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L’indifferenza ai fatti:
- la narrazione può essere reale o immaginaria, vi è una relazione anomala
tra il senso ed il riferimento esterno e la trama generale è determinata dalla sequenza delle frasi
piuttosto che dalla verità o falsità di esse.
La gestione dell’eccezionale in rapporto all’ordinario:
- pur prendendo in esame ciò che
nell’uomo vi è di usuale e di prevedibile e apportandovi legittimità, ogni narrazione possiede
rendere comprensibile lo straordinario e l’insolito; ogni cultura possiede
strumenti per un insieme di
procedure interpretative per assegnare significato agli scostamenti dalle norme.
ne deriva che l’indagine
Essendo la psicologia popolare un importante fattore di mediazione,
psicologica non può prendere in considerazione soltanto ciò che la gente fa, ma altresì ciò che la
gente dice, sia in merito alle proprie azioni e alle loro motivazioni, sia relativamente alle azioni ed
alle motivazioni degli altri: infatti, non sempre ciò che si dice di fare è ciò che si fa la psicologia
popolare deve quindi interpretare I modi in cui la gente si comporta in determinate situazioni socio
culturali.
un’unità all’interno
Il dire e il fare rappresentano funzionalmente inscindibile di una
psicologia culturalmente orientata: Il rapporto tra il dire, il fare e le circostanze in cui si collocano
è interpretabile; in una interazione sociale, il significato di ciascuna azione sarà attribuito sulla base
l’azione
delle informazioni verbali scambiate o ipotizzate prima, durante o dopo stessa.
Cap. 4 – L’autobiografia e il Sè
Bruner ritiene che lo stesso Sé di un individuo sia il frutto di processi di costruzione del
l’unico
significato e sia perciò sostanzialmente un Sé narratore. Proprio per tale ragione metodo per
l’autobiografia,
averne una nozione generale si rivela attraverso la quale la persona dà voce a ciò
che pensa di aver fatto, per quali motivi, in quali situazioni e giustifica parallelamente (in senso
morale, sociale e psicologico) le direzioni che ha preso la sua vita.
Tale Sé, tuttavia, non è inteso da Bruner quale nucleo di coscienza isolato, racchiuso nella mente;
esso è invece concepito come distribuito in senso interpersonale le persone con cui si interagisce
sono complici delle narrazioni e della costruzione del Sé.
Ogni Sé assume poi significato alla luce delle circostanze storiche che danno forma alla
cultura di cui esso è espressione.
Ne deriva che non è possibile considerare il bambino estraneo dalla cultura cui appartiene e
dalla psicologia popolare dei suoi contesti di vita. Ad ogni sistema culturale corrispondono
specifiche credenze e concezioni riguardanti ogni sfera dei comportamenti umani e degli
avvenimenti esterni: il bambino è immerso in tutto ciò.
Cap. 5 – l’ingresso del bambino nella cultura
Bruner ritiene che i bambini, grazie ad una dote naturale, entrano a far parte della cultura
attraverso l’utilizzo del linguaggio e delle sue forme narrative in vivo. Quindi I bambini imparano
ad assegnare un senso narrativo al mondo circostante partire da delle attitudini al significato di tipo
prelinguistico. I bambini perciò sarebbero sensibili a
determinate classi di significato già prima dell’avvento del linguaggio come strumento di
interazione, possiederebbero una forma primitiva di psicologia popolare intesa alla stregua di un
bagaglio di predisposizioni a costruire il mondo sociale secondo specifici modelli e ad agire su tali
costruzioni. Queste predisposizioni verrebbero attivate dalle azioni e dalle espressioni degli altri,
come pure dai contesti sociali di base in cui i bambini si trovano ad interagire.
Varie osservazioni, secondo Bruner, danno sostegno a tale teoria:
Anzitutto, il linguaggio viene acquisito attraverso l’uso e grazie all’assistenza e
all’interazione con chi si prende cura del bambino. Non si impara solo cosa dire, ma parallelamente
come, dove, a chi ed in quali situazioni.
In secondo luogo, il bambino manifesta intenzioni comunicative, quali l’atto di indicare, il
qualificare, il fare richieste, l’ingannare, già prima di padroneggiare il linguaggio formale con cui
esprimersi verbalmente.
In terzo luogo, l’acquisizione di una lingua nei suoi aspetti grammaticali e lessicali,
progredisce maggiormente quando il bambino già comprende, in modo prelinguistico, il significato
dell’argomento trattato o del contesto in cui la conversazione ha luogo.
L’autore, inoltre, sostiene che il bambino possieda un ampio e precoce bagaglio di strumenti
narrativi.
Se le caratteristiche della narrazione sono: la presenza di un’azione diretta verso fini,
l’esistenza di un ordine sequenziale, la sensibilità verso ciò che è canonico e ciò che fuori
dell’ordinario, e la prospettiva del narratore, Bruner dimostra come il bambino manifesti
precocemente attitudini in merito a tali caratteristiche.
Il bambino, infatti, è sin da piccolo interessato agli altri individui ed alle loro azioni, agli
scopi ed al loro conseguimento; adopera molto presto nel suo linguaggio l’uso di connettivi
temporali o causali per dare ordine sequenziale ai discorsi; concentra la sua attenzione e
l’elaborazione dell’informazione sugli elementi insoliti; prende in considerazione la prospettiva,
frutto del pianto, di altre manifestazioni di affetti o di caratteristiche prosodiche proprie delle prime
fasi del linguaggio.
Nonostante gli individui possiedano una predisposizione innata per la narrazione, a parere di
Bruner, è parallelamente la cultura a fornire un insieme di strumenti e di tradizioni di raccontare e di
interpretare a cui il bambino molto presto partecipa.
La competenza sociale è acquisita dapprincipio come prassi in specifici contesti in cui il
l’azione,
bambino è coinvolto come protagonista. È attraverso prima ancora che mediante il
linguaggio, che il bambino impara a recitare il suo ruolo nella famiglia, cogliendo consensi, divieti
e loro conseguenze. dell’esigenza
Successivamente si rende conto di legittimare le proprie azioni ed i propri
dell’importanza
scopi, al fine di evitare conflitti, e acquisisce consapevolezza del raccontare la
“storia giusta”, un’estensione
ossia quella storia che faccia apparire le sue azioni come delle azioni
canoniche, modificate da circostanze attenuanti. Deve perciò non solo padroneggiare il linguaggio,
l’inganno
ma anche le forme canoniche e gli strumenti della pratica retorica come ad es. o
l’adulazione. È in tal modo e attraverso tali processi che il bambino fa il suo ingresso nella cultura
umana.
Cap.7 – Cultura ed Educazione l’educazione un’isola,
Bruner è convinto del fatto che non possa essere ma faccia parte del
continente della cultura, ed il suo compito sia perciò quello di adattare la cultura alle esigenze dei
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suoi membri ed i suoi membri alle esigenze della cultura .
“L’apprendimento ed il pensiero sono sempre situati in un contesto culturale e dipendono
5
dall’utilizzazione culturali”
sempre di risorse .
Nell’approcciarsi l’autore,
a questioni educative, perciò, bisogna sempre, secondo porsi una
l’educazione
serie di interrogativi. Anzitutto quale funzione svolga in una determinata cultura e che
ruolo essa assuma nella vita di coloro che vi operano al suo interno. In secondo luogo, il motivo per
cui essa occupi quel ruolo in quella cultura e la eventuale relazione con fattori quali la distribuzione
l’esistenza
del potere, il prestigio sociale, di particolari benefici. In terzo luogo, quali risorse
l’educazione.
abilitanti a vivere in quella cultura siano fornite attraverso Ed infine, quali limiti,
esterni o interni, siano imposti al processo educativo.
l’educazione
Se ciò vale per in generale, a maggior ragione vale per la scuola che, secondo
“non ‘indipendente’.
Bruner, può mai essere considerata culturalmente Cosa insegna, quali modi di
‘registri linguistici’
pensiero e quali effettivamente coltiva nei suoi alunni, non possono essere
[…]
isolati dalla posizione che ha la scuola nella vita e nella cultura dei suoi studenti. Il principale
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stessa”
contenuto della scuola, vista culturalmente, è la scuola .
Nessun intervento educativo, pertanto, a maggior ragione se proposto in una cultura diversa
da quella di appartenenza, può prescindere da una preliminare indagine sulle funzioni, i ruoli, le
dell’educazione
risorse, i limiti già realizzata nel contesto; questo proprio perché è necessaria una
dall’autore, l’educazione
contestualizzazione dei programmi in quanto, come sottolineato non può
un’isola,
essere ma deve far parte del continente della cultura. l’autore,
Nel teorizzare sulla pratica educativa, bisogna parallelamente, secondo prendere in
considerazione le teorie popolari possedute da coloro che sono impegnati in tale pratica. Bruner,
parla a tal proposito di una vera e propria pedagogia popolare che racchiude le concezioni relative
alla natura della mente del bambino ed alle strategie didattiche ritenute più efficaci per un suo
apprendimento. “contestualizzare”
Tenere in considerazione tutti i fattori sopra esposti significa i processi
educativi nella loro cultura di appartenenza evitando il rischio di applicare modelli etnocentrici e di
trattare come deficit quelle che sono semplicemente delle diversità culturali. Molto spesso, infatti,
l’autore, “deprivazione culturale”
secondo è stato impiegato il termine di per giustificare
l’incapacità di tenere conto del bisogno dei gruppi e delle culture di conservare un senso della
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propria identità e delle proprie tradizioni .
l’educazione
Bruner ritiene che debba oggi confrontarsi con una serie di antinomie.
La prima antinomia vede, da un lato, le esigenze di realizzazione individuale e di
dall’altro
promozione delle potenzialità di ciascuno; lato, la necessità di riproduzione e di sviluppo
di una cultura nei suoi aspetti economici, politici e culturali.
l’opportunità
La seconda antinomia si dibatte tra di coltivare i talenti innati e la necessità di
offrire a tutti la possibilità di progredire.
La terza antinomia, infine, risiede nella contrapposizione tra concezioni che vedono nelle
culture locali sistemi autogiustificantesi, non bisognosi di essere ricondotti a interpretazioni
universalistiche o superiori, e concezioni che, al contrario, consid