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IL ROMANZO PASTORALE
L’Arcadia del Sannazzaro, pubblicata a Venezia nel 1504, ebbe in Spagna una grande diffusione,
tanto che presto fu tradotta in castigliano, raggiungendo una rapida ed ampia diffusione. Questo
pieno successo, verificatosi all’epoca di Carlo V, rispondeva alla tendenza, allora comune, di
accogliere produzioni nuove, all’ammirazione per la letteratura italiana, al rinasci mentalismo
dominante, al fervido entusiasmo per ogni manifestazione letteraria raffinata e cortigiana.
La testimonianza dell’adattamento e dell’assorbimento del genere in Spagna si dà, in realtà, solo
verso la metà del secolo, nel 1559, con la pubblicazione dei Siete libros de la Diana scritti da Jorge
de Montemayor.
Possiamo considerare Jorge de Montemayor a cavallo tra il Rinascimento e le forme manieriste,
alle quali appartiene più per la forma che non per la visione del mondo o l’impianto ideologico. È
portoghese ma si trasferisce in Castiglia, dove diverrà il cappellano della regina (moglie di Filippo
II). È anche un raffinato poeta e scrive una raccolta di liriche con il titolo di “Obras”, pubblicate ad
Anversa nel 1554, in seguito separate e pubblicate con il titolo di “Segundo cancioniero” e
“Segundo cancionero spiritual” nel 1558. Il romanzo si apre con il “Canto de Orfeo” dedicato a las
damas de Valencia da parte dell’autore. Questo espediente verrà utilizzato da imitatori e
successori. Questo romanzo ebbe un successo enorme: venne rieditato per ben 40 volte negli anni
successivi. Nella ristampa del 1561 venne inserita la inedita novela morisca de “El Anbencerraje y
la hermosa Jarifa”. Intercalare romanzi o racconti all’interno di qualche edizione era una cosa
comune all’epoca.
Il romanzo in questione, oltre all’Arcadia, si rifà anche al tema dell’amore secondo i codici
neoplatonici e a tutta la trattatistica rinascimentale in generale. In particolar modo si rifà ancora
una volta ai dialoghi di Leone Ebreo. Perché? Perché le storie dei personaggi, che loro stessi
raccontano, hanno come argomento l’amore e, in particolare, l’amore non corrisposto (non
dimentichiamo che si tratta di un autore portoghese: la tristezza, la malinconia sono proprie della
cultura portoghese, al massimo rappresentate da quella musica, il “fado” che è un lamento rispetto
alle forze ineluttabili del destino).
STRUTTURA:
il romanzo prevede 4 coppie di personaggi:
• Diana e Sireno: coppia mitica, all’infuori di un vero e proprio scenario
• Selvaggia e Silvano: hanno come sfondo lo scenario pastoril
• Belisa e Arsenio: scenario pueblerino, del villaggio (siamo comunque sempre all’interno di
uno scenario bucolico, come la coppia precedente)
• Felix e Filismena: scenario cortesano.
• L’introduzione della coppia cortesana rompe la compattezza, l’unità dello scenario bucolico
e sarà una variante che si ripeterà. Secondo Valla Arse, lo studioso che ha fatto più
ricerche nell’ambito del romanzo pastorale, è una dimostrazione del fatto che il romanzo
pastorale, in realtà, non attecchisce molto in Spagna.
I 7 libri di cui è costituito questo romanzo si possono distinguere in tre tappe:
• Dal I al II libro le coppie cominciano a raccontare le proprie storie lungo un percorso,
un viaggio che ha come destinazione il palazzo della maga Felicia.
Bisogna notare che il tema dell’amore viene trattato all’interno del testo in maniera diversa
perché, innanzitutto, ogni personaggio espone, attraverso la propria storia, le proprie pene
d’amore. Il tema dell’amore viene quindi trattato da punti di vista diversi. Ciò fa sì che tutti
questi racconti che hanno come argomento il tema dell’amore finiscono col determinare una
vera e propria casistica, illustrando tutte i modi con cui un amore non corrisposto si può
manifestare. Questo elemento inscrive l’opera all’interno di una matrice estetica che possiamo
definire manierista. Non c’è più, cioè, una visione prospettica, ortogonale del tema dell’amore,
come quella che troviamo in Garcilaso, ma una visione dell’amore come quella che troviamo in
Herrera che comincia a ragionare, riflettere, disquisire con se stesso su tutte le modalità in cui
questo sentimento si manifesta durante l’anamnesi della sua esperienza amorosa. La
differenza è che con Herrera siamo nella lirica, qui nel romanzo, per cui la struttura/l’azione si
apre ad altre dinamiche. Quindi il gioco delle coppie è funzionale del fatto che questo tema
dell’amore possa essere osservato da diversi punti di vista, fino a formare una vera e propria
casistica.
Nel I, nel II e nel III libro questa casistica d’amore si amplia nell’accogliere, durante il tragitto
verso il palazzo di Felicia, altri racconti fatti da personaggi che si incontrano casualmente
durante le soste dei personaggi principali: pastori, pastore e altri personaggi appartenenti alla
sfera del reale, insieme a personaggi appartenenti alla sfera mitica (la stessa sfera a cui
appartengono Sireno e Diana), per esempio le ninfe. Anche questo è un elemento
fondamentale dell’estetica manierista: non c’è più un racconto lineare come quello di Lazaro in
cui lui è il soggetto protagonista dall’inizio alla fine e tutto il racconto obbedisce ad un stile di
necessità che lo conduca a ciò di cui Lazaro vuole parlare. Qui le esperienza sono molteplici e
si aprono ai cosiddetti “inserti” (racconti nel racconto) che si rifanno all’estetica manierista.
Questa poi si aprirà al pluriprospettivismo proprio del Barocco che in pittura è rappresentato
magistralmente da Velàzquez (a cominciare da “Las meminas” dove il gioco degli specchi e
dei diversi punti di fuga a cui obbediscono i vettori con cui è costruito il quadro sono la più
grande rappresentazione del pluriprospettivismo). Troveremo il pluriprospettivismo in pittura,
nel romanzo barocco, nella poesia barocca, nella scena teatrale (come spazio) e nelle piece
teatrali (nei testi). Quindi il MANIERISMO è quella perdita del centro dovuta ad una visione del
mondo che si apre ad una molteplicità di punti di vista. Gli inserti, che caratterizzeranno anche
il don Chisciotte di Cervantes, come dice Segre, formano la struttura a schidionata.
• Nel IV libro i protagonisti giungono al palazzo di Felicia.
Felicia assume un ruolo molto importante nel romanzo perché risolverà tutti i problemi che
affliggono i personaggi attraverso un espediente magico, attraverso una pozione magica,
un’acqua magica che bevuta risolverà tutti i problemi dei personaggi.
È questo un elemento molto importante. Perché? Siamo nel 1559, quindi già in epoca di
controriforma e del pensiero gesuitico della Scolastica, ma Montemayor con questa
soluzione ai problemi d’amore dimostra di rifarsi ancora ad una cultura di tipo
rinascimentale dove è un elemento magico/soprannaturale a risolvere il problema d’amore.
Questo lo vedremo anche con gli imitatori che non si spostano di molti anni (’63-’64).
Quindi Montemayor nel suo romanzo non è rappresentante del pensiero contro riformato
ma dà una soluzione pagana, mitica, meravigliosa, fantastica. Ciò accade forse perché è
portoghese o perché è legato ancora molto, ad esempio, alla lirica provenzale.
• Nel libro V, VI e VII le coppie hanno risolto i loro problemi e si ricongiungono o nel
momento stesso in cui si trovano al palazzo o man mano che ritornano alle loro dimore.
Gli inserti dei racconti dei pastori hanno una doppia funzione: da un parte hanno un valore
esemplare, sono speculari rispetto alle coppie principali: i pastori, quindi le coppie che
appartengono ad una classe sociale inferiore, nel raccontare le loro storie in maniera più
pragmatica, fungono da esempio per i problemi che affliggono le coppie principali; ma
hanno soprattutto un valore di diletto. Il romanzo è basato, infatti, proprio sul racconto, sulle
modalità del racconto. Il viaggio verso il palazzo di Felicia è caratterizzato da un tempo
lento, un ritmo lento del racconto perché spezzato continuamente da questi racconti. Alcuni
racconti sono addirittura ripetuti più volte da persone diverse. C’è quindi una rifrazione del
racconto.
I primi tre libri sono caratterizzati da un ritmo lento, lentissimo, dato anche dalle strutture
sintattiche per esempio lunghi periodi, dove i gerundi e gli imperfetti contribuiscono a legare
le proposizioni principali, ma in un flusso continuo, per cui questo racconto è caratterizzato
da un estatismo, da una staticità. Altra caratteristica, dice Volfin, che lo fa rientrare più nei
canoni dell’estetica rinascimentale è l’uso dei verbi “se sientan”, “para de scansar”, “se
descansan”, “sentàndose”. Questo estatismo è proprio di una visione rinascimentale e va
contro il dinamismo del manierismo e del barocco che in genere accelera i tempi e crea il
pluriprospettivismo di tipo metonimico (bisogna spostarsi continuamente per inseguire i vari
punti di vista che il quadro, il romanzo o la poesia stanno citando).
Un’altra caratteristica fondamentale della novela pastoril è il fatto che intercala prosa e
versi. L’uso di intercalare prosa e versi l’avevamo anche nella “Vita nova”, in Boezio, in
molte opere orientale, nell’”Arcadia” del Sannazzaro. La cosa nuova è la perdita
dell’unilateralità: non è solo la prosa a costruire il racconto, ma anche i versi (sono sia
endecasillabi, colti, italianisti, sia versi brevi) contribuiscono a costruirlo. È stato dimostrato
che Montemayor non ha scritto i versi prima, ma li va scrivendo man mano che scrive il
romanzo. Ciò significa che questa è una lirica che non ha seguito l’ispirazione, ma è una
lirica che ha assecondato i momenti del racconto. Di solito i versi sono inseriti nel momento
in cui un racconto si chiude: è come se quest’animo affannato dal ricordo dell’amore non
corrisposto si riposasse ricorrendo alla lirica. I versi diventano, quindi, un momento di
descanso dopo aver rimembrato il passato. Come accade in Garcilaso, infatti, la nostalgia
del tempo passato, il dolore nel tempo presente, comportano un affaticamento. Riccorrere,
quindi, alla fine del racconto alla lirica è un modo per de scansar el alma dalla fatica che
aveva sopportato. Questi versi,però, hanno avuto dalla critica un giudizio se non negativo,
sicuramente meno positivi rispetto alla prosa che è smagliante, ricca, raffinata, elegante,
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