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Riassunto esame Letteratura italiana, prof. Lorenzini, libro consigliato La morte irridente: ritratto critico di Luciano Bianciardi, Ferretti Pag. 1 Riassunto esame Letteratura italiana, prof. Lorenzini, libro consigliato La morte irridente: ritratto critico di Luciano Bianciardi, Ferretti Pag. 2
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Bianciardi e molti temi critici e polemici dei suoi precedenti scritti:

Grosseto e Milano, la moglie e il nuovo amore, Ribolla e la

“missione” contro la Montecatini, la casa editrice, il lavoro

traduttorio, lo scontro con una città incomprensibile e chiuda, dove

l’intellettuale è funzionale all’apparato produttivo e commerciale, la

lotta politica scade nel burocratismo e nel compromesso, dove

domina la logica del denaro e del consumo, del potere e del

successo. Si può addirittura dire che vi sia, in tutta l’attività di

Bianciardi, una continuità narrativa e satirica di fondo.

Un primo livello di lettura è quello dell’autobiografismo e della

denuncia del miracolo.

Un secondo livello di lettura coincide con il disvelamento

ironico di una condizione umana e lavorativa ridotta a mera

“funzione”: la dignità e l’esistenza stessa di un uomo si esauriscono

nella sua produttività (e chiunque venga licenziato diventa perciò

emarginato).

Dopo il licenziamento, il protagonista spesso vive questa condizione

di emarginato, di appestato; sceglie allora il lavoro “indipendente”

di traduttore, ma è proprio qui che la perdita di una identità

personale e intellettuale diventa completa: il traduttore diventa una

passiva macchina per tradurre, deve rispettare le scadenze ed

essere fedele al testo; la vita del protagonista è come se passasse

in secondo piano, costantemente scandita dalla sua attività, dal

numero di cartelle che deve produrre ogni giorno, dai temi dei libri

che affronta.

La riduzione del lavoro umano a funzione ha anche una sua

emblematica incarnazione nella figura femminile della segretaria

d’azienda, motivo già anticipato negli scritti precedenti: una

creatura asessuata e mascolina, che cerca di riscattare la

tradizionale visione della figura femminile come esclusa dalla logica

maschile della produttività e del potere facendo diventare anche il

lavoro più umile e subalterno importante.

L’insensatezza organizzata

Un terzo possibile livello di lettura è quello che vede nella

Vita Agra un processo di liberazione (che culmina, come vedremo,

nell’autonegazione, nell’immagine di morte che conclude il

romanzo) della vita dell’autore, diventata invivibile, che procede

parallelo ad un trattamento di vari pezzi della sua materia

autobiografica in modo differenziato, in accordo alla natura

irregolare di Bianciardi: dall’ironia e il sarcasmo all’iperbole e il

grottesco, fino alla cupezza e alla disperazione.

-Il tutto accade in una sperimentazione imprevedibile: tra dialogo e

monologo, linguaggio alto e basso, neologismi, citazionismi.

-Bianciardi deve innanzitutto liberarsi della tragedia di Ribolla: ecco

dunque il racconto dolente della vicenda della miniera, segnato da

un’ironia sottile e amara.

-Nello stesso modo sono trattati i legami che egli lascia in provincia,

per esempio esercita sul personaggio della moglie una cattiveria

irridente e amara, e perciò, appunto, liberatoria. In questi punti la

narrazione cede però talvolta in una trasposizione troppo diretta

delle vicende vissute, tra sensi di colpa e giustificazioni, quasi che

la materia autobiografica qui opponga resistenza a quel processo

liberatorio.

-Si libera dell’inutilità della lotta politica raccontando la scelta del

protagonista di lasciare la provincia per “far saltare in aria il

torracchione” della ditta colpevole della tragedia della miniera, la

sua “missione”.

-Allo stesso processo viene poi sottoposto l’impegno politico degli

altri personaggi, anch’esso vittima dell’ironia dell’autore (come la

partecipazione insieme ad anna alle manifestazioni di piazza, che

per lui diventa solo occasione di orgoglio nello sfilare davanti alla

gente con una bella ragazza come lei).

-Infine il processo di liberazione, rifiuto, allontanamento, si fa più

intenso nei confronti della grande città: ecco la dissertazione dotta

e divertita sull’etimologia di Brera; oppure la denuncia, attraverso il

grottesco, la deformazione, l’iperbole, dell’ “insensatezza

organizzata” che caratterizza la città di Milano, una insensatezza

che porta i suoi ritmi frenetici nelle abitudini più elementari e

quotidiane (l’ossessione del mangiare e lavare i piatti velocemente

per darsi il turno con i coinquilini, ecc.), o nell’immagine di un

terziario vacuo e improduttivo (che trova espressione nella ripresa

sarcastica della figura del “produttore” di macchine da scrivere);

eppure nemmeno il settore produttivo, quello degli operai, è

risparmiato da questa insensatezza, operai che scavano e

riempiono buche senza un motivo apparente.

Una città infernale

-In questo terzo livello di lettura, dunque, la grande città assume

quasi dei tratti infernali, un mondo disumano, dominato

dall’ossessione della produttività, del consumo e del potere.

-Una città che opprime e soffoca: l’espressione più immediata di

questo carattere risiede nella nebbia, ma una nebbia innaturale,

prodotto del movimento insensato e incessante della produzione,

del consumo, del terziario: una “fumigazione rabbiosa, una

flatulenza di uomini, di motori, di camini”.

-Gli orrori della grande città sono enfatizzati sin dall’inizio con una

rassegna di piccoli mostri: i bibliotecari dalle mani mutilate, i

frequentatori della biblioteca (la ragazza paraplegica, un infermo,

un vecchio dagli occhi sbarrati); al bar un gobbetto che mostra i

denti “allungati dalla piorrea”.

In questa galleria di piccoli mostri trova posto, naturalmente, anche

la segretaria e le sue sottospecie: la dattilografetta, la segretarietta,

le cassiere, tutte dipinte come “smunte”, “secche”, dall’aspetto

logorato per il lavoro e lo stress.

Le persone sono spesso tratteggiate come larve; per strada non

vedi le persone, ma soltanto la loro immagine, il loro spettro, il loro

guscio, estrema conseguenza della trasformazione del lavoro in

funzione, con la conseguente perdita di identità individuale.

-Lo stesso rapporto sessuale nella società moderna descritta da

Bianciardi viene ridotto ad atto ripetitivo e meccanico: da qui la sua

predicazione di una grandiosa utopia, quella della pratica libera e

diffusa del sesso, che vanifichi ogni spinta alla produzione e al

consumo segnando la fine della civiltà moderna in entrambe le sue

versioni di neocapitalismo e socialismo.

Questo progetto utopico a sfondo “disattivistico e copulatorio”,

diventa la negazione della vita invivibile che coincide in modo

inevitabile con la civiltà moderna.

A conclusione di questo processo, la resa finale alla logica

produttivistica e alienante del mondo che odia: con la scelta della

professione indipendente del traduttore, la sconfitta si concretizza.

-A questo punto, l’unica liberazione possibile per il protagonista è in

una definitiva autonegazione, che trova una significativa

manifestazione quotidiana nel sonno.

Ma il sonno appare strettamente connotato da un’accentuazione

mortuaria, ed ecco che emerge un leitmotiv di tutto il romanzo (che

compare già con la serie di morti e suicidi subito dimenticati nel

cuore della grande città).

Dal momento che la vera “agonia” della vita per il protagonista è

far fronte ai “tafanatori”, padroni di casa, datori di lavoro, agenti

delle tasse, ecc., dal momento che la lotta costante del

protagonista non è contro la morte ma contro la vita, allor ala morte

è la fine di tutto, finalmente l’occasione per distendersi, riposare e

sorridere ironico, come lui stesso si immagina una volta defunto.

La conclusione ideale del romanzo, allora, sta proprio in

questa rappresentazione tragica e grottesca della morte: la

morte sorridente e irridente di chi finalmente si è

sbarazzato di tutto.

Personaggio di successo

-Lo straordinario successo dei suoi romanzi (in particolare della Vita

Agra, che l’autore non aveva assolutamente previsto) e delle sue

pubblicazioni, fanno di Bianciardi uno scrittore affermato, e questo

acuisce quella sorta di condizione conflittuale e contraddittoria

insita nella sua natura: di fronte alle prospettive che gli si aprono,

alle offerte che riceve, egli non sa scegliere se diventare un

protagonista attivo, critico, trasgressivo dentro al mercato delle

lettere e della comunicazione, oppure mantenere un

comportamento di coerente e polemica marginalità.

Bianciardi, proprio in questa sua incapacità di scegliere (che

è una sua prerogativa, tanto nella vita privata quanto nella

pubblica), rappresenterà un caso diverso e singolare: vive

un’ambigua oscillazione tra il ruolo di personaggio pubblico che gli

viene assegnato e che accetta passivamente, e la sofferenza

interiore che questo gli provoca, sofferenza dovuta al senso di colpa

avvertito per la tentazione, il naturale impulso che sente a godere

di questo successo.

-In questo contesto si colloca il rifiuto di collaborazione con

il “Corriere della sera”, rifiuto che ad un primo momento è stato

collegato ancora al mito di “Luciano l’anarchico”, che non trova

giusto sfruttare il successo della rabbia contro la Montecatini e la

borghesia milanese, che caratterizza la Vita Agra, proprio

scrivendo sul giornale “di tutte le montecatini e di tutti i ceti

conservatori”.

In realtà anche in questo caso la vicenda è più complessa: il fatto

che egli accetti di incontrare Montanelli e ci pensi su due giorni

prima di rifiutare, ci fa capire che il rifiuto di Bianciardi deriva da

una riflessione preventiva e calcolata sulle incompatibilità di fondo

con il giornale (sarebbe andato incontro a conflitti e obbligate

autocensure), piuttosto che a uno scatto di sdegno e indipendenza.

Professione: giornalista

-Nel percorso giornalistico, che segna una discesa dall’Avanti! e dal

Giorno a Kent, Executive e Playmen, periodici dall’erotismo

patinato, si manifesta una progressiva stanchezza, disimpegno,

rinuncia e degradazione nella sua professione.

-Negli stessi anni sessanta e settanta escono una serie di racconti

erotici, ma essi sono ripetitivi, non vanno oltre un consumato

mestiere e non sono altro che lunghe variazioni satiriche sull’utopia

di liberazione sessuale contrapposta all’attivismo frenetico del

lavoro, dell’angoscia, della nevrosi, ecc.

-Contemporaneamente escono una serie di opere risorgimentali, tra

cui un posto a sé meritano “Battaglia soda” e “Aprire il fuoco”,

Dettagli
A.A. 2013-2014
13 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/14 Critica letteraria e letterature comparate

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher camilla.marazzi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura Italiana Contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Lorenzini Niva.