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CAP. 5 ASPETTI DI SOGGETIVITA' NELLA PAROLA DRAMMATICA

5.1 L'a-parte

Nel corso di un dialogo drammatico, un personaggio della scena può appartarsi dagli altri e, rivolto

solo al pubblico o solo a se stesso, può esprimere ad alta voce brevi pensieri che il pubblico deve

conoscere per interpretare correttamente l'azione teatrale e che, invece, devono rimanere segreti

per gli altri personaggi. In questo caso sì parla del cosiddetto a-parte. L'a-parte rappresenta però

uno dei momenti più scivolosi e intricati per il drammaturgo in quanto emerge appieno tutta la

convenzionalità teatrale e il suo innaturalismo. La credibilità del teatro, infatti, si fonda sull'esistenza

“quarta

della cosiddetta parete”. Per quarta parete si intende, nel teatro tradizionale, quella sorta di

barriera invisibile e trasparente che separa l'avvenimento teatrale dal pubblico, il quale è obbligato

a restare fuori dall'azione drammatica, ma in compenso gode di alcuni privilegi, tra i quali la

possibilità di fruire di informazioni agevolate, alle quali i personaggi in scena non hanno accesso.

Quindi, il pubblico c'è ma l'azione drammatica si svolge come se non ci fosse e, anche se riceve

informazioni, il suo ruolo è in ogni caso passivo. Quest'operazione può essere condotta per puro

divertimento, per mostrare l'abilità dell'autore, ma si può avere anche per necessità, nel momento in

cui il ricorso soltanto al dialogo rischia di produrre fraintendimenti e incomprensioni nello svolgimento

dell'azione. L'a-parte, in genere, è più frequente nello stile comico, mentre nella drammaturgia

moderna, può essere utilizzato in una direzione ironica e caricaturale.

5.2 II monologo

Il monologo presenta numerosi tratti simili all'a-parte: infatti è rivolto solo agli spettatori e, in qualche

modo, istituisce un rapporto comunicativo privilegiato con il pubblico. Inoltre, come l'a-parte,

anch'esso interrompe il doppio piano (orizzontale e verticale), sul quale si situa la comunicazione

drammatica: durante il monologo e durante l'a-parte funziona solo il piano verticale della

comunicazione. Allo stesso modo, come l'a-parte, il monologo è uno dei momenti di maggiore

artificiosità all'interno della struttura del testo drammatico e non fa che evidenziare la convenzionalità

del teatro. Quindi, anche nel monologo si ha il patto implicito con gli spettatori, ai quali si chiede di

credere che l'attore che recita a voce alta stia solo ragionando fra sé. Le caratteristiche che invece

distinguono il monologo dall'a-parte sono la solitudine del personaggio monologante dal momento

che il monologo prevede l'uscita di scena di tutti gli altri personaggi e la maggiore profondità e

dimensione, in confronto alle poche battute dell'a-parte. La caratteristica più interessante del

monologo è proprio la sua dimensione maggiore che condiziona notevolmente l'azione, dal momento

che quest'ultima è costretta ad arrestarsi per lasciare spazio al racconto, alla riflessione e al

pensiero.

5.3 L'io epico monologante

Durante il monologo si rompe la tessitura del testo drammatico, fondata sul dialogo, mentre si

impone una sorta di io epico che è dotato di voce assoluta ed estranea all'intreccio dialogico. L'io

epico è quindi una voce soggettiva e narrativa e, in molti casi, coincide con la voce dell'autore. Il

monologo, data la sua profondità, tende ad acquistare una posizione rilevante all'interno del testo

drammatico, fino a coincidere con il testo drammatico stesso. Come conseguenza, i testi scritti per

il teatro tendono sempre di più a diventare monologhi. Questo fenomeno è certamente favorito da

ragioni economiche in quanto portare in scena un attore singolo ha un costo di gran lunga inferiore

rispetto all'allestimento di uno spettacolo con numerosi attori, cambi di scena, scenografie, ecc. Ma

la causa principale di questo processo risiede nella dinamica strutturale del testo drammatico e nei

significati culturali e sociali che Io spettacolo teatrale sta acquistando negli ultimi tempi. In primo

luogo, la consuetudine di operare delle riscritture drammatiche di romanzi favorisce l'uso di spezzoni

di romanzi che si presentano già come monologhi e che richiedono quindi un adattamento minimo

da parte del drammaturgo. Un altro elemento che favorisce il ricorso al monologo è il fatto che spesso

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il testo drammatico assume un intento critico nei confronti della società: questo intento moralistico

si traduce a volte nell'invenzione di un personaggio che svolge una riflessione ad alta voce e

interpreta la realtà assimilandola al sul punto di vista. Infine, grande fortuna stanno acquisendo testi

drammatici che presentano le caratteristiche del testo narrativo e diventano dei veri e propri racconti:

in questi testi rallenta il dinamismo teatrale, si contrae il numero dei personaggi che parlano mentre

si estendono gli spazi narrativi. Questi racconti vengono svolti in forma affabulatoria da autori che

assumono il ruolo di cantastorie.

Esistono però diversi tipi di monologhi. Oltre a quelli che ospitano i racconti, ci sono monologhi che

esprimono riflessioni filosofiche, analisi psicologiche, analisi critiche della realtà e della politica. Un

altro tipo di monologo può invece mantenere e conservare alcune tracce di dialogo: è il caso dei

soliloqui che assumono la forma di un colloquio virtuale con un personaggio interiore o interiorizzato.

Le specificità del monologo possono essere espresse anche attraverso l'adozione di artifici tecnici:

per esempio la conversazione telefonica consente di mantenere le caratteristiche del monologo ma,

dall'altro lato, assume il dinamismo prodotto dall'inferenza di un'altra voce, oppure possono esserci

dialoghi senza scambio, nei quali l'inferenza tra i personaggi è solo apparente perché non si realizza

mai la comunicazione interpersonale.

5.4 Le didascalie

Un'altra componente del testo drammatico è costituita dalle didascalie, l'unica zona testuale nella

quale si conserva la voce dell'autore. La didascalia è uno spazio di servizio, contiene cioè indicazioni

che l'autore fornisce al regista e agli attori per aiutarli nella messinscena e contiene comunicazioni

essenziali, relative all'ingresso e all'uscita dei personaggi, al loro aspetto fisico, alle ambientazioni,

ecc. Le didascalie sono quindi parti marginali e invisibili del testo drammatico, ma il loro uso varia

moltissimo a seconda delle epoche. Infatti non esistono nei testi della classicità greca e romana né

nelle opere di Shakespeare. Ci sono invece casi in cui la didascalia assume un'importanza notevole,

per esempio in Pirandello. Pirandello, infatti, temeva che registi e attori, con i loro interventi e le loro

interpretazioni, snaturassero le sue opere, per questo motivo introduce lunghe didascalie che

risultano dei veri e propri testi narrativi inseriti nel testo drammatico; esse forniscono descrizioni

dettagliate sull'aspetto dei personaggi, sulla loro psicologia, sui loro atteggiamenti, ecc.

Ci sono poi delle didascalie che possiamo definire liriche, nelle quali le indicazioni dell'autore non

sono funzionali all'allestimento scenico, ma assumono riferimenti poetici. Si registrano anche casi

estremi: per esempio Samuel Beckett in una sua opera teatrale, Actes sans paroles, fa coincidere

lo spazio della didascalia con il testo drammatico. In altre occasioni, invece, sempre nel teatro del

900, le didascalie possono scompaginare letteralmente le regole teatrali, comparendo direttamente

sulla scena. Il caso più clamoroso si ha con Bertolt Brecht che, nel corso dell'azione, prescrive di

calare o far passare in scena dei grandi cartelli che contengono indicazioni didascaliche. 13

CAP. 6 ARTIFICIO E CREDIBILITA' NEL TESTO DRAMMATICO

6.1 II punto di vista

II teatro è oggettivo dal momento che l'autore cancella la sua voce per esprimersi attraverso la voce

dei personaggi che fa agire. Il narratore, invece, diversamente dal drammaturgo, è presente spesso

nel testo con i suoi commenti e con i suoi giudizi. Anche il drammaturgo può ovviamente attribuire il

suo punto di vista ai personaggi della pièce, ma normalmente è difficile che solo un personaggio si

faccia interprete del suo punto di vista: questo perché un testo drammatico ha l'obbligo della

coerenza che impone di attribuire a ogni personaggio una identità psichica, un comportamento e un

pensiero che Io rendano credibile. Ogni personaggio del teatro ha quindi il suo personale punto di

vista, che può contrastare o coincidere con quello degli altri personaggi. L'autore, inoltre, non può

neanche intervenire per mediare tra i diversi punti di vista dei personaggi e stabilire esplicitamente

la priorità di uno solo fra di essi, o meglio, può farlo, ma deve ricorrere ad altri mezzi che non siano

i suoi interventi diretti.

Se in un testo drammatico si vuole ricostruire il punto di vista dell'autore, bisogna individuare i segnali

sparsi che il drammaturgo semina lungo tutto il testo: in sostanza, occorre analizzare il dialogo tra i

personaggi non soffermandosi solo sulle parole, ma ritessendo la trama del giudizio attraverso gli

indizi sparsi, le battute, i comportamenti, ecc. Riguardo la decodificazione dell'opera teatrale

effettuata dall'interpretazione critica, possiamo fare riferimento alle messinscene contemporanee

che risultano molto spesso una sorta di dialogo tra il regista o gli attori, da una parte, e l'autore del

testo drammatico, dall'altra: nel recente teatro italiano, possiamo citare come esempio Carmelo

Bene, le cui messinscene, pur tenendo conto del testo di partenza, operano in una situazione di

conflittualità con quest'ultimo. Bene riscrive, modifica e taglia il testo di partenza per arrivare a

ricostruire un nuovo testo che, in apparenza del tutto diverso dall'originale, ne spiega in realtà la

sostanza più autentica e, al tempo stesso, fa emergere con chiarezza il punto di vista dell'autore.

Il testo teatrale è molto più libero del testo narrativo: fra gli attori di teatro, il più libero di tutti è

sicuramente Shakespeare, perché è colui che rappresenta la molteplicità del reale. In Shakespeare,

infatti, il reale è visto attraverso numerose angolature: ognuna di queste angolature rappresenta la

prospettiva di un personaggio. In sostanza, ognuno dei suoi personaggi, anche quelli minori, è ben

definito e tutti hanno la possibilità di poter manifestare la propria personalità. Per esempio possiamo

pensare al personaggio di Mercutio che, in Romeo e Giulietta, ha un breve spazio ma molto

significati

Dettagli
Publisher
A.A. 2011-2012
21 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Valja di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura teatrale italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Zaccaro Giovanna.