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5. LA PARENTELA. RIPRODUZIONE FISICA E SIMBOLICA DELLA CRISTIANITÀ.
Nella cristianità medievale, le relazioni tra uomini (che siano o meno parenti), tra uomini e figure divine e tra le stesse figure divine, sono in
gran parte definite come legami di parentela.
Il fondamento di questo sistema di rappresentazioni è la che ha due conseguenze:
paternità in Dio,
1. La parentela carnale è svalutata. Luca. Gesù stesso dà l’esempio rifiutando di
Se uno non odia suo padre e sua madre, non può essere mio discepolo,
riconoscere sua madre e i suoi parenti.
2. I cristiani sono fratelli.
Questi punti sono così radicali che la Chiesa medievale non li accetta totalmente; il legame Vergine e Figlio è quindi un'immagine medievale.
Tuttavia la preminenza della parentela spirituale rispetto a quella carnale si conserva, ed è il modello delle conversioni: ad es. quando s.
Francesco abbandona il secolo, rinuncia alla parentela carnale per far prevalere la parentela spirituale che unisce tutti i cristiani (addirittura
uno dei suoi biografi gli attribuisce queste parole: 'Pietro Bernardone non è più mio padre').
Legami di consanguineità e di alleanza matrimoniale. Non dipendono da dati puramente biologici, in quanto la
Parentela carnale.
parentela è sempre un fatto socialmente elaborato.
Relazioni tra individui o individui e divinità concepite sul modello della parentela, sebbene rivendichino l’assenza
Parentela spirituale.
legami carnale; essa trasmette la vita dell’anima.
LA PARENTELA CARNALE E IL SUO CONTROLLO DA PARTE DELLA CHIESA
L'imposizione di un modello clericale di matrimonio.
La Chiesa si è presto interessata alle istituzioni familiari. Due fasi.
1. IV-V sec quando la Chiesa da perseguitata diventa istituzione, molte strutture di parentela antiche spariscono (adozione; concubinario;
divorzio; levirato, per cui se un uomo muore senza figli, la vedova sposaial fratello o il parente prossimo) e ne nascono di nuove (padrinaggio).
Anche la concezione del matrimonio è trasformata: nei primi sec del cristianesimo la rottura col dovere del cittadino romano di dare figli
all'Urbe porta a svalutare il matrimonio; la situazione cambia col mutare di status della Chiesa, che deve venire a patti con l’organizzazione
della società. Ne risulta una concezione ambigua nella quale matrimonio e sessualità sono a un tempo disprezzati ma accettati a patto di
essere associati ad un legame spirituale. Ciò porta a un modello di matrimonio che impone monogamia, indissolubilità, esogamia.
2. XI-XII sec la ristrutturazione societaria produce nuove tensioni riguardo alle istituzioni parentali, in particolare al matrimonio, che diventa
uno strumento per organizzare la classe dominante e controllare la trasmissione dei beni e del potere sugli uomini. La Chiesa si pone allora
come censore della legittimità dei matrimoni, secondo strategie selettive in funzione dei suoi interessi (inasprisce la condanna delle pratiche del
concubinario, del divorzio e dell'endogamia, quest'ultima non così severamente vietata ai dominati). In seguito il IV concilio lateranense
(1251) riporta i limiti dell’interdizione matrimoniale dall'8° al 4° grado di parentela: una volta che il suo modello matrimoniale si è imposto, è
possibile adottare una norma più moderata e realistica.
In questo periodo, mentre si rafforza la concezione spiritualizzata del matrimonio, che limita la sessualità al fine della procreazione, si procede
anche a una sua riabilitazione: il matrimonio è inserito tra i sacramenti e celebrato con un rito officiato dal prete (prima era un atto privato).
L'inquadramento del matrimonio laico è parallelo alla riaffermazione del celibato dei preti: il celibato clericale, in quanto norma costitutiva di
uno stato sociale (e non semplice ideale personale) è introdotto a fine VI sec; ma nel XI sec che si impone, durante la riforma gregoriana,
come mezzo per dividere laici ed ecclesiastici, i primi destinati alla riproduzione corporea della cristianità, i secondi a quella spirituale.
Trasmissione dei patrimoni e riproduzione feudale.
In molte società, vengono riconosciuti come parenti di un individuo solo gli ascendenti del padre (sistema patrilineare) o della madre
(matrilineare). Nel Medioevo si sviluppa un sistema di parentela indifferenziato o bilaterale che perdura fin oggi.
Questo sistema permette la riorganizzazione della nobiltà dal XI sec, determinando la nascita del lignaggio aristocratico.
Fondamentale per la nobiltà è il radicamento alla terra; la migliore strategia di riproduzione sociale consiste nel trasmettere in eredità in modo
indiviso la terra e il potere sugli uomini che l'accompagna. Si formano quindi delle topodiscendenze, catene genealogiche basate sul legame ad
una terra. Si sviluppano elementi associati allo sviluppo della coscienza dinastica: letteratura genealogica dal X sec. (ogni famiglia nobile cerca
di ricollegarsi ad un antenato lontano e prestigioso); per i nobili si coniano cognomi associati al territorio; appaiono stemmi gentilizi.
La trasformazione principale, che permette la formazione delle topodiscendenze, concerne le regole di al
trasmissione dei patrimoni:
posto della spartizione ugualitaria delle eredità, si stabilisce che vi sia un solo erede (il diritto di primogenitura è stato tanto assimilato al
sistema feudale da essere violentemente messo combattuto nel momento del crollo di quest’ultimo, cfr Codice napoleonico). La trasmissione
privilegiata dell’eredità tende a creare gruppi di esclusi tra i discendenti: figlie, cadetti e figli illegittimi.
Le sono meno escluse dall’eredita di quanto si pensi; dal momento che la preferenza va alla trasmissione in linea diretta piuttosto che
fglie
laterale, in assenza di un discendente maschio la successione avverrà più volentieri a vantaggio di una figlia che di un fratello o di un nipote.
Non è quindi raro che una donna assuma il governo di una signoria o di un regno (es ad Isabella di Castiglia). Inoltre dal X sec le figlie
ricevono una dote matrimoniale, che se esclude dall’eredità per concentrare il patrimonio nelle mani di un solo erede, non è però trascurabile
(la si può vedere una partecipazione anticipata all’eredità).
La situazione dei è meno invidiabile; sebbene talvolta venga accordato un risarcimento e la loro esclusione dall’eredità si allenti in
cadetti
certi periodi, essi sono il più delle volte separati dal tronco familiare. A volte sono dall’infanzia offerti come oblati in un monastero; quelli
rimasti laici si lanciano in cerca di avventura (Roberto il Guiscardo, Ruggero di Sicilia): molti hanno avuto un ruolo decisivo nelle imprese
espansive dell’Europa, pervenendo autonomamente alla propria gloria. Lo svantaggio dei cadetti si trasforma così in un fattore di dinamismo
sociale: egli deve acquisire da solo l’alta posizione che la sua nascita gli attribuisce pur negandogliela.
Nell’Alto Medioevo, i figli illegittimi, spesso nati dalle concubine, sono spesso associati all’eredità al pari dei legittimi (es Carlo Martello). Ma
dal XII sec la loro situazione si degrada: sono in genere esclusi dall’eredità e subiscono regole discriminatorie (tra cui l’interdizione al
sacerdozio). è una conseguenza all’imposizione del modello clericale di matrimonio, che però va anche a confortare gli interessi aristocratici:
la stigmatizzazione dei bastardi accompagna la territorializzazione dell’aristocrazia.
Più in generale, il modello clericale del matrimonio, per contrario che possa essere apparso un un primo momento ai costumi dei nobili, ha
servito ai suoi interessi, limitando il numero degli eredi e facilitando una maggior solidità delle topodiscendenze, e permettendo così il sistema
di dominazione fondato sull’incellulamento dei dominati e sulla territorializzazione dei dominanti.
L’intervento della Chiesa è molto più costrittivo e decisivo dell’alleanza matrimoniale, mentre il sistema di filiazione è oggetto di minor
interesse, sebbene subisca il contraccolpo del modello clericale del matrimonio.
Il clero pesa sull’organizzazione della classe aristocratica sua rivale e complice nell’opera di dominazione sociale. Il clero regola i legami ai
quali lui stesso si sottrae; la parentela spirituale è più diretta a definire la posizione che gli è propria e la preminenza che rivendica.
LA SOCIETÀ CRISTIANA COME PARENTELA SPIRITUALE.
Parentela battesimale, paternità di Dio e maternità della Chiesa.
Il battesimo, oltre alla funzione di purificazione, determina la nascita sociale dell'individuo, che allora riceve il suo nome.
Una parte dei legami di parentela spirituale è stretta attraverso di esso: il padrinaggio e il comparaggio. Portando la responsabilità della
nascita fisica del bambino, per la quale gli viene trasmessa la colpa originale, i genitori carnali sono, nel Medioevo -contrariamente al rituale
praticato fino al V sec- esclusi dal rito; devono cedere il posto a genitori spirituali, padrini e madrine, garanti della sua educazione cristiana.
Questa sostituzione rende chiara la preminenza della parentela spirituale. Il ruolo del padrino nell'educazione religiosa del bambino è teorica
(interviene solo in caso di mancanza dei genitori); del resto i genitori sembrano più cercare dei compari per se stessi. Il comparaggio permette
di stabilire una relazione orizzontale, che allarga la cerchia degli alleati ed suscettibile di sedare tensioni sociali.
Dalla parentela spirituale si originano interdetti matrimoniali (tra padrino e figlioccia), come per la parentela carnale.
È attraverso il battesimo che si stabilisce la filiazione divina degli uomini nei confronti di Dio; il bambino battezzato divenne solo allora figlio
di Dio, e non in virtù della sua nascita.
La paternità degli ecclesiastici: un principio gerarchico.
Definire la posizione del clero nella rete della parentela spirituale è complicata dalla diversità di status al suo interno (gerarchie;
secolari/regolari) e dalle situazioni intermedie tra ecclesiastici e laici (chierici tonsurati; conversi; membri dei terzi ordini). Le analisi seguenti si
riferiranno a individui la cui appartenenza al clero è manifesta.
Come gli altri cristiani, sono figli di Dio e della Madre-Chiesa. Tuttavia sono anche padri; questo status si manifesta durante il battesimo: il
prete egli è allora il rappresentante di Dio, ma ha anche un ruolo attivo, che è sottolineato dall'evoluzione della liturgia battesimale: la formula
"io battezzo te" soppianta "è battezzato in nome di Dio".
I titoli portati dai chierici manifestano questa paternità: abate (da abbas: padre) e papa.
La posizione paterna degli ecclesiastici, talvolta contestata dalle eresie, conosce u