elaborata trasformano l’originario ufficio drammatico in un vero e proprio dramma sacro, tramandato dai
manoscritti con il nome di Ludus paschalis, espressione che designa in generale una rappresentazione pasquale di
maggiore estensione, comprendente un numero variabile di episodi.
Sul modello del Quem quaeritis pasquale, fin dall’XI secolo si crea il dialogo Quem quaeritis in presepe, recitato
all’introduzione della messa di Natale. 31
Le possibilità spettacolari della liturgia natalizia, tuttavia, sembrano concentrarsi soprattutto nelle lunghe e fastose
rappresentazioni della visita dei Magi che costituiscono la materia di numerosi testi pervenutici.
Ultimo dramma legato alla festività natalizia è la Ordo prophetarum (Processione dei profeti), derivato da un
sermone pseudo agostiniano: esso rappresenta una sfilata di profeti dell’Antico Testamento annunzianti l’avvento di
Cristo.
Accanto ai drammi legati alle ricorrenze pasquale e natalizia, compaiono anche testi incentrati su episodi dell’Antico
Testamento, i miracoli del Nuovo Testamento e testi di devozione mariana.
Testo singolare è il Ludus de Antichristo, legato al tema del giudizio universale, assai diffuso nella trattatistica
dell’epoca.
Nei lavori seriori compare sempre più massicciamente, anche se ancora in modo discontinuo, l’abitudine di interpolare
battute o piccole parti in lingua volgare nel testo latino, secondo la tecnica detta della farcitura.
Del XII secolo è, invece, il Ludus de passione (Rappresentazione della passione) di area tedesca tramandata nei
Carmina Burana, che, in un testo di ampie proporzioni, presenta numerosi brani i lingua moderna, inseriti
specialmente nei momenti di maggiore presa emotiva.
Misteri e miracoli
Si è visto come, con il trascorrere del tempo, la presenza del volgare nei testi drammatici sacri si fosse fatta sempre
meno episodica, specialmente nelle regioni in cui il latino era sempre meno compreso da una popolazione che ormai
comunicava normalmente in lingua moderna. A partire dal XIII secolo si definirono misteri i testi teatrali di argomento
biblico che trattassero vicende tolte dal Vecchio o dal Nuovo Testamento, mentre con la denominazione di miracoli si
designarono le opere di carattere agiografico che mettessero in scena episodi della vita di un santo o della Vergine.
Appartenente alla tipologia del mistero è il dramma conosciuto come Jeu d’Adam che rappresenta il più antico
documento in volgare nella drammaturgia sacra di area francese. Composto in dialetto anglonormanno intorno alla metà
del XII secolo, il testo affianca al dialogo in lingua volgare le didascalie scritte in lingua latina poiché destinate agli
allestitori, scelti evidentemente fra i membri del clero.
Un allontanamento dalla tradizione liturgica si verifica nella struttura drammatica del Jeu de Saint Nicolas
(Rappresentazione di San Nicola), un miracolo composto dal poeta artesiano Jean Bodel, nato ad Arras e vissuto fino
ai primi del 1200.
Carattere fortemente lirico presenta il Miracolo di Teofilo composto tra il 1260 ed il 1270 ancora in area francese da
Rutefeuf (1254-1285 ca.), singolare figura di intellettuale, giullare ed autore satirico, attivo nella Parigi di Luigi IX.
Il genere del miracolo mariano, inaugurato dalla storia di Teofilo, trova grande diffusione all’inizio del Trecento, con i
quaranta Miracoli sceneggiati di Nostra Signora (Miracles de Notre Dame par personnage), composti tra il 1339 ed
il 1382 ed appartenenti al repertorio della confraternita parigina che si riuniva nei pressi della chiesa di Saint-Eustache.
La lauda drammatica
In area italiana il sorgere di una drammaturgia in volgare di soggetto religioso si identifica con la nascita della lauda. Il
nome di laus designava in origine un inno religioso in onore a Dio od alla Vergine, inserito nella liturgia latina del
mattutino ed eseguito da gruppi di fedeli (laudesi) in forma simile a giaculatorie in serie più o meno prolungate. La
creazione e la diffusione di componimenti poetici in volgare di carattere religioso si collega alla nascita della
Confraternita dei Disciplinati (da disciplina, mazzo di funicelle con nodi utilizzato per l’autoflagellazione) o
flagellanti, fondata a Perugia dal francescano Raniero Fasani tra il 1259 ed il 1260.
Nata dapprima in forma lirica come lassa monorima, la lauda adotta presto lo schema metrico della ballata di tradizione
giullaresca, in cui si alternano la voce di un solista (che esegue le singole stanze) a quella del coro dei fedeli (che canta
la ripresa):
Anche se nata dall’iniziativa di laici ed in lingua volgare, la lauda non restò a lungo estranea all’istituzione ecclesiastica
che se ne appropriò, fornendo alle confraternite i luoghi per la rappresentazione e consentendo forse anche l’impiego
del patrimonio di costumi e macchinerie proprio delle cerimonie spettacolistiche organizzate dalla chiesa. 32
Jacopone da Todi
La lauda drammatica più conosciuta è probabilmente Donna del paradiso di (1236-1306),
indiscusso capolavoro della poesia religiosa duecentesca: il dramma della madre ai piedi della croce viene espresso nel
dialogo tra Maria ed il Nunzio (che si suole identificare con l’apostolo Giovanni).
Gli autos sacramentales
Il modesto sviluppo, che determinerà un notevole ritardo nel decollo della letteratura drammatica iberica in volgare, è
probabilmente motivato dalla tardiva introduzione del rito liturgico romano in Castiglia, in sostituzione di quello
mozarabico, avvenuta solo nel XII secolo.
Una decina di anni dopo tale evento si colloca, infatti, il primo isolato documento del teatro spagnolo in volgare: si
tratta di un frammento di centoquarantasette versi appartenente ad un dramma intitolato Auto o Representaciòn de los
Reyes Magos: incentrato sul tema dell’adorazione dei Magi, comunissimo nei drammi sacri latini.
Solamente nel pieno Cinquecento la Spagna assiste all’affermazione di un’originale drammaturgia di ispirazione
religiosa, con la diffusione degli autos sacramentales (cioè atti eucaristici): essi si collegano alle sontuose processioni
che erano in uso in Spagna per la festa del Corpus Domini, nel corso delle quali si effettuavano anche sfilate di carri su
cui alcuni attori rappresentavano quadri viventi di soggetto religioso.
Il miracle play
Nei secoli X e XI anche i paesi anglosassoni assistono allo sviluppo del dramma sacro legato alle cerimonie liturgiche
con modalità simili a quanto avviene nel resto d’Europa.
Sul finire del XIII secolo la sacra rappresentazione abbandona l&rsqu