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CITTA'
D'Annunzio → gloriose memorie, Gozzano → Torino poveramente
paesaggi preziosi borghese, raffigurata in
tono minore
Anche Torino a suo modo è una “città morta”, gli è cara la Torino d'altri tempi, recuperabile
esclusivamente per via di fantasia e sogno.
Soltanto il passato è bello, perciò il contemporaneo mondo borghese non è suscettibile di
trasfigurazione, è chiuso in un'irrimediabile prosaicità, non è riscattabile da nessuna arte. Agli occhi
di Gozzano non restano che due soluzioni: la strada del dannunzianesimo e la via che egli ha ormai
intrapreso, quella dell'ironia. La lingua della tradizione poetica è lingua morta, Gozzano utilizza la
lingua della tradizione per creare un effetto di straniamento.
Estetismo a contatto con la provocante verità di un livello basso di intonazione quotidiana.
L'insorgere del prosaico denuncia l'impossibilità di una redenzione estetica della vita.
“Intossicazione”
“non l'arte imita la vita, ma la vita l'arte”, motivo ricorrente in Gozzano.
Distacco da ogni passata bellezza. Chi crede che la frattura tra la realtà ed una vita bella
rappresentata dall'arte sia sanabile, finirà per venire intossicato dalla letteratura.
Giovane Gozzano contaminato dal dannunzianesimo/ Gozzano adulto criticamente disincantato. Il
contatto tra vita e arte può ristabilirsi solo tramite l'ironia; l'”intossicazione” viene superata tramite
la sua denuncia poetica; il vissuto è oggetto di rappresentazione poetica solo per i suoi limiti, per la
sua grezza quotidianità.
Rottura con la tradizione in Gozzano = fine di modelli acriticamente partecipabili.
Fine di ogni eroe positivo.
“La Casa dei secoli”
Momenti delicati, in cui è possibile cogliere i principali temi della poetica di Gozzano, si alternano
zone opache ed inerti.
Gozzano amava dilettarsi nel ritrarre, in particolare figure femminili, che perseguono sempre uno
stesso tipo di bellezza: occhi chiari, profilo dritto, bocca voluttuosa, mascella forte. Tipo segnato
soprattutto psicologicamente, mulier fortis, donna virile. La vera donna di Gozzano è Carlotta, non
quella di “L'amica di Nonna Speranza”, ma quella fittizia de “L'esperimento”.
Gozzano è anche poeta di stili: filosofia dell'abbigliamento e dell'arredamento. Il mondo è da
leggersi come un immenso museo di arti decorative, un mondo praticabile liricamente in quanto
abbigliato ed arredato, mentre la prosaica quotidianità è sospesa in critica trasposizione. Per
Gozzano recuperare il passato significa fuggire dal consumarsi delle cose, approdare ad un luogo in
cui risulta negato il presente ed il fluire della vita, un' “oasi risparmiata dal tempo”. Recupero del
tempo porto per negazione, dimenticando la vita moderna. Questa “Casa dei secoli” è una sorta di
allegoria della casa ideale di Gozzano, il rifugio dalla prosaica quotidianità del presente, luogo di
sospensione della vita contemporanea.
“Un vergiliato sotto la neve” (aprile 1911, in occasione dell'Esposizione mondiale a Torino)
Vergiliato esercitato nei confronti dell'amica d'infanzia Jeannette.
La neve è cara a Gozzano perché cancella ogni traccia di modernità, riportando l'incanto del
passato; anche la figura di Jeannette riporta alla ribalta il passato.
“Vergiliato” (<Virgilio, fare da guida) termine dannunziano, deriva da Il Piacere (1889), a proposito
delle passeggiate romane di Andrea Sperelli e Maria Ferres. La relazione D'Annunzio – Gozzano è
tutta definita dall'opposizione tra i due vergiliati: l'uno svolto nella Roma imperiale e papale, in un
clima di passione teatralmente sublime, l'altro nella Torino dell'Esposizione con una Jeannette
crestaia (sartina).
Il giorno livido pubblicato il 23 febbraio 1911 ed è chiaramente ispirato a Il Fuoco (1900), in
particolare al congedo della Foscarina e Stelio Effrena.
Il 18 novembre del 1911 Gozzano pubblica un articolo dal titolo La città moritura, in cui medita
circa l'imminente distruzione dei padiglioni dell'Esposizione, dove si rivela che Jeannette è una
variante borghese della dannunziana Foscarina.
“Nel parco”
La geografia poetica di Gozzano, accanto ad una Torino filtrata nelle sue memorie storiche, presenta
quasi esclusivamente il lontano ambiente canavesiano, secondo una proposta sostanzialmente
omogenea.
Quello del parco, già presente nelle liriche giovanili, è un topos letterario dominante nel gusto
europeo del tempo. Parco è sottotemi: fontana, statue, cigno.. → luogo tipico della natura
aristocratica, di quella che fu una vita splendida.
Nella cultura borghese quello del parco si presenta come uno spazio morto, in rovina, in cui si
rifugiano il sogno e la nostalgia. Il parco non è natura, ma storia delle aristocrazie defunte.
Tutto il Poema Paradisiaco, celebrazione del parco poetico dell'immaginazione decadente, vive di
uno struggente anelito per il tempi che non sono più.
Sul tema della statua D'Annunzio insiste per ben tre sonetti dell'Hortus larvarum.
Del topos del parco, è soprattutto il tema delle statue ad attirare Gozzano (Viale delle statue), ma il
passato si estenua nel divertimento delle mode evocate, negli abiti e nella letteratura. Siamo alla
strada che conduce all'Amica di Nonna Speranza.
Sempre nel 1904 incontriamo le statue nel Frutteto, ma qui lo sfacelo è sottratto al clima di
decadenza incantata ed inizia ad avvicinarsi al gusto di “cose stridule” tipico di Gozzano e che qui
troviamo ancora incerto.
Il punto di approdo di questa linea è nella V sezione della Signorina Felicita, dove
sorprendentemente Gozzano guarda ancora una volta a D'Annunzio del Fuoco, quando si narra
della visita alle ville del Brenta. È evidente la distanza tra la sublime elegia, elegante e disincantata
di D'Annunzio e il gusto realistico di Gozzano. La coppia Stelio e Foscarina suscita quella
dell'avvocato e della signorina impegnata a cucire.
“Il misticismo moderno”
la prima lettera significativa nell'epistolario gozzaniano è del 5 giugno 1903, indirizzata all'amico
Fausto Graziani. Essa documenta quella sorta di religiosità estetizzante, di misticismo letterario così
diffuso a quel tempo, specialmente nel clima dannunziano, al quale Gozzano in giovinezza
partecipa senza riserve. Nella lettera egli attinge a piene mani dalle Vergini delle rocce (1895) per
quel che riguarda le figure di San Francesco, Santa Chiara e Santa Caterina da Siena. Il testo di
D'Annunzio aprì effettivamente un nuovo capitolo nella storia della fortuna letteraria dei nostri testi
religiosi. In realtà Gozzano non è trasportato da alcuna mistica fantasia, ma freddamente guidato
dalle Vergini delle rocce.
Nel 1905 Gozzano pubblica un articolo riguardante il “misticismo moderno”, in cui afferma che
nelle arti è rintracciabile un nuovo soffio di idealità, tali arti ripugnano il crudo verismo. Viene
salutato con gioia quello che è stato definito misticismo liberty. Nella parte dedicata alla pittura
contemporanea, Gozzano stabilisce un'analogia tra il “nouveau style” pittorico e il “nouveau style”
letterario. Il senso ultimo di questo misticismo liberty è, per Gozzano, uno stupefacente per l'animo,
utile per velare le angosce del mondo moderno.
Nell'articolo Il candore dei primitivi, Gozzano medita attorno al gusto dei preraffaelliti e alla sue
varie diramazioni, mostrandosi affascinato dal loro mondo inverosimile. Gozzano sottolinea il
contrasto tra l'anima dei primitivi e l'anima moderna; associa alla poesia del passato lontano un
senso di austero misticismo.
Gozzano convertirà tutti questi motivi nella propria poesia in fermi stimoli critici ed ironici.
“Alle soglie”
il colloquio epistolare tra Gozzano e la Guglielminetti si apre con una lettera della Guglielminetti
del 13 aprile 1907 che risponde al dono de La via del rifugio, definendo la poesia gozzaniana
“un'anima un poco amara, un poco inferma” e ritrovandovi il rimpianto delle cose passate,
l'ebbrezza del sogno.
Lettera di Gozzano riguardo Le vergini folli del 5 giugno 1907, il libro con il quale la Guglielminetti
ricambia il poeta del dono. La poesia della Guglielminetti gli appare “organica” ed è proprio tale
organicità che Gozzano cerca invano nel primo volume e si sforza di raggiungere ne I colloqui. La
lettera di Gozzano ci illumina sull'intonazione che dovremo tenere nella lettura de La signorina
Felicita, egli loda la Guglielminetti per la sua riabilitazione della figura della signorina, fino ad
allora dipinta come figura triste e spesso derisa, capace di suscitare negli uomini sospetto perché
sembra volerli irretire.
La Guglielminetti individua già nella Graziella de Le due strade un esempio positivo di una poetica
di riabilitazione della figura della signorina. La poesia Le due strade affonda le sue radici nel dittico
della “vergine” adolescente e della “signora” ormai in sfacelo.
In una lettera del 10 giugno 1907 Gozzano ritrae la Guglielminetti secondo i modelli pittorici del
tempo ed in armonia con la sua (di Gozzano) tipica ritrattistica, scandita su capelli – bocca – occhi.
Da confrontarsi con la descrizione della Signorina Felicita nella sezione III. Ancora nella sopracitata
lettera, compare uno dei temi ricorrenti nella poetica gozzaniana: l'impossibilità di amare. Altro
tema è anche la tabe letteraria, di cui soffrono Gozzano e tutti i poeti come lui. La tabe vera, la
tubercolosi è anch'essa tema ricorrente nell'epistolario gozzaniano e la ritroviamo anche in Alle
soglie: ostentato prosaismo, dizionario ricco di tecnicismi, prosaismo del parlato unito alla facile
modulazione della rima ed alla banalità dei dati raccolti. Virtuosismo letterario mortificato dal gusto
scoperto del prosaico.
Gozzano rimarrà sempre fedele al rifiuto dei grandi temi, nemmeno la malattia gli farà cambiare
direzione, non abbandonerà mai la sua ironia; Gozzano si identifica sempre con i vivi, con i più atti
alla vita.
“Preistoria di Felicita”
Nella lettera diretta alla Guglielminetti del 3 agosto 1907 è contenuto un primo abbozzo incerto e
vago di quella che sarà destinata a diventare la Signorina Felicita. Rispetto alla descrizione della
servente, contenuta nella lettera, il ritratto di Felicita sarà un po' alleggerito di tanti tratti feroci, ma
le caratteristiche principali rimarranno (cfr III sezione Signorina Felicita). Il modello di donna
attorno a cu