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DELUSIONE
1^ caso = i luoghi che visita NON sono per niente come egli se li era immaginato o come gli
erano stati descritti, perciò la realtà mortifica l’attesa, discordando completamente da essa.
2^ caso = la realtà coincide con l’attesa, senza aggiungere nulla ad essa, anzi ne
rappresenta un’immagine sbiadita.
Durante tutta l’opera la visione di Gozzano è celata dietro al filtro dell’ironia che gli
impedisce una vera adesione a quella cultura che egli vorrebbe esplorare. Così, però, ha
modo di definire il suo metodo di esotismo: l’esotismo di cartapesta, ovvero fatto di luoghi
comuni e nozioni che gli aveva appreso suoi libri prima di partire.
2. Prefazione
Nonostante il suo viaggio nasca con fini terapeutici e di svago (era un suo sogno fin da
bambino), al momento della partenza per l’India Gozzano ha con sé due tessere da
giornalista in quanto il viaggio venne anche finanziato da dei giornali a cui lui promette
degli articoli, che però gli serviranno solo per cimentarsi nella sua personale produzione
letteraria.
Tra il gennaio 1914 ed il settembre 1916 egli pubblicherà diciotto articoli aventi tema
l’India e quindici di questi verranno poi raccolti nell’opera “Verso la cuna del mondo.
Lettere dall’India” pubblica postuma nel 1917.
MA rispecchia questa edizione il volere dell’autore?
non si sa
→
Nell’edizione del 1917 gli articoli compaiono raccolti in un ordine diverso da quello
cronologico, alcuni hanno un titolo diverso e sono stati un po’ riscritti.
Nell’edizione del 1937 nella prefazione del manoscritto vengono inserite delle inesattezze:
- Essi affermano che tutte le lettere vennero pubblicate su “La Stampa” nel 1914 quando
non era vero.
- Essi affermano che le lettere vennero elaborate tutte in seguito al ritorno dal viaggio
basandosi su appunti e ricordi dell’autore, quando non era vero.
Nell’edizione del 1948 viene affermato nella prefazione del manoscritto che fu Gozzano
stesso a scegliere il titolo e l’ordinamento editoriale dell’opera prima della sua morte.
Questa teoria sembrerebbe essere confermata dal fratello, ma ancora oggi non si riesce a
capire se sia una notizia vera o falsa. Viene, però, mantenuto l’ordine cronologico
dell’edizione del 1937. Nell’edizione del 1961 rimane fedele all’impostazione critica e
filologica dell’edizione del 1948, ma viene cambiato l’ordine della materia, eliminati vecchi
scritti ed aggiunti di inediti.
Nell’edizione del 1971 venne inserito il primo commento, a cura di Antonio Mor, che non si
limitasse a poche righe, ma si attiene all’ordinamento dell’edizione del 1948.
Sono presenti altre due edizioni (la prima che vedeva l’opera come stampata a puntate sul
giornale “La Stampa” e la seconda che diceva che il viaggio durò a cavallo tra il 1912 ed il
1913 quando non era vero) che però non vengono tenute conto.
Negli anni ’80 viene pubblicata l’edizione di Piero Cudini che afferma che in assenza di
indicazioni scritte dell’autore sulla disposizione editoriale dell’opera, egli si attiene alla
forma primitiva del testo. Rintraccia, perciò, gli scritti originali reinserendo anche testi
eliminati e di quelli di cui non riesce a trovare la fonte originale li colloca in appendice. È
d’accordo con Cudini, Giorgio de Rienzo, uno studioso che non era a favore dell’edizione
del 1917 che aveva trasposto le lettere di Gozzano come un diario di viaggio inserendo alle
volte date fasulle per creare un itinerario a parer loro logico.
In disaccordo con loro si troverebbero Giusi Baldissone, che ritiene l’opera gozzaniana
come un diario di viaggio e non un insieme di lettere, ed Alida D’Aquino Creazzo, che
pensa che sia impensabile che Gozzano non abbia rivisto i suoi testi in previsione di una
futura raccolta, ma che queste revisioni non ci siano giunte. Difatti, nella sua opera critica
riguardante “Verso la Cuna del mondo. Lettere dall’India” la D’Aquino Creazzo spiega
come sia risalita alla fonte delle pubblicazioni originali e abbia confrontato i testi
pubblicati da Gozzano e quelli successivamente pubblicati nell’edizione del 1917. I
cambiamenti (non solo a livello ortografico e grammaticale, ma anche a livello ideologico e
di contenuto) sarebbero perciò più imputabili ad una decisione di Gozzano che a quella di
una casa editrice.
Quello che abbiamo letto noi si rifà alla decisione della D’Aquino Creazzo che vede perciò
valida l’edizione del 1917.
3. Le grotte della Trimurti
Gozzano si trova a Bombay, ma è deciso a prendere un vaporetto per fare una gita all’isola
di Elefanta, una meta inusuale. Per arrivare all’isola ovviamente c’è bisogno di prendere la
barca e Gozzano inizia a descrivere le differenti imbarcazioni al porto, tutte differenti tra di
loro che riflettono le varie contrapposizioni di questo strano paese.
Descrive il porto di Bombay pieno di navi e velieri di tutti i tipi e provenienti da ogni
angolo del mondo, in particolar modo lo attrae un’imbarcazione mal messa, con legno
vecchio e vele rattoppate che egli identifica subito appartenente a pirati, che un tempo
erano i signori di queste terre: fa esempi verso alcuni villaggi interamente composti da
palme da cocco, capanne e relitti di navi spiaggiate. Descrive poi cosa vede sulla nave,
ovvero tanti uomini indù lavorare: introduce il tema della schiavitù, definendola, però, non
penosa in quanti quegli uomini e donne erano stati “salvati” dal sistema delle caste e lo si
poteva dedurre dal fatto che cantassero mentre lavoravano.
I passeggeri salgono in barca e lo scrittore fa un ragionamento sull’abilità dei ‘dominatori’
a saper sfruttare e comandare in modo corretto i propri schiavi, aggiungendo che l’europeo
ha reso l’uomo autoctono emancipato dalle caste quindi più felice (emancipati anche
attraverso la religione cattolica aggiunge poi).
Dopo un po’ intravede l’isola di Elefanta, da cui spicca la montagna del Bor-Ghat. Gozzano
commenta anche il caldo che farebbe ammalare anche i più salubri. Arrivato sull’isola la
prima cosa che lo colpisce è la folta vegetazione selvaggia, che egli preferisce rispetto a
quella vista nei giardini inglesi: non vi sono etichette in latino, ma la natura lì è lasciata
libera di crescere come vuole. Inizia poi a descrivere il tempio: non è come se lo aspettava.
Inoltre, lo descrive dal punto di vista di un europeo cristiano: ogni forma di culto indù
viene vista come barbarie ed idolatria selvaggia. Quando esce poi dai templi e ritorna in
mezzo alla natura è contento perché si sente orgoglioso dell’opera di civilizzazione svolta
durante il periodo della colonizzazione.
Il gruppo di europei in escursione gente scende in un tempio sotterraneo decorso
riccamente, che però dà un’impressione tetra a causa delle raffigurazioni sulle pareti. Il
capitale conclude con un ragionamento su come l’isola dell’elefanta sia un’isola del passato
mentre Bombay sia la cuna dell’avvenire.
Spesso viene utilizzata l’ironia nel capitolo.
Analisi:
→
• Barbarie tutto quello creato dagli indù in quanto sono dei fanatici religiosi vs
→
Civiltà la natura che è selvaggia, MA è stata resa visitabile dagli inglesi che l’hanno
→
civilizzata
• Senso di DELUSIONE = la realtà non soddisfa le aspettative, poiché è stato deteriorato
sia a causa del tempo, che dell’arrivo di altre culture
• Ironia = riga finale ironizza il credo indù [= vita come sofferenze ed espiazione, perciò
→
nascere vuol dire, aver commesso nella vita precedente degli sbagli per cui essere puniti]
dicendo che se purtroppo si nasce, tanto vale vivere la vita al meglio.
4. Le torri del silenzio
In questo capitolo Gozzano racconta la sua esperienza nell’assistere ad un rito funebre dei
Parsi (discendenti degli antichi Persiani emigrati dalla Persia in India) nel quale il
cadavere viene posto all’interno di questa famosa “Torre del Silenzio” (The Towers of
Silence) e lasciato “sbranare” da degli avvoltoi. Il capitolo si apre con la delusione che
Gozzano prova nell’osservare la realtà intorno a lui perché troppo simile ad un’immagine
convenzionale dell’oriente che si può tranquillamente trovare nei libri e nelle letterature.
Nonostante i vecchi edifici, si riesce a vedere molto bene l’influenza occidentale soprattutto
nelle piccole cose della strada, come il tram pieno zeppo di gente. Gozzano rimane
incuriosito dalle Torri del Silenzio e dal rito funebre, ma rimane deluso pensando al fatto
che se non muore nessuno non potrà mai assistervi. Un giorno però, un’anziana signora di
nome Lady Harvet si presenta al gruppo di viaggiatori annunciando entusiasta la morte di
un Parsi il cui rito funebre si terrà il giorno stesso. Mentre si dirigono verso le torri per
assistere al funerale, Gozzano, osservando il paesaggio, non può fare a meno di invidiare la
ricchezza e la forza degli inglesi che hanno colonizzato così tanti territori.
Dopo aver preso posto sulla veranda dalla quale assisteranno al rito, Gozzano rimane
ancora una volta deluso poiché ciò che vede non corrisponde alle sue aspettative: la Torre
del Silenzio sembra un semplice gasometro bianco, essendo poco rifinito dal punto di vista
decorativo. Il funerale comincia, e mentre gli spettatori assistono all’arrivo dei sette
avvoltoi e al bianco corteo, viene descritta a Gozzano la struttura della torre e la logica
dietro a questa usanza che può sembrare barbara agli occhi degli occidentali: il testo sacro
dei Parsi proibisce di lasciar decomporre i cadaveri e quindi vengono fatti sbranare dagli
avvoltoi, essendo gli uccelli sacri. L’autore nota la freddezza dei partecipanti al rito, che
non versano neanche una lacrima, mentre lui ha orrore dello strazio che non riesce a
vedere (il corpo sbranato dagli avvoltoi all’interno della torre).
Analisi:
→
• Ironia la si può trovare ben due volte:
→
1- Quando parla delle gite che deve fare e di quanto vorrebbe vedere le torri del silenzio
lamentandosi del fatto che non muoia nessuno
2- Quando un suo compagno di viaggio racconta dello sbudellamento del cadavere, mentre
si mangia un panino
• Sono presenti entrambi gli stadi della DELUSIONE
• È presente la figura retorica del catalogo = Gozzano elenca una serie di cose che vede
mettendole tutte sullo stesso piano (superficiale)
• Gozzano ammette di “non sapere”, di aver intra