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COSA INTENDIAMO DIRE QUANDO AFFERMIAMO CHE IL

BAMBINO POSSIEDE UNA TEORIA DELLA MENTE?

Per arrivare a capire cosa intendiamo dire quando affermiamo che il

bambino possiede una teoria della mente possiamo valutare che i

presupposti che guidano le nostre interazioni sono probabilmente

molto simili all’apprendimento di un linguaggio. Le due cose

dipendono dalla partecipazione al contento sociale,alla

partecipazione alla cultura. Si stanno scoprendo anche alcuni

meccanismi neurofisiologici innati che predispongono i bambini ad

acquisire alcuni presupposti. Molti dei presupposti che guidano le

transazioni intersoggettive appaiono difficili e inaccessibili alla

riflessione,ci abituiamo così tanto a trattare gli altri come se avessero

degli stati intenzionali che finiamo per dare per scontato che li

possiedano,diamo per scontato per esempio che pensare richiede

uno sforzo e che quindi chi non mostra di sforzarsi non stia

pensando.

E’ interessante a questo punto una teoria di FLEVELL che riguarda

delle teorie della mente infantile,gli autori si chiedono cosa vuol dire

per i bambini “pensare” e per capirlo li interrogano a bruciapelo. I

bambini descrivono così il pensiero come qualcosa che avviene nella

loro testa,anche se non sanno spiegare bene cosa avviene lì dentro,e

non riescono a capire che cosa si intende per “ flusso di pensiero”. In

fatto è che non si ha un’idea precisa di cosa sia il pensiero,né come

stato mentale,né come processo. In realtà il pensiero può essere

qualcosa in più di un modo di parlare,oppure può essere considerato

semplicemente un’attività mentale in corso. Come ci dice Flavell con i

suoi colleghi i bambini concepiscono in pensiero come quell’attività

che porta alla risoluzione dei problemi ed è collegata ad uno “sforzo

mentale”. Imparare termini come PENSARE,PRESTARE

ATTENZIONE,RICORDARE equivale quindi ad imparare una teoria

della mente,perché tutte queste attività richiedono uno sforzo. La

società offre quindi al bambino un glossario, un codice linguistico e il

bambino per adoperarlo deve svolgere un processo di interpretazione

affinchè riesca a comprenderne i vari termini.

Astington e Olson naturalmente non escludono la presenza di

processi interpretativi nei bambini, ma sostengono che probabilmente

non saremo in grado di spiegare causalmente tali processi.,più

precisamente credono che ci ritroveremo con una spiegazione

culturale su un piano e una biologica sull’ altro.

I processi quindi di interpretazione e spiegazione non possono

essere ridotti l’uno all’altro,la spiegazione non è sufficiente per

l’interpretazione e viceversa,i due approcci sono diversi e svolgono

ruoli diversi.

La spiegazione si può ritenere qualcosa di impossibile se non si da

conto a questa triade:

PROSPETTIVA DISCORSO E CONTESTO, prima di passare cioè al

fenomeno della spiegazione bisogna dare un senso a quanto ci viene

detto tramite questa triade.

CAPITOLO 6

Le osservazioni di cui si parla in questo capitolo fanno riferimento

all’opera di Karplus,le sue idee sull’insegnamento erano eleganti e

venivano dal cuore,egli sapeva cosa si provava a “non sapere”, e

sapeva che un vero studioso e scenziato deve partire proprio da

questa condizione. La scienza per lui non era qualcosa che stava “al

di fuori “ nella natura,ma faceva parte della mente stessa

dell’insegnate,del bambino ecc. Tutto quello che si può fare per una

persona che vuole imparare è aiutarla nel suo viaggio,lo strumento

che consente di aiutare un alunno è il curricolo,il curricolo viene

definito una CONVERSAZIONE ANIMATA esso utilizza materiali di

supporto,,testi,film,dimostrazioni.

Spesso si ritiene che le prestazioni scadenti degli alunni siano

collegate ad una carenza nella valutazione degli insegnanti,ma

questa indignazione che si rivela quando gli alunni non conoscono

bene il concetto di scienza,hanno scarse conoscenze in

geografia,sono carenti in matematica si possono combattere con

nuovi standard e nuove risorse per consentire alle scuole di essere

efficienti. Ma le risorse e gli standard non bastano,bisogna avere le

idee più chiare su cosa si vuole insegnare,se vogliamo contribuire a

creare essere umani più capaci. Era proprio su questo che si batteva

Karplus facendo la sua parte,cercando di aiutare gli insegnanti a

svolgere meglio il loro compito.

Tempo fa Bruner propose l’idea di un curricolo a spirale,l’idea cioè di

partire da una spiegazione intuitiva per poi arrivare ad una formale.

L’idea nacque dal fatto che Bruner pensava che si potesse insegnare

qualunque cosa a qualunque età purchè venisse fatto in forma

accettabile. La ricerca svolta negli ultimi anni ha confermato il

modello a spierale,ma ci ha anche messo in guardia da alcuni rischi.

Esistono delle fasi dello sviluppo che ci dicono fino a quale livello di

astrazione può arrivare un bambino. Il livello di astrazione di un

bambino non cresce a mano a mano come la marea che sale ma

dipende anche dalla comprensione che il bambino ha nei confronti di

ciò che deve apprendere.

Arriviamo al punto LA NARRAZIONE

La narrazione è una sere di eventi in sequenza,ed è dalla sequenza

che dipende il significato,ma non tutte le sequenze meritano di

essere raccontate. La narrazione per poter esistere deve avere una

buona ragione di raccontare qualcosa,quindi un evento inatteso,lo

scopo della narrazione è infatti quello di risolvere “l’inaspettato”. La

storia ,quindi come vediamo è costituita dalle sue parti, e questo ci

porta a concepire il CIRCOLO ERMENEUTICO ovverò ciò che fa sì

che le storie vengano soggette ad interpretazione e non a

spiegazione,non si può spiegare una storia,tutto ciò che si può fare è

darne diverse interpretazioni. E’ difficile quindi capire se una storia

possa considerarsi vera o falsa,ed è proprio di ciò che si occupa la

scienza,la scienza si serve infatti della logia e della matematica per

scoprire la chiarezza,la coerenza e la verificabilità. Secondo Bruner i

tentativi di forma scientifica vengono sempre trasformati in forma

narrativa, infatti alcuni studiosi sostengono proprio che i primi

scenziati dell’antichità facevano affidamento proprio alla narrazione. Il

processo del fare scienza è narrativo,consiste nel produrre delle

ipotesi sulla natura,verificarle,correggerle e rimetterle in ordine,

inoltre la storia della scienza può essere raccontata in forma

drammatica,come una serie di vicende quasi eroiche di soluzione dei

problemi. Bruner sa bene che i nuovi insegnanti di scienze mettono

l’accento sul processo vivo del fare scienza invece che sui risultati di

una scienza già compiuta. Bruner così offre dei suggerimenti agli

insegnanti,ovvero quello di spingere gli alunni a fare delle

domande,che pongono l’accento sui dilemmi,a formulare delle

ipotesi,in quanto le ipotesi derivano da qualcosa che si è copmpreso

e che si sa già,quindi le ipotesi vanno oltre ciò che si sa già

CAPITOLO 7

INTERPRETAZIONE NARRATIVA DELLA REALTA’

Quando parliamo delle storie,dobbiamo dire innanzitutto che esse devono

basarsi sui rapporti umani,i protagonisti devono capirsi tra di loro,questi

presupposti solo quelli che ci permettono di capire cosa vuole intendere un

personaggio,di non fermarci alle apparenze,ma di arrivare a capire quello

che è realmente. Il metodo scientifico non è infatti l’unica strada per capire il

mondo. Secondo Bruner le interpretazioni narrative non sono del tutto

personali,ma hanno delle basi universali.

Innanzitutto potremmo chiederci perché nel campo della psicologia si è

risvegliato l’interesse per l’interpretazione narrativa della realtà.

I PRINCIPI DELLA NARRAZIONE

1)Esaminando la narrazione possiamo vedere come in un testo la scansione

del tempo non avviene secondo l’orologio,ma secondo lo svolgersi di eventi

cruciali,per cui il tempo è suddiviso in un INIZIO- SVOLGIMENTO –

CONCLUSIONE. Alla base della comprensione del testo c’è un “modello

mentale”,il tempo rilevato non solo dagli orologi,ma dagli eventi

umanamente rilevanti.

2)Le narrazioni si occupano di aspetti particolari,ma la particolarità porta

alla realizzazione di quelli che sono i veri generi narritivi,ma allo stesso odo

i “generi” generano i loro particolari. Questo perché alcune storie particolari

sembrano delle versioni simili di qualcosa di più generale(ad esempio la

versione del “ragazzaccio” e della “brava ragazza” fanno riferimento a degli

esempi di una specie naturale.

Un genere che cos’è? E’ un modo di costruire un testo,è un modo di narrare

una storia,è un modo di vedere “la realtà”.

Questo dimostra anche il fatto che le varie interpretazioni narrative

dipendono anche dalle circostanze culturali e storiche. L’esistenza dei generi

è comunque un fattore universale,che esiste,ad esempio anche nel

linguaggio, esistono vari generi per fare un discorso ecc.

3) Quello che fanno le persone nelle narrazioni non avviene mai per

caso,tutto avviene per motivazioni, interessi, desideri o da altri stati

intenzionali. Gli stati intenzionali nascono proprio da alcuni avvenimenti

fisici,gli stati intenzionali non causano le cose,ma ne sono spesso la ragione.

La narrativa quindi ha proprio questo compito, quello di cogliere le ragioni

che si nascondono dietro gli avvenimenti.

4) Nessuna storia ha un’ unica interpretazione,tutti i significati che possono

essere attribuiti ad una storia sono tantissimi. Non esiste una lettura

“razionale” della storia. UNA COMPRENSIONE DI UNA STORIA DEVE

ESSERE ERMENEUTICA, fornire una spiegazione ermeneutica significa

fornire sempre una spiegazione convincente della storia,le parti di una storia

devono essere ben connesse tra loro,per poter convincere. Alcuni studiosi

hanno affermato che la mente si rifà alle procedure ermeneutiche quando un

testo appare confuso,incompleto ecc. Un’altra caratteristica ermeneutica

consiste nel far nascere la curiosità di sapere perché una storia viene

raccontata adesso,in queste circostanze,da questo autore,raramente un lettore

rinuncia al suo diritto di interrogarsi sui motivi per cui il narratore ha deciso

di raccontare quella storia.

5) Una storia per essere raccontata deve spezzare un equilibrio,una

sceneggiuatura

Gli stereotipi,la normalità sono fonte di noia,alcuni addirittura credono che

sia la noia a dare spunto all&r

Dettagli
A.A. 2013-2014
30 pagine
24 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher unfiorellinoblu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof De Sanctis Ornella.