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2. INTRODUZIONE ALLA IV GIORNATA
Boccaccio sospende la narrazione della brigata e inserisce una sua personale
comunicazione al lettore in cui affronta le critiche che sono state rivolte alla sua
opera. Lo scrittore riepilogando i termini della polemica, compie un'accurata
difesa della sua opera e ne offre una prima interpretazione. Il ragionamento
dell'autore è molto ordinato: nell'esordio introduce la sua difesa mediante il tema
dell'invidia che ha colpito la sua opera, vengono poi elencate una serie di critiche
che riguardano il genere di pubblico scelto d'autore, la scelta del genere letterario
così come la scelta di dedicarsi alla letteratura "per procurarsi il pane". Boccaccio
risponde alla prime critiche ricorrendo alla novella delle papere, racconta di un
ragazzo di 18 anni che, dopo aver condotto una vita eremitica, nel momento in
cui vede una donna se ne sente attratto = l'interesse per le donne è un fattore
naturale. Boccaccio alla fine riprende il tema dell'invidia, stupendosi di come
questi critici si siano interessanti delle sue "novellette" piuttosto che dedicarsi ad
opere più alte.
3. LA CONCLUSIONE DELL'OPERA
Nella conclusione Boccaccio si rivolge alle donne, quindi al suo pubblico, per
chiarire una questione: la libertà della narrazione. La questione riguarda in
generale la licenziosità di alcune novelle e in particolare la presenza della
sessualità raccontata con ironia e disincanto. Innanzitutto Boccaccio spiega che
le novelle hanno una forma, un nucleo che non può esser cambiato = se
l'argomento è sensuale, il modo di raccontare non può essere diverso dal tema
principale. In altre parole una novella di beffa, amorosa e sessuale deve ospitare
parole ambigue e scherzose. Per spiegarsi meglio richiama la similitudine con il
pittore. In secondo luogo lo scrittore ricorda la destinazione della sua opera: il
Decameron non è un libro di Chiesa o filosofico, ma una lettura di svago e
divertimento, adatta a conversazione mondane. Anche per questo motivo alcune
novelle sono lunghe, poichè destinante a donne oziose che hanno voglia di
divertirsi, che amano e che soprattutto amano la lettura. Boccaccio inoltre
sottolinea che le novelle sono fatte di un materiale plasmabile, sta quindi alle
capacità del lettore la comprensione del significato = la libertà della lettura
dipende dalla capacità del lettore di rielaborare ciò che legge a seconda dei
propri gusti e dei propri costumi. Inoltre il lettore non è abbandonato a se stesso,
ma viene guidato dallo stesso autore tramite le rubriche: sulla base di quesi
piccoli sunti introduttivi il lettore sceglie su quali novelli orientarsi, tralasciando
quelle che non si adattano al proprio modo di concepire la vita.
4. SER CIAPPELLETTO, giornata I, novella I
La storia narrata in questa novella si snoda attraverso 3 momenti principali: la
presentazione di ser Ciappelletto, che lo ritrane nella sua malvagità sullo sfondo
di un mondo mercantile dominato dalla logica del profitto; il rovesciamento della
realtà che l'uomo mette in atto durante la sua confessione al frate, fatto chiamare
dopo aver sentito la conversazione preoccupata dei due usurai di cui è ospite; il
funerale del protagonista e la sua santificazione che sanciscono il
capovolgimento della realtà, almeno agli occhi degli uomini.
La narrazione della vicenda è gestita da Panfilo, che non agisce nella storia e
analizza gli avvenimenti dall'esterno, è comunque un nattore onniscente e sa
tutto del suo personaggio. Ciappelletto è descritto subito come un falsario, un
mentitore, ingordo, bevitore, giocatore d'azzardo, lussurioso. In questo
personaggio si sommano tutte le nefandezze dell'umanità, alle quali si aggiunge
la soddisfazione che egli prova nel superare con nuove scelleratezze il limite
della sua malvagità. Proprio per le sue caratteristiche Ciappelletto viene
incaricato da Musciatto, losco mercante, di ritirare presso i borgogni alcune
somme di denaro di cui era creditore. Ciappelletto accetta, ma contrariamente
alle sue abitudini si comporta correttamente. Dopo qualche tempo, mentre si
trova ospite presso due usurai, si ammala gravemente. I due usurai, che lo
conoscono bene e sanno quante malvagità ha commesso durante la sua vita,
parlando fra loro ragionano su come togliere di mezzo quel personaggio
scomodo. Ciappelletto, che dal suo letto di morte sente tutto suggerisce di far
chiamare un frate per confessarsi. Ciappelletto si confessa e recita: pur essendo
moribondo non ha timore di Dio. Al contrario, si prende gioco del frate,
inventando una biografia menzognera, in cui ritrae se stesso come un uomo pio,
generoso, puro e modesto. Per essere più credibile sfoggia una raffinata retorica,
utilizzando lo stesso linguaggio devoto del frate e confessando peccati di poco
conto. L'intera confessione si presenta come il rovesciamento iperbolico dei vizi
elencati nella prima parte, un rovesciamento che risulta comico. I due usurai
rimangono stupefatti per la sceneggiata, ma on mancano di apprezzare il
risultato ottenuto: l'onore e la vita sono stati salvati, ma nell'aldilà? Il narratore
lascia aperte tutte le porte: o si trattava di un diavolo, che non ha temuto il
giudizio di Dio, oppure, poco prima di morire ha chiesto perdono di tutti i suoi
peccati. Panfilo preferisce la prima ipotesi. Ser Ciappelletto è senz'altro il
personaggio più ambiguo del Decameron ed è emblematico che sia stato preso
in considerazione nella prima novella, in opposizione alla protagonista buona
dell'ultima: Griselda.
4. CALANDRINO PREGNO giornata IX, novella 3
Il protagonista di questa novella, Calandrino, sogna di comprarsi un podere con il
denaro ricevuto in eredità da una sua zia. Gli amici gli chiedono di mettere in
comune un po' di denaro per farsi una bella mangiata in allegria, ma Calandrino
è avaro e non accetta. Boccaccio trae il personaggio di Calandrino da un
contesto sociale fiorentino particolare: egli fa parte della schiera di coloro che si
sono trasferiti in città dalle campagne, mantenendo così quelle caratteristiche di
goffaggine tipica di queste nuove genti. La sua ingenuità e credulità ne fanno un
personaggio comico. Nonostante Calandrino non brilli per intelligenza ha dei
sogni per sè e per la moglie: intende comprare un podere, che all'epoca per la
gente di campagna rappresentava uno dei più alti traguardi della vita. Gli amici,
però, distruggono il suo sogno. I tre uomini (Buffalmacco, Nello e Bruno) gli
fanno credere che sta poco bene. Calandrino si fa suggestionare e comincia a
sentirsi male davvero. La scena comica raggiunge il culmine quando il dottore,
complice degli amici, spiega al malcapitato l'origine del suo malessere:
Calandrino è incinto. Calandrino non solo crede di essere veramente incinto, ma
sgrida la moglie, come se fosse un uomo, per la sua imprudenza. L'ultima parte
della novella pone al centro il corpo e la sessualità: tutti ridono della reazione di
Calandrino, il quale non solo se la prende con la moglie, ma si domanda come
può fisicamente partorire. L'uomo viene poi guarito da una finta medicina, mentre
gli amici alle sue spalle spendono il denaro mangiandosi dei tacchini.
NICCOLO' MACHIAVELLI
IL PRINCIPE
1. Le qualità positive e negative del principe, Il Principe, XV
Con il capitolo XV Machiavelli parla delle qualità morali e dei comportamenti che
il principe deve avere. Lo scrittore affida a questo capitolo una riflessione
generale sul concetto di qualità positive e negative alla luce del modo in cui esse
sono state trattata nella precedente letteratura sul perfetto principe.
Machiavelli scrive che teme di essere considerato presuntuoso, soprattutto
perchè si allontanerà decisamente dagli scritti di politica che l'hanno preceduto.
Una novità che è volta ad introdurre nuove idee e categorie di ragionamento più
un metodo di analisi innovativo. Bisogna esaminare la politica e cercarne le
regole basandosi sull'esperienza diretta e non su principi astrattamente desunti.
La concretezza oggettiva degli eventi è l'elemento essenziale per analizzare la
politica. Machiavelli presenta in rapida successione tre affermazioni apodittiche:
1. c'è enorme differenza tra il come si vive e il come si dovrebbe essere 2. il
principe che tralascia quello che si fa per quello che si dovrebbe fare soccombe
3. un uomo che voglia essere sempre buono soccombe tra i molti che buoni non
sono.
Sono tre affermazioni staccate: ognuna di esse è di per sè criticabile, ma è
presentata come verità indiscutibile. A rendere ancora più incalzante il discorso
machiavelliano è il fatto che quelle affermazioni sono legate da quei perchè solo
apparenti, che creano l'illusione di un discorso che fili lungo una catena
argomentativa in cui ogni enunciato è stato logicamente dimostrato in quanto lo
precede. Galileo GALILEI (1564 - 1642)
Nel pensiero di Galileo Galilei si definisce il nucleo della scienza moderna,
basata sulla verifica sperimentale delle ipotesi e sull'interpretazione della realtà
attraverso calcoli matematici; ciò fissa il passaggio da un atteggiamento di
ascolto della natura ad uno di ricerca rivolto ad interrogare la natura. L'unica
conoscenza certa della natura è quella quantificabile e misurabile per numero,
dimensione e peso, non quindi le qualità soggettive --> queste permettono la
formulazione di un'ipotesi in termini matematici.
Solo se fondata su procedimenti matematici la conoscenza scientifica sarà vera
e dunque idendica a quella di Dio. Il sapere scientifico non si acquisice dai libri,
ripetendo parole di altri, ma attraverso un metodo formato da: 1. osservazione e
sensate esperienze, 2. formulazione di un ipotesi, 3. verifica sperimentale. Ciò
implica la libertà dello scienziato nei confronti della tradizione, ma lo stile libero,
la ricerca appassionata e il rifiuto dell'aristotelismo tomista porterà Galilei allo
scontro con i vertici vaticani.
IL SAGGIATORE - è una lettera scritta in volgare a cura dell'Accademia dei
Lincei ( scontro fra i Gesuiti e inteletturali dell'accademia - supportano Galileo per
far in modo che il nuovo sapere scientifico si sostituisca all'aristotelismo) e
dedicato all'accademico e maestro di Camera del papa Virginio Cesarini. Il libro
fu stampato nel maggio del 1623 a Roma.
Il trattato nacque da una disputa tra Galileo e Orazio Grassi sull'origine delle
comete. Nell'agosto del 1618 erano apparse tre comete, divenute oggetto di
discussione da parte di scienziati e filosofi. Il gesuita Orazio Grassi pubblic&