vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
FARSI MEDIA E I PUBBLICI CONNESSI
Oscillazione mediale ed elaborazione del senso
In pratica: la continua crescita di oggetti interattivi che ci consentono di comunicare,
propongono soglie di discontinuità sempre più forti rispetto alla modernità ed ai suoi linguaggi.
La realtà della mediazione comunicativa
La condizione di mediazione comunicativa si presenta oggi come una condizione stabile nelle
nostre vite, ma comunque in modo diverso rispetto al passato.
Di fatto ci troviamo all’interno di un network di comunicazione mediata costituito da relazioni
sociali (amicali, lavorative, affettive). Sono relazioni di cui siamo consapevoli e sulle quali
“pensiamo” di poter contare.
Si parla di web sociale, oggi, per sottolineare una svolta NON tanto tecnologica, quanto di
pratiche di aggregazione e di sviluppo di relazioni sociali, di coinvolgimento attivo degli “utenti”
che aprono alle prospettive di condivisione di gusti ed interessi.
A questo stato di “connessione continua” che percepiamo, qualcuno lo semplifica con lo slogan
“Always On” (ovvero: sempre connessi, sempre online).
Il senso della posizione nella comunicazione
Cosa accade nel momento in cui milioni di persone sono connesse in pubblico attraverso social
network e raccontano dettagli privati sulle loro vite?
Quello che anzitutto cambia, è il senso della posizione nella comunicazione. Eravamo abituati a
vederci e pensarci come pubblico, consumatori, cittadini. Avevamo pochi amici con cui
condividere le cose. Oggi invece ci troviamo di fronte allo sviluppo di tecnologiche di
comunicazione che modificano la nostra idea di amicizia e di cerchia sociale.
Quello che stiamo costruendo è un equilibrio sociale diverso. E ne siamo consapevoli, SOLO
parzialmente però.
Moltissime persone, grazie alla nascita dei social network, stanno vivendo una sorta di
“seconda giovinezza”, questo perchè questi nuovi media hanno completamente cambiato le
carte in tavola del ruolo sociale.
Una nuova relazione tra comunicazione interpersonale e di massa
La svolta in atto ha a che fare con una nuova relazione che si viene a costruire tra
comunicazione interpersonale e comunicazione di massa. L’esperienza stessa della
comunicazione è cambiata. Si cambia il modo di pensare, di agire.
Questo, quindi, è il senso che troviamo dietro alla rivoluzione da blog e social network: la
consapevolezza di trattare pubblicamente la propria idnividualità. Riflessività connessa,
appunto.
Mediattivismo
Il concetto di mediattivismo rappresenta il punto di tensione di una serie di pratiche: dal
videoattivismo degli anni ‘80, ai modelli di controinformazione degli anni ‘60.
Produzione/Consumo: la realtà degli User Generated Content
Prendiamo l’uso di blog e social network: piattaforme come Blogger o Wordpress, siti come
facebook, YouTube, Twitter … fanno parte della vita quotidiana di numerosi individui nel mondo.
Ci troviamo difronte ad una continua crescita di profili e ad una facilità di produrre contenuti e
condividerli.
Ci troviamo difronte ad un panorama sterminato di contenuti testuali, fotografici e video.
Tutti, in rete, possono scrivere le proprie opinioni e condividerle. Tutti possono aprire un blog.
Tutti possono condividere i propri scatti fotografici e le proprie creazioni video. Tutti possono
avere il proprio momento da “Vip”. Ecco cos’è cambiato rispetto al passato: la possibilità di
poter generare qualsiasi tipo di contenuto indipendentemente da chi noi siamo e cosa facciamo
nella vita. Un operaio può decidere di aprire un blog, ad esempio, e cominciare a scrivere
pubblicamente i suoi pensieri.
Farsi media
Esistono due prospettive:
1. Quella del “fare media”, caratterizzata da un’appropriazione del dispositivo mediale in sè
e per sè. Un cellulare, ad esempio, può essere pensato come semplice strumento per
conversazioni lavorative o amicali, ma può diventare un potente strumento di
mobilitazione politica. Questa prima fase, quindi, è caratterizzata da un rapporto di
sperimentazione che la tecnologia.
2. La seconda prospettiva riguarda il “become dthe media”, ovvero del “diventare media”.
In tal caso si diviene produttori mediali. Vengono prodotti contenuti. Ad esempio un tizio
che apre un blog e comincia a scrivere di qualsiasi cosa.
Pubblici connessi/connessi in pubblico
Il termine “pubblici connessi” fa riferimento alla nuova condizione di connessione digitale tra
pratiche culturali e relazioni sociali. Si fa riferimento al mutamento dei modi in cui gli individui
sono connessi oggi attraverso i media.
Siamo difronte ad un cambiamento culturale, caratterizzato dal consolidarsi di un ambiente
informativo che costituisce una nuova fase dell’economia dell’informazione.
L’industria culturale del ‘900 è stata costruita attorno a media professionali e commerciali.
ll contesto in cui ci troviamo è caratterizzato da una crescente accessibilità a strumenti digitali e
a reti di connessione.
Sia la produzione che la distribuzione di contenuti sfruttano l’architettura di internet.
Culture partecipative
Il contesto del “farsi media” che abbiamo analizzato qualche paragrafo prima, trova una sua
forma nelle “culture partecipative”. Si tratta di forme culturali orientate ad una comunità
riflessiva.
Comunità di pratica
Le comunità di pratica sono formate da persone che partecipano ad un processo di
apprendimento collettivo: ad esempio una tribù che impara a sopravvivere, un gruppo di artisti
che cerca nuove forme di espressione. Le comunità di pratica sono gruppi di persone che
condividono un interesse di una passione.
Ad esempio: un gruppo Facebook di appassionati di cinema e fiction, si scambia informazioni
ed anteprime, crea fanart grafiche, crea quiz sulle puntate. Attorno a gesti cosi apparentemente
banali, c’è una forma di condivisione dell’intrattenimento.
Un secondo elemento è rappresentato dalla dimensione comunitaria vera e propria, ovvero dai
membri che si relazionano con gli altri.
Il terzo elemento è la “pratica”: non basta essere appassionati di fiction. I membri sviluppano
continuamente risorse, contenuti, storie, modi di approcciare diversi. E tutto questo richiede
tempo e interazione continua.
Comunità interpretative
Nella società contemporanea, il mondo è sempre più trattato come se fosse oggetto di
spettacolo. Accanto allo spettacolo troviamo un altro lato della realtà: il narcisismo.
Le persone mettono quindi in atto delle performance per un’audience immaginata.
L’esperienza non sta più nel “fare esperienza dell’esperienza” ma nel “performare”.
Le culture partecipative
Parlare di culture partecipative significa sottolineare la componente culturale che si struttura
attorno a pratiche e forme della condivisione sia discorsiva che produttiva e di consumo.
Le culture partecipative che fondano la loro esistenza e le proprie forme espressive sulle realtà
mediali del networking, hanno queste caratteristiche:
● Sviluppo delle “Online Communities”
● Music e Digital Sampling: che portano ad utilizzare brani musicali e porzioni di
programmi, giochi dando vita a parodie, imitazioni.
● Problem solving collaborativo: consiste nel lavorare in team per eseguire task e
sviluppare conoscenza. Un esempio di questo processo è Wikipedia. I lettori sono gli
stessi produttori dei contenuti.
● Condivisione di flusso: legato al file sharing, feed rss. Strumenti che permettono di
condividere il sapere e il partecipare.
PROAM: I NUOVI INTERMEDIARI CULTURALI
Visibilità di massa dei contenuti amatoriali
In poche parole: la dimensione amatoriale e non professionalizzata è al centro di quella realtà di
produzione e distribuzione di contenuti che l’architettura della rete rende possibile e visibile.
Il valore di un post su un blog, di un video su YouTube, dipende dai commenti che lo
contornano, dalle citazioni di altri blog, dalle condivisioni che questo blog genera, dai like che
riceve. Si tratta dall’esaltazione della società dei consumi.
Sedotti dal web 2.0
MySpace e Facebook hanno generato una cultura giovanile fatta di narcisismo digitale: i siti
opensource di condivisione come Wikipedia, insidiano l’autorità degli insegnamenti scolastici. I
ragazzini di oggi sono cosi impegnati a divulgare sè stessi sui vari social network che hanno
ormai smesso di consumare il lavoro creativo di musicisti, romanzieri e registi di professione.
I nuovi intermediari culturali
Anche una semplice ricerca “pura” attraverso Google ha cambiato la sua natura. Oggi Google
usa 57 indicatori per cercare di capire chi siamo e che genere di siti ci piacerebbe visitare.
Anche quando non siamo collegati, google continua a personalizzare i risultati e a mostrarci le
pagine sulle quali probabilmente cliccheremo.
In generale possiamo affermare che i meccanismi di selezione online si connettono
strettamente a quelli di reputazione sociale acquisita nelle reti interpersonali: i pubblici connessi.
Intermediazione amatoriale
Accanto alla generazione di contenuti, diventa centrale nelle pratiche amatoriali la distribuzione
dei contenuti.
Non necessariamente il social media curator è un professionista che proviene dal mondo
dell’informazione. Prendiamo ad esempio Twitter e i social media curator che si occupano di
trattrare i flussi relativi ad eventi. Seguire un particolare social media curator consente di essere
informati da qualcuno di cui ci fidiamo che seleziona PER NOI i contenuti migliori per
rappresentare e raccontare l’evento.
Intermediazione da fan
I fan costruiscono la loro identità sociale e culturale prendendo le immagini della cultura di
massa e modificandole.
La risposta del fan comporta, in genera, non solo il fascino e l’adorazione ma anche la
frustrazione e l’antagonismo. I fan devono lottare con gli antagonisti. I fan diventano cosi attivi
partecipanti nella costruzione e circolazione dei significati testuali.
Cultura pubblica connessa
Anzichè trattare le persone come sorgenti della propria creatività, i siti di aggregazione e di
astrazione commerciale hanno presentato dei frammenti di creatività resi anonimi come prodotti
che, per quanto ne sa, potrebbero essere caduti dal cielo o spuntati dal terreno, oscurando in tal
modo la loro autentica origine.
L’amatore usa volentieri un’estetica del copiaincolla in cui l’originarietà dell’opera è
frequentemente secondaria.
L’avvento di una “cultura pubblica connessa” mostra come le forme di produzione cultur