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LA COMUNITÀ D'AGOSTO E LA FUGA DAL MODERNO

La logica comunitaria nel 1914

Agosto fu una celebrazione della comunità, una festa, e non qualcosa da comprendersi

razionalmente. E di fatto molti insistettero che agosto 1914 fosse essenzialmente un'esplosione di

irrazionalità, una follia, o una illusione di massa. Era qualcosa che poteva essere sentito e vissuto

ma non compreso o descritto.

La guerra fu vista in opposizione assoluta alla vita sociale e alla normale esistenza nella moderna

società industriale, un momento di passaggio da una vita normale, familiare ad un'esistenza

alternativa, differente dalla società borghese. Si percepiva con la dichiarazione di guerra che i

popoli delle nazioni europee avrebbero lasciato alle spalle la civiltà industriale con i suoi problemi e

conflitti per entrare in un universo d'azione dominato dall'autorità, dalla disciplina, dal cameratismo,

e da fini comuni.

Tutte le differenze di classe, di lingua, di religione, non furono né superate né abolite ma

semplicemente messe a lato, poste momentaneamente in sottordine dal dirompente sentimento di

fratellanza e dal dilagante nazionalismo. Il dottore, il giudice, l'operaio, l'artigiano condividevano

gli stessi obblighi.

E in questo sommovimento divennero percepibili e si palesarono certe aspirazioni e desideri abituali

soffocati nella monotonia della vita quotidiana. Soprattutto divenne manifesto un intenso

malcontento di fondo nei confronti delle istituzioni che organizzavano, incasellavano, frazionavano

gli individui in classi e condizioni disparate.

I servizi di infermeria, possibilità d'occupazione prima inconsuete che ora si aprivano alle donne,

permisero al sesso femminile una vasta gamma di vie d'uscite dalle limitazioni della vita familiare

privata.

Gli individui percepirono di non essere più una persona sola, isolata, del passato ma si sentiva una

infinitesima parte della grande massa.

Si ha la percezione di stare vivendo in un momento di transizione. Con l'apertura delle ostilità parve

come se le strutture della vita sociale si dissolvessero e questo permise la mescolanza di ruoli,

carriere, esistenze distinte, una confusione che prima della guerra sarebbe stata considerata

un'intollerabile promiscuità. Una metafora ricorrente nelle descrizioni dell'agosto è quella di fluidità

e flusso. Studiosi parlano di "torrenzialità" degli eventi, di "correnti" di sentimento.

La guerra sarebbe stata vita, nessuna minaccia di noia, esplosione di vitalità, una liberazione, una

liberazione di energie.

La guerra era una comunità strutturata in maniera autoritaria anziché una società in cui lo status

fosse assegnato in base a proprietà, famiglia, sesso, istruzione; essa era il luogo in cui l'individuo

poteva trovare anonimato nell'uniforme, doveri comuni, e la via d'uscita dalla pressione costante

della famiglia, un luogo di semplicità e povertà formale.

La fuga dal moderno

La diffusa convinzione che la guerra avesse liberato la società intera dalla normalità borghese portò

ad un'intensa identificazione con la nazione.

La guerra fu accolta come una liberazione totale, definitiva, dalla società moderna. L'esercito

significava "liberazione".

La guerra fu accolta come una liberazione perché si pensava significasse la distruzione di un

ordinamento economico. Fu bene accolta perché apparve come soluzione di realtà altrimenti

ineludibili: essa rappresentò la possibilità di riattualizzare quei valori che la vita moderna rendeva

sempre più anacronistici, e che pure erano generalmente sentiti come degni di essere ancora difesi e

sostenuti. La guerra fu vista come la soluzione delle complessità dell'era della macchina.

Per la Baumer l'età della macchina produce agio e sicurezza ma la tecnologia impermeabilizza gli

uomini moderni nei confronti dell'esperienza diretta/autentica, separandoli gli uni dagli altri e

confinandoli entro ristretti confini percettivi. La tecnologia, fonte del potere, è parimenti fonte di

insensibilità e indifferenza. Così furono tanti quelli che nell'agosto 1914 pensavano di essersi

liberati dal materialismo, dal consumismo che opprimeva la vita quotidiana. Essi fuggivano verso

una guerra concepita in senso assolutamente bucolico.

Ma è chiaro che ciò che liberò la gioventù del 1914 fu un'immagine della guerra altrettanto

tradizionale e convenzionale che a sua volta morì sui campi del fronte occidentale. L'immagine

romantica della guerra rappresentava il contrappeso alle forze dell'industrializzazione e della

modernizzazione. La guerra finì per esprimere con accuratezza letale precisamente quegli stessi

problemi del moderno che tanti avevano creduto risolti in agosto.

Conclusione: il persistere delle aspettative

Il considerare l'entusiasmo per la guerra come espressione della liberazione di pulsioni non generate

da strutture psichiche e sociali chiuse va a braccetto con un corollario inespresso: e cioè che la

guerra sia di per sé un vacuum di valore, uno spazio libero per lo sfogo di energie primarie

ingorgate nella vita sociale. È questo assunto che non regge. Coloro che si tuffarono in guerra

avevano un'immagine molto specifica e concreta di ciò che poteva significare la guerra, una

immagine profondamente radicata nel passato. La guerra non era sentita come "spazio libero" per lo

sfogo istintuale bensì come elemento di violenza ben strutturato.

La comunità del fronte viveva in un mondo costruito dal soldato non allo scopo di preservare valori,

bensì per proteggere se stesso e i propri camerati dal minaccioso universo tecnologico. Il "rifugio

umano" dalla violenza tecnologica è ridotto a proporzioni microcosmiche, nell'informe materialità

della terra. Lo spazio interno è saturo di uomini, dei loro odori. I soldati sono "legati insieme",

anonimi e silenziosi, essi sopravvivono in uno spazio minimale ed estremamente precario.

Questi uomini non sono legati insieme da sentimenti, da molto tempo svaniti, bensì dai vincoli

imposti dallo spazio che condividono e dalle esigenze di sopravvivenza in un mondo di distruzione.

IL LABIRINTO DELLA GUERRA E LE SUE REALTÀ

Esperienza, rito, metafora

La guerra è stata paragonata ai riti di iniziazione ma a differenza della prima, i riti di iniziazione non

uccidono i novizi. La guerra non è fatta per istruire i combattenti. I riti di iniziazione hanno lo scopo

di inserire i singoli individui in caselle sociali ben definite, la guerra non rappresenta nulla di tutto

ciò. Al contrario, coloro che tornarono dal fronte erano terrorizzati al pensiero del reinserimento

nella loro società d'origine o addirittura erano convinti che non avrebbero mai più potuto trovare

una collocazione sociale. A dispetto delle palesi differenze, guerra e riti di iniziazione sono stati

equiparati spesso e volentieri. In guerra, così come nel rituale, gli individui non apprendono

semplicemente attraverso lo strumento linguistico bensì attraverso la loro immersione nella struttura

drammatica dell'evento fisico. Anche l'esperienza di guerra è essenzialmente un'esperienza

d'apprendimento non verbale, concreta, molteplice, che non può assolutamente essere resa in meri

termini linguistici. C'è un altro parallelo tra il tipo di conoscenza acquisita nell'esperienza di guerra

e quella acquistata nei rituali di passaggio. La conoscenza ottenuta in guerra raramente è ritenuta

alienabile, qualcosa cioè che possa essere insegnato, uno strumento o un metodo: piuttosto era

descritta come qualcosa di integrato al corpo del combattente.

L'esperienza d'apprendimento in guerra, al pari di quella d'iniziazione, fornisce all'individuo un tipo

di conoscenza che potrebbe essere definito "disgiuntivo", piuttosto che integrativo. Vale a dire che

ciò che gli uomini apprendono in guerra li separa in maniera irrevocabile da tutti coloro che ne

rimangono fuori. Ma la conoscenza acquisita sul campo di battaglia è disgiuntiva anche in un altro

senso, e cioè nel suo segmentare la vita dei combattenti in un "prima" e in un "dopo".

Molti combattenti si abituarono a rapportarsi ad ogni cosa nei termini della loro esperienza di

guerra. L'esperienza di guerra fu proiettata in ambito politico, familiare, sessuale. La politica è

equiparata alla guerra: è frustante stasi, caos, costrizione; la situazione politica è al pari della realtà

della guerra di trincea, una situazione di contraddizioni profondamente interconnesse e irrisolvibili

da coloro che vi sono immersi. D'altro canto, qualsiasi situazione claustrofobica, politica, sessuale o

psichica che sia può richiamare l'immagine del sistema labirintico di trincea; attraverso questa

immagine l'ex combattente ripiomba nella realtà bellica, alla memoria di ciò che sarebbe stato

meglio dimenticare per sempre.

L'immagine del labirinto appare molto frequentemente nei resoconti dei combattenti. È una

metafora idonea a simboleggiare la natura frammentata, disintegrata e disgiuntiva del paesaggio in

cui erano inseriti i combattenti della guerra di trincea. La metafora del labirinto è utilizzata sia per

definire lo spazio concreto della trincea, un sistema che sebbene costruito inizialmente secondo un

progetto, è stato sconvolto, riparato, di nuovo cancellato dal fuoco d'artiglieria e ricostruito; sia per

definire la guerra di trincea come un universo che non potrà mai essere conosciuto in maniera

astratta o dall'esterno. Semplici spettatori non saranno mai in grado di comprendere una realtà che

deve essere attraversata è vissuta di persona.

Classe sociale e disillusione: il volontario e l'operaio

La disillusione è sempre stata considerata un'esperienza positiva, una dolorosa ma necessaria presa

di coscienza, un rifiuto del mondo delle mere apparenze. Ma nella prima guerra mondiale questa

disillusione dei soldati ha un aspetto diverso. I soldati persero i loro ideali, il loro senso morale. In

guerra "disillusione" significò perdita di status sociale ed esistenziale.

Coloro che si presentarono come volontari provenendo da classi medio-alte trascorsero non più di

un anno nei ranghi, quindi ebbero accesso alle scuole allievi ufficiali per tornare al livello della loro

classe d'origine. Nel loro incontro con le classi inferiori appresero due cose: che la loro attitudine

verso la portata sociale della guerra, verso la nazione ben di rado era condivisa dai contadini,

operai, braccianti che componevano le loro compagnie; secondariamente essi conclusero ch

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A.A. 2015-2016
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher merywhite di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia Contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Adorno Salvatore.