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2. VARIABILI INDIVIDUALI E AGGRESSIVITA’: ASPETTI COGNITIVI ED

EMOTIVI-MOTIVAZIONALI

Il comportamento interpersonale, inteso come abilità sociale, si configura come il risultato di

un’attività cognitiva altamente complessa. Il comportamento antisociale deriverebbe da deficit

connessi al processo di elaborazione delle informazioni sociali, dall’incapacità di assumere al

prospettiva dell’altro nell’ambito di uno scambio interattivo e di attuare efficaci attribuzioni di

causa degli eventi. Infatti, quando un individuo si trova in una situazione nuova o potenzialmente

difficoltosa, tende ad attivare una serie di possibili atti comportamentali, valutandone le eventuali

conseguenze. Ciò gli consente, anche sulla base delle esperienze precedenti, di scegliere modalità di

risposta comportamentali ritenute più funzionali alla soluzione della situazione attuale. La tendenza

nei bambini a generare una maggiore percentuale di soluzioni aggressive è stata definita “capacità

di decisione nella formulazione di risposte; in altre parole, la competenza nella scelta di risposte

efficaci decresce in funzione della diminuzione del numero di possibili soluzioni che il bambino è

capace di prevedere. Si tratta di una “direzione errata” del normale sviluppo cognitivo e sociale,

provocata, probabilmente, da particolari condizioni ambientali. Una carente abilità di elaborare

l’informazione sociale, in bambini disadattati e aggressivi, sarebbe da imputare, infatti, a esperienze

maturate in un contesto di apprendimento sfavorevole. L’influenza negativa dell’ambiente potrebbe

far emergere deficit globali nelle funzioni conoscitive e nelle competenze emotivo-relazionali che

potrebbero deviare lo sviluppo di un appropriato schema di comprensione e di organizzazione delle

azioni umane.

Aggressività e neurobiologia

• : il ruolo dei neuroni mirror: l’uomo fin dai primi mesi di

vita, mostra una notevole propensione all’interazione sociale, che si manifesta già a partire

dal rapporto con la figura materna e si evolve attraverso specifici meccanismi di

modellamento, finalizzati all’acquisizione di adeguate e sempre più complesse competenze

relazionali. Recentemente la scienza ha registrato notevoli passi avanti nella conoscenza dei

meccanismi neurofisiologici che sottendono proprio tali processi cognitivi. In particolare, la

scoperta di un sistema di neuroni mirror nel cervello umano ha di fatto, modificato il modo

di concepire il rapporto tra azione, percezione e processi cognitivi. Si tratta di un particolare,

quanto semplice, meccanismo neurofisiologico che spiegherebbe gran parte delle variabili

nel modo di relazionarsi con gli altri. Grazie ai neuroni mirror, l’osservazione di un’azione

induce nell’osservatore l’attivazione dello stesso circuito nervoso che ne controlla

l’esecuzione, favorendo, di conseguenza, una maggiore e più rapida comprensione del

comportamento altrui. Numerosi studi hanno dimostrato che tale processo regola non

soltanto azioni prettamente comportamentali, ma riguarda anche il linguaggio e la

comunicazione. Addirittura tale meccanismo sarebbe altamente automatico che, secondo

alcuni autori, è sufficiente ascoltare o semplicemente leggere frasi che descrivono azioni

comportamentali affinché si attivino i medesimi centri neuromotori che permettono

l’esecuzione di quelle stesse azioni. I numerosi contributi di ricerca in questa direzione

hanno consentito l’affermarsi di un nuovo paradigma, l’“embodied cognition”, per definire

nuove modalità di valutazione e interpretazione dei processi di cognizione e interazione

sociale. Pertanto, si definisce “simulazione incarnata” (embodied simulation) quel

particolare meccanismo che descrive la funzione dei neuroni mirror: il riconoscimento di

un’azione e la comprensione dell’intenzione dell’attore.

Aggressività reattiva e aspetti cognitivi

• : è stata ampiamente sottolineata l’importanza

dei fattori esterni, familiari e ambientali, che condizionano lo sviluppo socio-emotivo del

bambino; tuttavia, studi più recenti si sono interessati principalmente all’analisi delle

caratteristiche individuali che potrebbero essere correlate alla manifestazione di

comportamenti disadattivi. In effetti, da numerose ricerche sono emerse correlazioni

consistenti tra deficit nella “teoria della mente”, abilità verbali disfunzionali, funzioni

esecutive inadeguate e problemi comportamentali in bambini, durante la prima fase di

scolarizzazione.

La codifica delle intenzioni e delle emozioni

• : la formazione di un repertorio sociale

adeguato è strettamente correlata alla capacità personale di codifica e comprensione degli

eventi, in termini di azioni, intenzioni ed emozioni, oltre che dalle complesse interazioni

individuo-ambiente. A tal proposito, Dogde dimostra come eventuali difficoltà nei processi

di elaborazione dell’informazione, in particolare a livello di codifica delle intenzioni e delle

emozioni altrui, spingono il soggetto a interpretazioni errate e distorte delle informazioni

veicolate durante gli scambi sociali. La formazione di tali errori (bias) a livello cognitivo

crea i presupposti per l’emissione di risposte comportamentali inadeguate e, nella maggior

parte dei casi, aggressive. A questo proposito, ricerche cognitivo-comportamentali

sull’aggressività hanno tuttavia, dimostrato che, indipendentemente dal livello di età dei

soggetti, i bambini aggressivi possiedono una deficitaria teoria della mente per le interazioni

sociali. In particolare, mostrano notevoli carenze nella decodifica delle situazioni

problematiche, soprattutto quelle ambigue, in cui il movente delle azioni altrui non è palese.

In altre parole, presentano evidenti difficoltà ad attribuire la causa degli eventi, interpretando

come intenzionali anche quelle circostanze accidentali che hanno prodotto un risultato

negativo. Di analoga importanza per un sano sviluppo cognitivo e sociale è certamente

l’acquisizione di adeguate competenze nella comprensione dei desideri e delle emozioni

altrui. In particolare, una maggiore percezione delle emozioni (siano esse positive o

negative) è strettamente connessa alla comparsa di comportamenti socialmente adeguati, ad

una efficace soluzione dei conflitti e all’accettazione da parte dei pari. Da ciò emerge

l’importanza dell’attività di codifica delle emozioni quale elemento predittivo

dell’evoluzione delle traiettorie comportamentali del soggetto; anche se non è ancora ben

chiaro se tale compito anticipa sempre quello di comprensione emotiva oppure quando si

tratta di emozioni complesse, quali la colpa e la vergogna il processo non si realizzi in

maniera diversa. In generale si può affermare che per la comprensione del complesso

meccanismo di elaborazione delle informazioni sociali, alla base della comparsa e del

mantenimento del comportamento aggressivo, è necessario richiamare entrambe le attività di

codifica, delle intenzioni e delle emozioni.

Funzionamento sociale e competenza emotiva

• : espressività e regolazione delle

emozioni: si è osservato che l’espressività emotiva e la capacità di controllare le proprie

emozioni possono influenzare positivamente gli scambi sociali. L’espressività e la

regolazione emotiva sono legate al funzionamento sociale e numerose sono le ricerche che

hanno dimostrato la loro importanza nei processi di sviluppo e adattamento dell’individuo. È

stato ipotizzato infatti, che gli individui incapaci di regolare i propri comportamenti di

reazione, probabilmente non riusciranno a gestire quell’arousal emotivo che scatta nelle

situazioni sociali e, di conseguenza, potrebbero adottare, con molta più facilità, modalità di

comportamento inappropriate o distruttive. Numerose ricerche hanno sottolineato

l’importanza dell’espressività e regolazione emotiva nel funzionamento sociale,

particolarmente durante la prima infanzia. In generale, alte frequenze di emozioni negative

potrebbero costituire un fattore predittivo di scarse competenze sociali, di carenti abilità

prosociali e abuso di sostanze negli adolescenti. Recentemente è stato dimostrato che le

abilità legate all’espressione delle emozioni e al loro controllo si formano nella prima

infanzia ed eventuali deficit potrebbero condizionare lo sviluppo successivo. In relazione ai

fattori ambientali che potrebbero favorire o ostacolare una certa continuità nel

funzionamento sociale del bambino, è stata posta l’attenzione sulle pratiche educative

genitoriali, le relazioni con i pari e l’attaccamento genitore-figlio. Nonostante sia innegabile

il ruolo dell’espressività e della regolazione emotiva nella stabilizzazione di modalità e stili

di comportamento, le caratteristiche individuali hanno anch’esse un effetto, pur se indiretto,

sulla continuità della competenza sociale del bambino. Gli aspetti personologici e legati al

temperamento individuale potrebbero influenzare i processi di apprendimento, la capacità di

problem-solving e di decision-making del soggetto posto di fronte a situazioni reali. In

sintesi l’elenco dei fattori di rischio e dei fattori protettivi aiuta a comprendere come

l’influenza di tali caratteristiche sulla propensione a commettere azioni aggressive abbracci

contemporaneamente la vita esterna (famiglia, scuola, etc.) e quella interna (qualità

individuali di risposta allo stress, risoluzione dei problemi, elaborazione interna delle

esperienze etc.) dei soggetti considerati a rischio. Focalizzare l’attenzione ad uno stadi

precoce dello sviluppo utilizzando strumenti adeguati atti all’identificazione di

comportamenti devianti o disturbati, permetterebbe di individuare il grado di rischio

evolutivo di questi profili di sviluppo verso personalità antisociali. Ciò consentirebbe di

intervenire precocemente evitando la stabilizzazione delle condotte deviate, la

cronicizzazione dei comportamenti aggressivi ed il peggioramento verso azioni più violente

e definitive. Accanto al trattamento effettuato dalle figure specialistiche, si ritiene di

fondamentale importanza il ruolo dell’insegnamento nel contesto classe per creare

opportunità di apprendimento delle abilità sociali, tenendo conto della funzione preventiva

più che riparatoria che tale tipo di azione potrebbe avere sull’intera scolaresca. Infine,

l’intervento ha previsto il coinvolgimento e l’attiva partecipazione della famiglia dell’alunno

che presenta comportamenti aggressivi, considerando, l’influenza che il contesto familiare

esercita nella determinazione e nel mantenimento delle

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Publisher
A.A. 2014-2015
84 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/03 Didattica e pedagogia speciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Marge893001 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Bagnato Karin.